Sbaglio sempre io?
Buongiorno volevo condividere un episodio avvenuto ieri con il mio attuale compagno.
Eravamo a un concerto in mezzo a tantissime persone, mi ha chiesto di andare a prendere due birre e gli ho detto "se mi muovo, mi perdo", mi ha risposto "se vuoi ci vado io" e gli ho detto che l'avrei fatto io.
Purtroppo mi sono scordata di prendere con me il cellulare e l'ho lasciato nella borsa con lui.
Arrivata al bar ho preso le due birre, ho provato più volte ad addentrarmi nella folla senza trovare il mio compagno, così sono tornata al bar credendo che dopo un po' che non mi vedeva tornare, sapendo dov'ero andata, venisse a cercarmi.
Passa un'ora, intanto vedevo le coppie tutte abbracciare a cantare canzoni romantiche, e ancora niente, così mi avvicino ad una guardia e gli chiedo gentilmente se potesse telefonare al mio compagno, telefona, manda un messaggio.
Ancora niente.
Dopo altri 40 minuti, a fine concerto, me lo vedo arrivare al bar.
Prendo il mio cellulare e vedo che mi aveva inviato solo la sua posizione dopo poco che ero andata al bar e nient'altro, tra l'altro non ha né risposto alla chiamata e né letto il messaggio della guardia.
In macchina, dopo che gli ho chiesto a che ora avesse ricevuto la chiamata e se non si fosse preoccupato per l'intero concerto, mi ha urlato contro aggredendomi davanti a suo figlio (presente anche lui al concerto), che è stata tutta colpa mia perché dovevo prendere con me il cellulare e che ho rovinato la serata io.
Volevo sapere se davvero sono io quella sbagliata che si aspetta troppo (essere cercata se mi sono persa) o se sono pazza o cos'altro.
Grazie mille per l'attenzione e mi scuso se ho scritto cose non chiare.
Eravamo a un concerto in mezzo a tantissime persone, mi ha chiesto di andare a prendere due birre e gli ho detto "se mi muovo, mi perdo", mi ha risposto "se vuoi ci vado io" e gli ho detto che l'avrei fatto io.
Purtroppo mi sono scordata di prendere con me il cellulare e l'ho lasciato nella borsa con lui.
Arrivata al bar ho preso le due birre, ho provato più volte ad addentrarmi nella folla senza trovare il mio compagno, così sono tornata al bar credendo che dopo un po' che non mi vedeva tornare, sapendo dov'ero andata, venisse a cercarmi.
Passa un'ora, intanto vedevo le coppie tutte abbracciare a cantare canzoni romantiche, e ancora niente, così mi avvicino ad una guardia e gli chiedo gentilmente se potesse telefonare al mio compagno, telefona, manda un messaggio.
Ancora niente.
Dopo altri 40 minuti, a fine concerto, me lo vedo arrivare al bar.
Prendo il mio cellulare e vedo che mi aveva inviato solo la sua posizione dopo poco che ero andata al bar e nient'altro, tra l'altro non ha né risposto alla chiamata e né letto il messaggio della guardia.
In macchina, dopo che gli ho chiesto a che ora avesse ricevuto la chiamata e se non si fosse preoccupato per l'intero concerto, mi ha urlato contro aggredendomi davanti a suo figlio (presente anche lui al concerto), che è stata tutta colpa mia perché dovevo prendere con me il cellulare e che ho rovinato la serata io.
Volevo sapere se davvero sono io quella sbagliata che si aspetta troppo (essere cercata se mi sono persa) o se sono pazza o cos'altro.
Grazie mille per l'attenzione e mi scuso se ho scritto cose non chiare.
Buongiormo,
quello che ha vissuto è un episodio carico di emozioni: sentirsi sola, confusa, invisibile in un momento in cui sperava forse di sentirsi vicina, protetta e considerata. La sua reazione è del tutto umana.
Non è sbagliata perché si aspettava di essere cercata. Il punto non è solo la birra o il cellulare, ma come si sente nella relazione quando si perde contatto, se l’altro si fa presente o si allontana.
Le reazioni del suo compagno (prima l’assenza, poi l’aggressività) meritano di essere guardate con attenzione, soprattutto perché accadono davanti a terzi e scatenano in lei dubbi su se stessa.
