Condizione di burnout clinico? insonnia, esaurimento, ansia, panico, depressione

Per spiegare brevemente la mia situazione posso iniziare con il dire che l'insorgere di alcune problematiche ha una radice profonda nella mia biografia.
Sin dalla seconda media avevo problemi a prendere sonno, episodi di bullismo e una condizione di ansia da stress per la costante prestazione richiesta dalla scuola che mi ha portato verso una condizione di isolamento e depressione.
In seguito, l'incapacità di soddisfare il rendimento richiesto delle superiori mi ha portato a non andare a scuola consolidando così un processo di ritiro sociale: per tre anni iniziavo un percorso scolastico e lo abbandonavo per assenze.
Il ritiro sociale è stato accompagnato da un approccio dipendente al mondo video ludico e alle sostanze (cannabis principalmente), anche se mai totalizzante: non è stato un isolamento totale avevo un gruppo costante di amici con cui ci vedevamo, anche se spesso per fare uso/abuso di sostanze, e una ragazza.
La famiglia in tutto questo, ma sin dall'infanzia, è stata molto assente per problemi di salute di mia madre, tossicodipendente e depressa, e una figura paterna affettivamente inesistente.

Ho superato quello stallo (13-16 anni) tramite una psicoterapia strategica con i cui strumenti sono riuscito a laurearmi in magistrale (qualche mese fa, 28 anni).
Percorso che, anche per la mia preparazione scolastica di partenza, è stato esageratamente faticoso e oneroso.
Allo stress della prestazione sempre più alta, sin dal primo anno di università, si sono aggiunti alla mia condizione ansioso-depressiva dei frequenti e intensi attacchi di panico.
Una situazione per cui mi son sempre più esaurito e che, insieme alla condizione pandemica, mi ha spinto nuovamente verso l'isolamento sociale da cui però sono uscito parzialmente con l'inizio della magistrale (3 anni fa).
In sostanza è al secondo anno di magistrale che le mie fragilità sono esplose in maniera invalidante: la richiesta didattica è stata altissima e la costante prestazione imposta mi ha portato all'esaurimento: costante affaticamento psicofisico, insonnia, ansia generalizzata, panico e depressione, Un anno fa ho avuto un episodio di "panico" (con dissociazione e convulsioni nervose locali) molto pesante con cui son finito al pronto soccorso.
Da quel momento i sintomi che già avevo sono peggiorati ancor di più portandomi oggi a una condizione di ritiro sociale quasi totale (nonostante convivo con la ragazza) e di profondo malessere.


Clinicamente ho fatto: una TAC e un EEG da cui non è risultato nulla di anomalo; due visite psichiatriche da cui sono stato liquidato con diagnosi totalmente contraddittorie e dei farmaci per tappare i sintomi senza alcuna soluzione a lungo termine; tre terapie (EMDR per 3 anni, due psicodinamiche di 2 anni e 6 mesi) con cui non si è risolto granché per esplicitazione dei terapeuti, oltre alla terapia strategica breve (durata però 6 anni 16-22 anni); qualche anno fa una visita neurologica inconcludente.
Non avendo più idea di come muovermi mi rivolgo qua per un vostro gentile parere.
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Dr.ssa Susanna Mattoccia Psicologo 22 2
Gentile utente, la sua condizione richiede l'intervento di uno psicoterapeuta. I farmaci hanno la funzione - come dice lei - di "tappare" i sintomi, ma se uniti a un percorso di psicoterapia possono facilitare il lavoro riducendo il grado d'angoscia e l'impatto dei sintomi sulla sua vita. La necessità di un supporto farmacologico può essere comunque discussa nel contesto della psicoterapia.
Le auguro il meglio, abbia fiducia!

Dott.ssa Susanna Mattoccia

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dr.ssa Mattoccia,

Non so se ha letto per intero il post ma avendo già provato per 13 anni diverse terapie, tutte di media-lunga durata, ed essendo state tutte inconcludenti da un punto di vista sintomatologico, iniziare una quinta sessione di psicoterapia al buio non mi sembra molto opportuno, oltre al fatto che non mi sarebbe economicamente possibile. Come non è opportuno d'altra parte prendere farmaci senza un lavoro strutturale. Questo è infatti il mio personale impasse. Ciò che stavo gentilmente chiedendo, e che pensavo fosse chiaro dal titolo, era: dati l'insieme di sintomi che condizione può esserci dietro? Come si può chiamare lo stato in cui sono? Così avrei per lo meno una categoria con cui farmi indirizzare dal medico curante che di suo non è stato in grado di darmi alcuna prospettiva o interpretazione né plausibile né concretamente utile.

