Dubbio psicologico lavoro
Buongiorno,
Scrivo e so che non è facile da distante, spiegare cosa mi sta accadendo in questi giorni.
In breve lavoro come Manutentore elettrico, ormai da 11 anni, circa 1 anno fa, vinsi un concorso pubblico come istruttore Tecnico elettrico e ne ero molto felice.
Lunedi mi chiamano in ufficio dicendomi che con il concorso che ho fatto, transiterei da Manutentore a lavoro di ufficio e supervisione tecnica.
Sono andato letteralmente in crisi, dopo circa 11 anni (complessivi tra privato e pubblico) che mi occupavo di manutenzione, aggiustare, sistemare... A trovarmi scardinato da un posto che in effetti stavo bene, un po meno la paga.
Parliamo che io sono una persona che anche a casa non sta ferma, devo sempre fare qualcosa, e passare tutto il giorno anche solo dentro casa mi fa esagitare.
è vero che nessuno mi obbliga, ma con i tempi che corrono, e guardando anche al futuro un po di serenità muscolare/schiena ed economica non fanno male.
Diciamo che per 6 mesi ho la conservazione del posto precedente, e se non dovessi trovarmi bene, potrei tronare a fare il Manutentore (a discapito dello stipendio).
Tutti mi dicono che andare in meglio non si è mai lamentato nessuno...ma per me, fare quello che faccio ora è la mia vita.
Diciamo che di 3 fratelli, solo io ho intrapreso l'ambito operativo, gli altri 2 sono ingegneri e direttori di aziende.
Perchè non riesco a trovare serenità per una cosa che la gente comune sarebbe felice?
la crescita, l'importanza del ruolo ecc
Potrei tornare Manutentore si, ma dopo tutta la fatica fatta per studiare?
esami, ansia, ecc
Sinceramente sono un po preoccupato, penso sempre all'ultimo giorno che timbrerò in officina dopo ben 10 anni per cambiare posto...
Cosa ne pensate?
Scrivo e so che non è facile da distante, spiegare cosa mi sta accadendo in questi giorni.
In breve lavoro come Manutentore elettrico, ormai da 11 anni, circa 1 anno fa, vinsi un concorso pubblico come istruttore Tecnico elettrico e ne ero molto felice.
Lunedi mi chiamano in ufficio dicendomi che con il concorso che ho fatto, transiterei da Manutentore a lavoro di ufficio e supervisione tecnica.
Sono andato letteralmente in crisi, dopo circa 11 anni (complessivi tra privato e pubblico) che mi occupavo di manutenzione, aggiustare, sistemare... A trovarmi scardinato da un posto che in effetti stavo bene, un po meno la paga.
Parliamo che io sono una persona che anche a casa non sta ferma, devo sempre fare qualcosa, e passare tutto il giorno anche solo dentro casa mi fa esagitare.
è vero che nessuno mi obbliga, ma con i tempi che corrono, e guardando anche al futuro un po di serenità muscolare/schiena ed economica non fanno male.
Diciamo che per 6 mesi ho la conservazione del posto precedente, e se non dovessi trovarmi bene, potrei tronare a fare il Manutentore (a discapito dello stipendio).
Tutti mi dicono che andare in meglio non si è mai lamentato nessuno...ma per me, fare quello che faccio ora è la mia vita.
Diciamo che di 3 fratelli, solo io ho intrapreso l'ambito operativo, gli altri 2 sono ingegneri e direttori di aziende.
Perchè non riesco a trovare serenità per una cosa che la gente comune sarebbe felice?
la crescita, l'importanza del ruolo ecc
Potrei tornare Manutentore si, ma dopo tutta la fatica fatta per studiare?
esami, ansia, ecc
Sinceramente sono un po preoccupato, penso sempre all'ultimo giorno che timbrerò in officina dopo ben 10 anni per cambiare posto...
Cosa ne pensate?