Cordialmente,
quello che ha vissuto è un episodio carico di emozioni: sentirsi sola, confusa, invisibile in un momento in cui sperava forse di sentirsi vicina, protetta e considerata. La sua reazione è del tutto umana.
Non è sbagliata perché si aspettava di essere cercata. Il punto non è solo la birra o il cellulare, ma come si sente nella relazione quando si perde contatto, se l’altro si fa presente o si allontana.
Le reazioni del suo compagno (prima l’assenza, poi l’aggressività) meritano di essere guardate con attenzione, soprattutto perché accadono davanti a terzi e scatenano in lei dubbi su se stessa.
Cordialmente,
Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483
Gentile utente,
la situazione che descrive è tutt’altro che banale. Il suo racconto tocca diversi aspetti che meriterebbero tempo, spazio e ascolto per essere compresi davvero.
Mi colpisce come, nel momento in cui si è trovata da sola in mezzo alla folla, abbia fatto ciò che poteva per tornare dall’altra persona, e nel mentre, abbia vissuto sensazioni di spaesamento, solitudine, forse anche vulnerabilità. Si è preoccupata, ha cercato un contatto, si è attivata, a pensato a possibili soluzioni.
Viene spontaneo chiederle: cosa si aspettava in quel momento ed in quella situazione? Da dove nasce quell’aspettativa? E quanto si sente autorizzata, in questa relazione, a chiedere, non solo a dare?
Ripenso anche a quando scrive "mi ha chiesto di andare a prendere due birre e gli ho detto "se mi muovo, mi perdo", mi ha risposto "se vuoi ci vado io" e gli ho detto che l'avrei fatto io". Come si e' sentita nell'esprimere il timore di perdersi se fosse andata lei? Cosa l'ha portata a cambiare idea ed allontanarsi? Come ha vissuto la risposta del suo compagno?
Anche la reazione avuta in seguito dal suo compagno, il fatto che abbia alzato la voce, che l’abbia rimproverata davanti a suo figlio e che le abbia attribuito l’intera responsabilità, non può essere letta solo come un episodio isolato. È utile domandarsi: in che modo questa dinamica si inserisce nella relazione più ampia che state vivendo? È qualcosa che accade spesso o è stato un episodio eccezionale? Come si è sentita lei in quel momento, al di là dei fatti concreti? Si è sentita ascoltata? Compresa? Colpevole?
E ancora: riesce a esprimere ciò che prova quando qualcosa la ferisce, oppure si trova spesso a mettere in discussione sé stessa per mantenere l’equilibrio nella relazione?
Spesso, nelle relazioni, le emozioni taciute, i bisogni non riconosciuti o le ferite non elaborate trovano spazio in episodi apparentemente marginali. Ma questi momenti, quando generano confusione o sofferenza, non vanno sottovalutati.
Lei non è pazza , come ha scritto. Forse è solo arrivato il momento di ascoltare alcune domande che da tempo cercano spazio.
Ci sono esperienze che meritano uno sguardo più profondo, di essere esplorate con cura e attenzione, di uno spazio sicuro dove poter essere comprese. E lo meritano ancora di più quando portano con sé dubbi ed incertezze e sollevano domande importanti come quelle che porta oggi.
Spero che queste riflessioni possano esserle utili.
Resto a disposizione, un caro saluto
E.S.
la situazione che descrive è tutt’altro che banale. Il suo racconto tocca diversi aspetti che meriterebbero tempo, spazio e ascolto per essere compresi davvero.
Mi colpisce come, nel momento in cui si è trovata da sola in mezzo alla folla, abbia fatto ciò che poteva per tornare dall’altra persona, e nel mentre, abbia vissuto sensazioni di spaesamento, solitudine, forse anche vulnerabilità. Si è preoccupata, ha cercato un contatto, si è attivata, a pensato a possibili soluzioni.
Viene spontaneo chiederle: cosa si aspettava in quel momento ed in quella situazione? Da dove nasce quell’aspettativa? E quanto si sente autorizzata, in questa relazione, a chiedere, non solo a dare?
Ripenso anche a quando scrive "mi ha chiesto di andare a prendere due birre e gli ho detto "se mi muovo, mi perdo", mi ha risposto "se vuoi ci vado io" e gli ho detto che l'avrei fatto io". Come si e' sentita nell'esprimere il timore di perdersi se fosse andata lei? Cosa l'ha portata a cambiare idea ed allontanarsi? Come ha vissuto la risposta del suo compagno?