La ringrazio della risposta, un caro saluto
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Dr.ssa Susanna Mattoccia Psicologo 22 2
Buongiorno. Capisco il suo malessere e mi dispiace che abbia perso la fiducia nella psicoterapia. Tuttavia le suggerisco di non escludere l'ipotesi di ritentare.
La sua richiesta di diagnosi era chiara, ma tenga conto che di solito le diagnosi sono più necessarie al clinico per orientare la cura. Inoltre, possono presentarsi diverse condizioni insieme. Nel suo caso sicuramente è presente una condizione ansioso-depressiva aggravata dallo stress. Tuttavia fare diagnosi da una domanda è pressoché impossibile. Ad esempio lei ci riporta un frammento della sua storia personale: sarebbe indispensabile perlomeno incontrarla per dei colloqui per comprendere il suo funzionamento, le sue difese, come si è "organizzato" per tollerare una situazione non comune e altamente stressante in casa.

Dott.ssa Susanna Mattoccia

[#4]
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Utente
Utente
Gentile Dr.ssa Mattoccia,

Innanzitutto grazie della risposta. Considero oggi la terapia un modo tra altri per verbalizzare e prendere consapevolezza delle proprie difficoltà, sopratutto nel comprendere i meccanismi e le determinazioni psicosociali che hanno avuto la famiglia e l'ambiente sociale sulla propria vita, e specie nel passato. Poi se ciò che emerge sia efficace, inutile o addirittura nocivo, dipende in larga parte dalla capacità interpretativa ed empatica del terapeuta.

Ciò per dire che non ho particolare fiducia o sfiducia nella psicoterapia, dipende dal terapeuta: se fatta bene, cosa che per esperienza personale è raro, può aiutare a sviluppare un'analisi riflessiva sulla propria condizione; se fatta male può anche peggiorare le cose. Tuttavia, nel caso fortunato, anche se si raggiungono alcune consapevolezze e riflessioni su sé stessi, i sintomi poi non cessano ed è per questo che la risposta a cui si giunge spesso è la soluzione farmacologica senza alcuna grande prospettiva di miglioramento, come nel mio caso. D'altronde, statisticamente, se da un lato la psicoterapia è sempre più utilizzata dalla popolazione, dall'altro lato il consumo di psicofarmaci non fa che salire, cosicché la condizione sintomatologica dovuta a problemi psichici, non riuscendo a essere trattata efficacemente dalla psicoterapia, viene fatta ricadere materialmente al controllo neurochimico dei pazienti tramite psicofarmaci. Quindi, almeno nel mio caso, non è tanto questione di fede nella terapia, quanto del riscontro concreto che ho avuto dal mondo clinico della psicologia.

Poi raccomando ugualmente, anche a me stesso, un percorso di consulenza che provi a dare un aiuto a chi è in difficoltà, ma senza particolari aspettative di cura. Il problema è a monte la sempre implicita barriera finanziaria che si trova per andare in terapia: visto il costo proibitivo non mi è proprio accessibile, come non lo è per tanti. Per questo chiedevo gentilmente un parere, così da andare dal medico curante e chiedere per un percorso con la mutua già indirizzato da una "diagnosi" provvisoria, o almeno una categoria a cui fare riferimento. Credo sia molto diverso chiedere un percorso per una condizione di depressione da una di burnout, per esempio. Poi da quello che ho capito il "percorso" con l'ASL è di circa 6 sedute, numero ridicolmente basso anche solo per iniziarla una terapia, ma piuttosto che niente ci si prova. Quindi, ho pensato, se almeno possiedo già una direzione non spreco 5 sedute su 6 per fare capire al terapeuta su cosa andare a lavorare.

