La colpa è mia se il mio compagno non vuole fare nulla con me?
Salve, ho 36 anni e convivo con un ragazzo si Brescia si 30.Io sono del sud e ho lasciato il mio paese per andare da lui, ma anche per cominciare una vita nuova.
In breve credo di soffrire si ipersonnia, dormo molto, a causa di una vita travagliata che mi ha portato ad ansia e depressione.
A 16 anni ho perso papà
A 16 ho lasciato gli studi causa forti disagi depressivi che mi debilitavano
Ho avuto una relazione di otto anni con un ragazO che mi ha manipolata e bloccato i miei anni migliori
Uno Io ci ha praticamente distrutto la società di papà
Ho sofferto si alcolismo causa crisi si 30 anni per non aver combinato granché nella mia folle vita e ciò mi ha portato a farmi violentare due volte dalla stessa persona perché volevo alcool (avevo raggiunto il climax) anche perché avevo sviluppato un'ansia incontrollabile e sono caduta nell'alcool.
sono stata in due comunità e ora va meglio.
Ho conosciuto Emanuele sei anni fa abbiamo avuto un lungo rapporto a distanza e lui si e preso a cuore me e la situazione e dopo essere passato ad un lavoro a tempo indeterminato sono andata a vivere con lui.
purtroppo Brescia è un ambiente incompatibile con il mio malessere carattere, ho fatto vari lavori ma sono ricaduta nell: alcool andando in coma etilico e ospedale.
il mio problema è in primis ansia sa prestazione lavorativa e nei periodi estivi stavo almeno tre quattro mesi giù.
ho fatto dei corsi come oss ma, non è andata nel pratico causa forte ansia che purtroppo si vedeva.
eppure riuscivo a stabilire un'ottima connessione empatica ed emotiva con gli utenti.
problema sono stati i supervisori vabbè...causato mobbing.
non so se sono io o sono nata sotto una cattiva stella.
insomma dopo tutto questo mi è venuto in esaurimento nervoso molto forte e sono tornata a casa giù anche sotto consiglio della specialista.
non ho finito di dire che il mio compagno dopo l'ennesimo fallimento come abbiamo litigato e gridando mi ha detto che se fosse stato al posto del supervisore anche lui mi avrebbe bocciato.
da quel momento so è spezzato qualcosa nel mio animo.
non mi fido più di lui anche perché lui non si fida di me come essere intelligente.
npn so se pensa che io sia stupida o meno.
un amica amica che studia medicina invece mi sa speranza e si fida di cio' che le dico.
non sono un genio ma ho delle qualità.
non sento mai uscire dalla sua bocca (di E.
) del perché lui dica di amarmi.
ma ho il sospetto che ormai abbia paura di stare solo.
e'un ragazzo solitario, dedito ai videogames cosa che non mi disturba perché anche a me piacciono.
il problema è che non facciamo molto insieme e dice che è colpa mia che dormo molto.
lo ammetto però gli ho chiesto anche so svegliarmi e stimolarmi, ma sembra che in fondo gli vada bene.
mi sono sempre confidata con lui ma pare non capire.
npm ha empatia.
sono arrivata a questa conclusione.
grazie dell'ascolto.
In breve credo di soffrire si ipersonnia, dormo molto, a causa di una vita travagliata che mi ha portato ad ansia e depressione.
A 16 anni ho perso papà
A 16 ho lasciato gli studi causa forti disagi depressivi che mi debilitavano
Ho avuto una relazione di otto anni con un ragazO che mi ha manipolata e bloccato i miei anni migliori
Uno Io ci ha praticamente distrutto la società di papà
Ho sofferto si alcolismo causa crisi si 30 anni per non aver combinato granché nella mia folle vita e ciò mi ha portato a farmi violentare due volte dalla stessa persona perché volevo alcool (avevo raggiunto il climax) anche perché avevo sviluppato un'ansia incontrollabile e sono caduta nell'alcool.
sono stata in due comunità e ora va meglio.