Anche la reazione avuta in seguito dal suo compagno, il fatto che abbia alzato la voce, che l’abbia rimproverata davanti a suo figlio e che le abbia attribuito l’intera responsabilità, non può essere letta solo come un episodio isolato. È utile domandarsi: in che modo questa dinamica si inserisce nella relazione più ampia che state vivendo? È qualcosa che accade spesso o è stato un episodio eccezionale? Come si è sentita lei in quel momento, al di là dei fatti concreti? Si è sentita ascoltata? Compresa? Colpevole?
E ancora: riesce a esprimere ciò che prova quando qualcosa la ferisce, oppure si trova spesso a mettere in discussione sé stessa per mantenere l’equilibrio nella relazione?
Spesso, nelle relazioni, le emozioni taciute, i bisogni non riconosciuti o le ferite non elaborate trovano spazio in episodi apparentemente marginali. Ma questi momenti, quando generano confusione o sofferenza, non vanno sottovalutati.
Lei non è pazza , come ha scritto. Forse è solo arrivato il momento di ascoltare alcune domande che da tempo cercano spazio.
Ci sono esperienze che meritano uno sguardo più profondo, di essere esplorate con cura e attenzione, di uno spazio sicuro dove poter essere comprese. E lo meritano ancora di più quando portano con sé dubbi ed incertezze e sollevano domande importanti come quelle che porta oggi.
Spero che queste riflessioni possano esserle utili.
Resto a disposizione, un caro saluto
E.S.
Dott.ssa Elisa Scuderi
Psicologa | A Genova e online
📧 elisascuderi.ge@gmail.com
3774810243
www.psicologoagenova.wordpress.com
Gentile utente,
la sua è una domanda senza risposta perché manca un'informazione essenziale: lei abitualmente ha di queste "distrazioni", o l'episodio che ci racconta è senza precedenti?
Qualche riflessione generale per istradarla.
Prima su di lei:
- Se temeva di perdersi perché ha lasciato il cellulare al compagno e perché è andata al bar senza la borsa, dovendo pagare le birre?
- Sempre se temeva di perdersi, perché ha rifiutato l'offerta del suo compagno di andare lui a prendere le birre?
- I due cellulari non erano silenziati, visto che eravate ad un concerto? Come poteva dunque il suo compagno sentire la chiamata e il messaggio, e accorgersi che il cellulare di lei che ci scrive era nella borsa?
Riguardo al suo compagno:
- Forse era molto preso dal concerto e non voleva perderne nulla, infatti inizialmente ha chiesto a lei di recarsi al bar, il che non è il massimo della cavalleria; o forse non voleva lasciare il figlio: che età ha?
- Per la stessa ragione non è venuto a cercarla, ma di nuovo avverto qui una certa trascuratezza nelle attenzioni: e se lei si fosse sentita male?
- Infine "mi ha urlato contro aggredendomi davanti a suo figlio" non depone a favore della buona educazione del suo compagno, tuttavia soltanto lei può dirci se questi episodi si ripetono e se per caso sono una sua maniera per mettere alla prova la vicinanza del compagno.
Se è così, ci scriva per chiarire, ma soprattutto rifletta.
Buone cose.
la sua è una domanda senza risposta perché manca un'informazione essenziale: lei abitualmente ha di queste "distrazioni", o l'episodio che ci racconta è senza precedenti?
Qualche riflessione generale per istradarla.
Prima su di lei:
- Se temeva di perdersi perché ha lasciato il cellulare al compagno e perché è andata al bar senza la borsa, dovendo pagare le birre?
- Sempre se temeva di perdersi, perché ha rifiutato l'offerta del suo compagno di andare lui a prendere le birre?
- I due cellulari non erano silenziati, visto che eravate ad un concerto? Come poteva dunque il suo compagno sentire la chiamata e il messaggio, e accorgersi che il cellulare di lei che ci scrive era nella borsa?
Riguardo al suo compagno:
- Forse era molto preso dal concerto e non voleva perderne nulla, infatti inizialmente ha chiesto a lei di recarsi al bar, il che non è il massimo della cavalleria; o forse non voleva lasciare il figlio: che età ha?