Codiali saluti
[#5]
Dr.ssa Susanna Mattoccia Psicologo 22 2
Buongiorno. Ho capito meglio ora la sua richiesta.
Lei dice che la psicoterapia può essere efficace, inefficace o nociva rispetto a una maggiore conoscenza di sé, ma non ha effetti significativi sui sintomi. Questo non è sempre vero, molte volte l'effetto sui sintomi è tangibile e positivo.
Dice bene invece quando parla della tendenza a "delegare" al farmaco la cura, ma la leggerei più in chiave sociale: i tempi della chimica sono più rapidi dei tempi delle parole, e oggi ci serve velocità.
Per questo, a volte, si propongono terapie congiunte nel caso di pazienti complessi, che hanno bisogno di un aiuto maggiore e in tempi brevi.

Passando al secondo punto. Lei vuole usufruire giustamente del servizio pubblico. Il fatto è che a prenderla in carico lì ci sarà uno/a psicologo/a che ovviamente non avrà un grande beneficio se la dottoressa XX su una piattaforma online le scrive che è ansioso, depresso o stressato. Inoltre il fatto di fare diagnosi su internet, senza aver visto il paziente, su una piattaforma è praticamente impossibile e molto poco professionale. Lei racconti i suoi sintomi, proprio come ha fatto qui con noi.

Dott.ssa Susanna Mattoccia

[#6]
dopo
Utente
Utente
Non volevo asserire una verità assoluta, ma relativa alla mia esperienza: dopo tanti anni di terapia non ho avuto particolari effetti terapeutici sui sintomi. Così come me però conoscono tante persone che non hanno riscontrato miglioramenti significativi sui sintomi e sono stati, spesso dopo anni di consulenza, puntualmente rimandati dallo psichiatra senza particolari sviluppi significativi sul lungo periodo che non fossero legato all'uso farmacologico.

Il fatto che nonostante si vada sempre più in terapia e al contempo si faccia sempre più uso/abuso di psicofarmaci era solo per dire che, proprio rispetto alla realtà sociale cui siamo inseriti, il sistema psicoterapico non riesce a fornire un supporto sufficiente per risolvere i sintomi rimandando spesso, nel concreto e nell'urgenza del problema, la soluzione alla terapia farmacologica. Il mio caso ne è un esempio, ma credo possa avere induttivamente un buon grado di estensione. Poi che l'incidenza della terapia possa avere un tasso variabile di utilità per la salute generale del paziente non lo mettevo in dubbio, ma per mia esperienza dipende molto dalle capacità interpretative del professionista e dalla relazione che si instaura. Penso non sia raro che una terapia produca effetti peggiorativi sul quadro sintomatologico, anche se credo e spero sia comunque la minoranza dei casi.

Riguardo il raccontare i sintomi al terapeuta l'ho già fatto tutte le singole volte che sono entrato in terapia, ovviamente, ma non mi è mai stata data una diagnosi precisa. Ogni volta mi è stato detto che ci voleva tempo, almeno 5-10 sedute, per capire come orientare il lavoro e alla fine non mi è mai stata fornita una categoria clinica. Per questo credevo che arrivare già con diversi pareri in vista di una sessione brevissima potesse essere utile.
Ciò che chiedevo qui non era infatti una diagnosi precisa da una singola persona, ma di confrontare tra loro più pareri così da capire se diversi professionisti mi avrebbero fornito, rispetto i sintomi presentati, una direzione simile.

Come dicevo nella mia esperienza mi son state date opinioni totalmente contraddittorie e un riscontro di questo tipo sarebbe utile per me. Come lei ha suggerito un disturbo ansioso-depressivo con aggravante stress, magari se raccolgo altri pareri sulla stessa linea posso con più sicurezza orientarmi in tal modo.

Ps: ora che ci guardo con attenzione mi sono accorto che mentre nei post vecchi, quelli che avevo visualizzato prima di scrivere qui, rispondono diversi dottori, in quelli recenti risponde sempre e solo un medico alla domanda. Credo, quindi, sia una nuova politica del sito. Peccato, la cosa interessante era proprio avere una pluralità di opinioni specie nel mio caso.

Grazie comunque della sua attenzione

Cordialmente,
Ansia

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