Gentile utente,
da quanto ci riferisce, si evince che quello che lei sta vivendo è un periodo di cambiamento estremamente significativo per la sua vita. Cambiare lavoro porta con sè tutta una serie di dubbi e incertezze, lasciando di fatto una strada certa per una incerta, ciò pone nella condizione di uscire da una zona comfort, di sicurezza, ed accogliere una nuova sfida. Avere dubbi e perplessità, è più che legittimo ma vale la pena esplorarne più a fondo le ragioni. Innanzitutto, credo che la domanda fondamentale che lei si deve porre è: qual è il futuro professionale che desidero? Chi voglio essere? In un cambio lavoro, o mansione, la situazione se crea stress o disagio va approfondita considerando non solo l'aspetto professionale. Ciò che è lei oggi, è il frutto delle esperienze passate e le dinamiche che ha vissuto fino ad oggi possono influenzare in modo molto determinante il modo in cui lei, oggi, percepisce il lavoro. Si interroghi: che aspettative ha lei dal lavoro, o di una possibile carriera? Successo e realizzazione possono essere frutto di quelli che chiamiamo "modelli di ruolo": genitori, parenti, fratelli, insegnanti, come la visione, i vissuti e le esperienze delle persone a lei vicine possono averla influenzata, possono averle fatto sentire delle pressioni interne che, con il concorso, lei si è sentito in un qualche modo costretto a soddisfare per desiderabilità sociale, non per un suo desiderio reale di cambiamento. Sarebbe anche utile capire come lei ha imparato a gestire i cambiamenti, lo stress, le emozioni negative. Potrebbe essere che lei abbia già affrontato situazioni che l'hanno messa in gioco in modo funzionale, e quindi il passo per affrontare anche questo momento sarà più breve. Se invece fa parte di lei ricorrere a quelli che chiamiamo "meccanismi di difesa", come per esempio procrastinare, o evitare una situazione che esce dalla zona di comfort, può esserle utile il confronto con un terapeuta per aiutarla e guidarla a fare chiarezza sui suoi dubbi e soprattutto sulla loro reale radice. Consideri anche i pericoli della trappola del "flusso": lei è in un fiume in piena che scorre sempre nella stessa direzione, immerso in una routine che la fa sentire appagato, stimolato. Ma è questa la sua unica soddisfazione? In tal caso, si rafforzerebbe il timore del cambiamento, in quanto soddisfazione e appagamento dovrebbero essere frutto di molte altre attività all'interno e all'esterno del lavoro che le diano le stesse sensazioni, così da vedere il lavoro come un elemento funzionale alla sua vita, non l'unica sua fonte di sicurezza e rassicurazione. Oppure il problema potrebbe essere una sua insicurezza: sarò in grado di essere all'altezza del nuovo ruolo? Se lei ha fatto il concorso, per suo desiderio di migliorare la sua condizione lavorativa, e lo ha vinto, significa che ha tutti i requisiti e strumenti per affrontarlo. Ma torni alla domanda fondamentale, senza ascoltare cosa dicono altre voci (un famoso adagio recita: se vuoi prendere la decisione sbagliata, ascolta l'opinione di tutti): lei, cosa vuole fare e chi vuole essere nella vita? Non c'è scritto da nessuna parte che dobbiamo diventare tutti manager, dottori, ingegneri. Il suo lavoro la gratifica, la fa stare bene, è ciò che desidera? Al lavoro trascorriamo molto tempo della nostra vita, idem con i colleghi, come è il rapporto con loro? E' disposto a mollare tutto per qualcosa che lei vuole o che lei non vuole, ma pensa sia desiderabilmente migliore? Per gli altri, ma forse non per lei. Provi a rifletterci, e se ne sente il bisogno si faccia aiutare da un terapeuta o da una figura specializzata in orientamento professionale (lo fanno molti psicologi del lavoro) per avere una visione più ampia e specialistica. In ogni caso, il paracadute che le offrono è interessante, rendendo la scelta come un banco di prova e reversibile qualora proprio non dovesse trovarsi a suo agio nel nuovo ruolo, a patto che lei lo voglia veramente.