Ho conosciuto Emanuele sei anni fa abbiamo avuto un lungo rapporto a distanza e lui si e preso a cuore me e la situazione e dopo essere passato ad un lavoro a tempo indeterminato sono andata a vivere con lui.
purtroppo Brescia è un ambiente incompatibile con il mio malessere carattere, ho fatto vari lavori ma sono ricaduta nell: alcool andando in coma etilico e ospedale.
il mio problema è in primis ansia sa prestazione lavorativa e nei periodi estivi stavo almeno tre quattro mesi giù.
ho fatto dei corsi come oss ma, non è andata nel pratico causa forte ansia che purtroppo si vedeva.
eppure riuscivo a stabilire un'ottima connessione empatica ed emotiva con gli utenti.
problema sono stati i supervisori vabbè...causato mobbing.
non so se sono io o sono nata sotto una cattiva stella.
insomma dopo tutto questo mi è venuto in esaurimento nervoso molto forte e sono tornata a casa giù anche sotto consiglio della specialista.
non ho finito di dire che il mio compagno dopo l'ennesimo fallimento come abbiamo litigato e gridando mi ha detto che se fosse stato al posto del supervisore anche lui mi avrebbe bocciato.
da quel momento so è spezzato qualcosa nel mio animo.
non mi fido più di lui anche perché lui non si fida di me come essere intelligente.
npn so se pensa che io sia stupida o meno.
un amica amica che studia medicina invece mi sa speranza e si fida di cio' che le dico.
non sono un genio ma ho delle qualità.
non sento mai uscire dalla sua bocca (di E.
) del perché lui dica di amarmi.
ma ho il sospetto che ormai abbia paura di stare solo.
e'un ragazzo solitario, dedito ai videogames cosa che non mi disturba perché anche a me piacciono.
il problema è che non facciamo molto insieme e dice che è colpa mia che dormo molto.
lo ammetto però gli ho chiesto anche so svegliarmi e stimolarmi, ma sembra che in fondo gli vada bene.
mi sono sempre confidata con lui ma pare non capire.
npm ha empatia.
sono arrivata a questa conclusione.
grazie dell'ascolto.
Gentile utente,
se la sua domanda è quella del titolo, sembrerebbe che la risposta purtroppo sia affermativa.
Lei sembra manifestare troppe criticità per incoraggiare la costruzione della vita insieme; progetti e attività divertenti mal si conciliano con le sue svariate difficoltà nel lavoro, nella gestione dell'alcool, nel disadattamento, oggi a Brescia, ieri al suo paese del sud.
La sua frase "non so se sono io o sono nata sotto una cattiva stella" è indicativa della tendenza a deresponsabilizzarsi: quale cattiva stella sarebbe responsabile, se alle difficoltà lei risponde con il consumo smodato di alcool?
Anche la scelta del corso di OSS forse non è stata indovinata: prendersi cura di persone fragili richiede un grande dominio di sé, ma lei è certa che chi non l'ha ritenuta idonea sia colpevole di mobbing e non impara nulla da questa circostanza.
Nelle comunità in cui hanno cercato di guarire la sua dipendenza ha di certo fruito di aiuti psicologici. Se ha condotto un percorso fino in fondo, non mi sembra che si vedano gli esiti.
Lei è intenzionata a cambiare e a prendere in pugno la sua vita, o preferisce ritenere che la sua "sfortuna" sia sempre imputabile ad altri?
Restiamo in ascolto.
se la sua domanda è quella del titolo, sembrerebbe che la risposta purtroppo sia affermativa.
Lei sembra manifestare troppe criticità per incoraggiare la costruzione della vita insieme; progetti e attività divertenti mal si conciliano con le sue svariate difficoltà nel lavoro, nella gestione dell'alcool, nel disadattamento, oggi a Brescia, ieri al suo paese del sud.
La sua frase "non so se sono io o sono nata sotto una cattiva stella" è indicativa della tendenza a deresponsabilizzarsi: quale cattiva stella sarebbe responsabile, se alle difficoltà lei risponde con il consumo smodato di alcool?
Anche la scelta del corso di OSS forse non è stata indovinata: prendersi cura di persone fragili richiede un grande dominio di sé, ma lei è certa che chi non l'ha ritenuta idonea sia colpevole di mobbing e non impara nulla da questa circostanza.