- Per la stessa ragione non è venuto a cercarla, ma di nuovo avverto qui una certa trascuratezza nelle attenzioni: e se lei si fosse sentita male?
- Infine "mi ha urlato contro aggredendomi davanti a suo figlio" non depone a favore della buona educazione del suo compagno, tuttavia soltanto lei può dirci se questi episodi si ripetono e se per caso sono una sua maniera per mettere alla prova la vicinanza del compagno.
Se è così, ci scriva per chiarire, ma soprattutto rifletta.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com
Utente
Buongiorno dottoressa Potenza,
la ringrazio per la risposta e aver analizzato sia i miei comportamenti che i suoi.
1. Io di solito ho sempre il cellulare con me e soffro nella confusione della gente, mi meraviglio di essermelo dimenticato, non ci ho proprio pensato.
2. Ho rifiutato l'offerta perché me l'ha chiesto e non volevo togliere tempo a lui e se penso che se fosse stato preoccupato ci sarebbe andato lui senza chiedere a me se potevo andare.
3. Il mio cellulare era nella borsa con la suoneria, il suo in tasca, tant'è che mi ha mandato la posizione dopo poco che non mi vedeva tornare poi più niente. Io ho provato a contattarlo tramite il telefono di una guardia, ma in un'ora e mezza non può controllare il telefono?
Per il mio compagno:
Il figlio ha 13 anni e mi conosce bene, poteva tranquillamente rimanere con me, non è la prima volta che lo lascerebbe solo.
Non mi sento di aver messo alla prova nessuno, non ho fatto apposta a perdermi tra 80.000 persone e non averlo trovato. Mi sono fermata al bar, era vicino ma con tantissima gente da attraversare e penso che se era davvero preoccupato la prima cosa da fare era controllare se ero al bar.
la ringrazio per la risposta e aver analizzato sia i miei comportamenti che i suoi.
1. Io di solito ho sempre il cellulare con me e soffro nella confusione della gente, mi meraviglio di essermelo dimenticato, non ci ho proprio pensato.
2. Ho rifiutato l'offerta perché me l'ha chiesto e non volevo togliere tempo a lui e se penso che se fosse stato preoccupato ci sarebbe andato lui senza chiedere a me se potevo andare.
3. Il mio cellulare era nella borsa con la suoneria, il suo in tasca, tant'è che mi ha mandato la posizione dopo poco che non mi vedeva tornare poi più niente. Io ho provato a contattarlo tramite il telefono di una guardia, ma in un'ora e mezza non può controllare il telefono?
Per il mio compagno:
Il figlio ha 13 anni e mi conosce bene, poteva tranquillamente rimanere con me, non è la prima volta che lo lascerebbe solo.
Non mi sento di aver messo alla prova nessuno, non ho fatto apposta a perdermi tra 80.000 persone e non averlo trovato. Mi sono fermata al bar, era vicino ma con tantissima gente da attraversare e penso che se era davvero preoccupato la prima cosa da fare era controllare se ero al bar.
Utente
La ringrazio dottoressa Scuderi per il suo punto di vista, non è facile spiegare le situazioni ma ha capito benissimo il contesto e le sensazioni che ho provato.
Non sono abitudinaria a non prendere il cellulare con me, soffro in mezzo alla gente e sono meravigliata di averlo dimenticato ingenuamente nella borsa, forse perché pensavo di farcela, forse perché il bar non era tanto lontano.
Ho cambiato idea e andarci io perché era presente suo figlio e pensavo volesse rimanere un po' con lui, penso che se qualcuno ti esprime la sua paura è giusto coglierla.
Io tendo sempre ad assecondarlo, ogni sua richiesta è un ordine e mi sentirei in colpa se succede qualcosa a dire "vai tu".
Per me è il mio punto di riferimento, sono cresciuta senza papà e mia mamma non c'è più da 5 anni, non ho altri parenti, a parte mia sorella che ha la sua vita familiare.
Il fatto che mi venisse a prendere per me era una cosa scontata perché mi aspetto sempre di essere importante quanto lo è lui per me.
So che è difficile mettersi nei panni delle persone, ma con la mia ansia di non sapere se è successo qualcosa di grave, avrei preso su mio figlio e sarei andata innanzitutto a vedere al bar.