Cordialità
da quanto ci riferisce, si evince che quello che lei sta vivendo è un periodo di cambiamento estremamente significativo per la sua vita. Cambiare lavoro porta con sè tutta una serie di dubbi e incertezze, lasciando di fatto una strada certa per una incerta, ciò pone nella condizione di uscire da una zona comfort, di sicurezza, ed accogliere una nuova sfida. Avere dubbi e perplessità, è più che legittimo ma vale la pena esplorarne più a fondo le ragioni. Innanzitutto, credo che la domanda fondamentale che lei si deve porre è: qual è il futuro professionale che desidero? Chi voglio essere? In un cambio lavoro, o mansione, la situazione se crea stress o disagio va approfondita considerando non solo l'aspetto professionale. Ciò che è lei oggi, è il frutto delle esperienze passate e le dinamiche che ha vissuto fino ad oggi possono influenzare in modo molto determinante il modo in cui lei, oggi, percepisce il lavoro. Si interroghi: che aspettative ha lei dal lavoro, o di una possibile carriera? Successo e realizzazione possono essere frutto di quelli che chiamiamo "modelli di ruolo": genitori, parenti, fratelli, insegnanti, come la visione, i vissuti e le esperienze delle persone a lei vicine possono averla influenzata, possono averle fatto sentire delle pressioni interne che, con il concorso, lei si è sentito in un qualche modo costretto a soddisfare per desiderabilità sociale, non per un suo desiderio reale di cambiamento. Sarebbe anche utile capire come lei ha imparato a gestire i cambiamenti, lo stress, le emozioni negative. Potrebbe essere che lei abbia già affrontato situazioni che l'hanno messa in gioco in modo funzionale, e quindi il passo per affrontare anche questo momento sarà più breve. Se invece fa parte di lei ricorrere a quelli che chiamiamo "meccanismi di difesa", come per esempio procrastinare, o evitare una situazione che esce dalla zona di comfort, può esserle utile il confronto con un terapeuta per aiutarla e guidarla a fare chiarezza sui suoi dubbi e soprattutto sulla loro reale radice. Consideri anche i pericoli della trappola del "flusso": lei è in un fiume in piena che scorre sempre nella stessa direzione, immerso in una routine che la fa sentire appagato, stimolato. Ma è questa la sua unica soddisfazione? In tal caso, si rafforzerebbe il timore del cambiamento, in quanto soddisfazione e appagamento dovrebbero essere frutto di molte altre attività all'interno e all'esterno del lavoro che le diano le stesse sensazioni, così da vedere il lavoro come un elemento funzionale alla sua vita, non l'unica sua fonte di sicurezza e rassicurazione. Oppure il problema potrebbe essere una sua insicurezza: sarò in grado di essere all'altezza del nuovo ruolo? Se lei ha fatto il concorso, per suo desiderio di migliorare la sua condizione lavorativa, e lo ha vinto, significa che ha tutti i requisiti e strumenti per affrontarlo. Ma torni alla domanda fondamentale, senza ascoltare cosa dicono altre voci (un famoso adagio recita: se vuoi prendere la decisione sbagliata, ascolta l'opinione di tutti): lei, cosa vuole fare e chi vuole essere nella vita? Non c'è scritto da nessuna parte che dobbiamo diventare tutti manager, dottori, ingegneri. Il suo lavoro la gratifica, la fa stare bene, è ciò che desidera? Al lavoro trascorriamo molto tempo della nostra vita, idem con i colleghi, come è il rapporto con loro? E' disposto a mollare tutto per qualcosa che lei vuole o che lei non vuole, ma pensa sia desiderabilmente migliore? Per gli altri, ma forse non per lei. Provi a rifletterci, e se ne sente il bisogno si faccia aiutare da un terapeuta o da una figura specializzata in orientamento professionale (lo fanno molti psicologi del lavoro) per avere una visione più ampia e specialistica. In ogni caso, il paracadute che le offrono è interessante, rendendo la scelta come un banco di prova e reversibile qualora proprio non dovesse trovarsi a suo agio nel nuovo ruolo, a patto che lei lo voglia veramente.
Cordialità
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 310 visite dal 05/03/2025.
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