Nelle comunità in cui hanno cercato di guarire la sua dipendenza ha di certo fruito di aiuti psicologici. Se ha condotto un percorso fino in fondo, non mi sembra che si vedano gli esiti.
Lei è intenzionata a cambiare e a prendere in pugno la sua vita, o preferisce ritenere che la sua "sfortuna" sia sempre imputabile ad altri?
Restiamo in ascolto.
Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com
Utente
Salve, io ho fatto un percorso in comunità e ho smesso di bere definitivamente.A scuola e al tirocinio non ho mai bevuto.Il suo è un tono accusatorio.Mi sono impegnata al massimo nel mio percorso di studi .Ma ho fatto due anni nella stessa scuola.Mi hanno reputato ANSIOSA,non che facessi abuso di alcool.Io dormo NON PERCHÉ BEVO ma per una condizione ansiogeno depressiva . Al tirocinio con alcune colleghe andava tutto bene,con i supervisori no. Con i pazienti andava tutto benissimo e mi dicevano che ero empatica ed una brava ragazza.Per i supervisori non andavo bene perché ancora non avevo imparato a pulire culi.Cosa che sapevo fare ma con loro vicino e e la mancanza totale di professionalità come tutor che ti dovrebbero affiancare e non minacciare,allora non spiego più nulla .Se facevo così schifo mi potevano cacciare subito e invece mi hanno sfruttato fino alla fine.Mi spieghi lei questo.Tutti mi definiscono come una persona empatica,che riesce a fare star bene gli altri.Mi spieghi questo.E quanto ne so la professione psicologica vieta il giudizio personale.Ma come sempre sapevo che doveva finire così.Lei non sa la mia storia,non mi conosce.E questo giustamente le pone l'errore di scrivere cose che non sono.O forse non mi sono espressa bene io quella notte,infatti era notte,ed ero solo stanca.semmai faccio abuso di caffè oramai.Buona giornata.
Gentile utente,
anche nella replica al parere che le ho offerto lei sembra manifestare l'atteggiamento che sta danneggiando la sua relazione di coppia e in generale le sue vicende, compreso il lavoro.
Sembra che non voglia rendersi conto che per favorire una capacità di ripresa è necessaria la consapevolezza dei propri errori e la volontà di uscirne.
Provi a rileggere questo scambio di email e valuti per prima cosa alcune contraddizioni.
Nella prima email scrive: "purtroppo Brescia è un ambiente incompatibile con il mio malessere carattere, ho fatto vari lavori ma sono ricaduta nell: alcool andando in coma etilico e ospedale". Nella seconda email invece sostiene: "io ho fatto un percorso in comunità e ho smesso di bere definitivamente".
Ma dunque da quando è a Brescia e convive col suo partner lei ha continuato a bere, o no? E adesso ricade ancora nell'uso di alcol, o sono almeno due anni che non lo fa più?
Lei parla inoltre di disturbi ansioso-depressivi che descrive come invalidanti:
- crede di soffrire di ipersonnia, dorme molto;
- questi disturbi le hanno fatto lasciare la scuola a sedici anni (in seguito ha preso il diploma?);
- l'hanno portata ad una infelice relazione con un uomo che la manipolava;
- "Uno Io ci ha praticamente distrutto la società di papà", e anche se non capisco cosa voglia dire, immagino sia frutto della sua depressione anche l'aver abbandonato alla rovina la società di suo padre;
- parla della sua "folle vita" e di violenza subita due volte per ottenere alcol;
- scrive: "il mio problema è in primis ansia sa prestazione lavorativa" e aggiunge: "ho fatto dei corsi come oss ma, non è andata nel pratico causa forte ansia che purtroppo si vedeva".
Quello che vorrei farle notare è che lei è consapevole sia della malattia, sia delle sue conseguenze, tuttavia si meraviglia che appunto tali conseguenze indesiderabili portino con sé ripetuti fallimenti, esclusioni dal lavoro, rottura delle relazioni affettive.
Il suo atteggiamento si può paragonare a quello di una persona che avendo una frattura a una gamba voglia partecipare lo stesso a una gara di corsa, sia consapevole di non essere nemmeno arrivata al traguardo, e tuttavia accusi i giudici di non averla premiata perché si sono accorti che non c'è arrivata.
Provi a considerare che le sue doti e la sua buona volontà vanno indirizzate prima alla guarigione, e solo in seguito al conseguire le altre mete che si prefigge.
Sta curando la sindrome ansioso-depressiva, o fa l'errore di considerarla una sorta di suo tratto distintivo, un segno della sofferenza patita che non vuole abbandonare?
Le hanno detto che i farmaci, assieme alla psicoterapia, curano la depressione? Lei è intenzionata a guarire?
Tutto quello che la sua sindrome comporta lo ha già sperimentato da sé.
Ora si tratta di decidere se vuole continuare a lanciare fendenti alla cieca a chiunque cerca di aiutarla, o cominciare a prendersi seriamente cura della sua vita.
Buone cose.
anche nella replica al parere che le ho offerto lei sembra manifestare l'atteggiamento che sta danneggiando la sua relazione di coppia e in generale le sue vicende, compreso il lavoro.
Sembra che non voglia rendersi conto che per favorire una capacità di ripresa è necessaria la consapevolezza dei propri errori e la volontà di uscirne.
Provi a rileggere questo scambio di email e valuti per prima cosa alcune contraddizioni.
Nella prima email scrive: "purtroppo Brescia è un ambiente incompatibile con il mio malessere carattere, ho fatto vari lavori ma sono ricaduta nell: alcool andando in coma etilico e ospedale". Nella seconda email invece sostiene: "io ho fatto un percorso in comunità e ho smesso di bere definitivamente".
Ma dunque da quando è a Brescia e convive col suo partner lei ha continuato a bere, o no? E adesso ricade ancora nell'uso di alcol, o sono almeno due anni che non lo fa più?
Lei parla inoltre di disturbi ansioso-depressivi che descrive come invalidanti:
- crede di soffrire di ipersonnia, dorme molto;
- questi disturbi le hanno fatto lasciare la scuola a sedici anni (in seguito ha preso il diploma?);
- l'hanno portata ad una infelice relazione con un uomo che la manipolava;
- "Uno Io ci ha praticamente distrutto la società di papà", e anche se non capisco cosa voglia dire, immagino sia frutto della sua depressione anche l'aver abbandonato alla rovina la società di suo padre;
- parla della sua "folle vita" e di violenza subita due volte per ottenere alcol;
- scrive: "il mio problema è in primis ansia sa prestazione lavorativa" e aggiunge: "ho fatto dei corsi come oss ma, non è andata nel pratico causa forte ansia che purtroppo si vedeva".
Quello che vorrei farle notare è che lei è consapevole sia della malattia, sia delle sue conseguenze, tuttavia si meraviglia che appunto tali conseguenze indesiderabili portino con sé ripetuti fallimenti, esclusioni dal lavoro, rottura delle relazioni affettive.
Il suo atteggiamento si può paragonare a quello di una persona che avendo una frattura a una gamba voglia partecipare lo stesso a una gara di corsa, sia consapevole di non essere nemmeno arrivata al traguardo, e tuttavia accusi i giudici di non averla premiata perché si sono accorti che non c'è arrivata.
Provi a considerare che le sue doti e la sua buona volontà vanno indirizzate prima alla guarigione, e solo in seguito al conseguire le altre mete che si prefigge.
Sta curando la sindrome ansioso-depressiva, o fa l'errore di considerarla una sorta di suo tratto distintivo, un segno della sofferenza patita che non vuole abbandonare?
Le hanno detto che i farmaci, assieme alla psicoterapia, curano la depressione? Lei è intenzionata a guarire?
Tutto quello che la sua sindrome comporta lo ha già sperimentato da sé.
Ora si tratta di decidere se vuole continuare a lanciare fendenti alla cieca a chiunque cerca di aiutarla, o cominciare a prendersi seriamente cura della sua vita.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1k visite dal 18/01/2025.
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