Non mi sono sentita compresa, mi sono sentita in colpa per aver lasciato il telefono nella borsa, mi sento in colpa perché ero sola in un momento in cui tutti si abbracciavano con il patner e si godevano il concerto.
Le mie paure sono sottovalutate e io tendo sempre a fare la super eroina e non farmi vedere in difficoltà anche perché le volte che ho chiesto aiuto mi è stato spesso detto di no.
La ringrazio ancora per aver speso tempo per la mia storia, grazie mille.
Non sono abitudinaria a non prendere il cellulare con me, soffro in mezzo alla gente e sono meravigliata di averlo dimenticato ingenuamente nella borsa, forse perché pensavo di farcela, forse perché il bar non era tanto lontano.
Ho cambiato idea e andarci io perché era presente suo figlio e pensavo volesse rimanere un po' con lui, penso che se qualcuno ti esprime la sua paura è giusto coglierla.
Io tendo sempre ad assecondarlo, ogni sua richiesta è un ordine e mi sentirei in colpa se succede qualcosa a dire "vai tu".
Per me è il mio punto di riferimento, sono cresciuta senza papà e mia mamma non c'è più da 5 anni, non ho altri parenti, a parte mia sorella che ha la sua vita familiare.
Il fatto che mi venisse a prendere per me era una cosa scontata perché mi aspetto sempre di essere importante quanto lo è lui per me.
So che è difficile mettersi nei panni delle persone, ma con la mia ansia di non sapere se è successo qualcosa di grave, avrei preso su mio figlio e sarei andata innanzitutto a vedere al bar.
Non mi sono sentita compresa, mi sono sentita in colpa per aver lasciato il telefono nella borsa, mi sento in colpa perché ero sola in un momento in cui tutti si abbracciavano con il patner e si godevano il concerto.
Le mie paure sono sottovalutate e io tendo sempre a fare la super eroina e non farmi vedere in difficoltà anche perché le volte che ho chiesto aiuto mi è stato spesso detto di no.
La ringrazio ancora per aver speso tempo per la mia storia, grazie mille.
Utente
Grazie mille dottoressa Carbone, purtroppo ho vissuto tanti abbandoni in vita mia e ne soffro. Anche che riguardano il mio compagno.
Forse continuo ad aspettarmi troppo dalla persona che mi è a fianco? O dall'essere umano in generale?
Ho solo due amiche strette perché sono molto selezionatrice e vorrei basi solide in qualsiasi rapporto di rispetto, dialogo e condivisione.
Per me presentarsi dopo un'ora e mezza al bar (al bar sottolineo, perché non ci ha pensato prima?) e darmi la colpa non è tanto gentile. Eppure sono la prima che si sente in colpa.
La ringrazio ancora per aver perso tempo in questa domenica per aver risposto ai miei dubbi
Forse continuo ad aspettarmi troppo dalla persona che mi è a fianco? O dall'essere umano in generale?
Ho solo due amiche strette perché sono molto selezionatrice e vorrei basi solide in qualsiasi rapporto di rispetto, dialogo e condivisione.
Per me presentarsi dopo un'ora e mezza al bar (al bar sottolineo, perché non ci ha pensato prima?) e darmi la colpa non è tanto gentile. Eppure sono la prima che si sente in colpa.
La ringrazio ancora per aver perso tempo in questa domenica per aver risposto ai miei dubbi
Gentile utente,
grazie per aver approfondito la narrazione; questo permette di rispondere meglio.
Come hanno scritto anche le mie colleghe quando ci sono delle incomprensioni è meglio risolverle, e un metodo utile è indicare serenamente al partner quali sono i nostri bisogni affettivi e quali suoi atteggiamenti ci feriscono. E' necessario naturalmente rivolgere la stessa attenzione alle richieste di lui ed evitare le "certezze" che possono metterci fuori strada.
Per fare qualche esempio, il suo compagno pensava che lei avesse il telefono con sé, e sbagliava; lei pensava che il telefono di lui fosse acceso e funzionante perché le ha mandato la posizione, ma forse era "silenziato", che non vuol dire "spento".
Inoltre lei scrive: "la prima cosa da fare era controllare se ero al bar", ma questo può risultare impossibile per chi non vuole allontanare anche il proprio figlio o non vuole lasciarlo solo in mezzo a ottantamila persone.
Qualche volta un'incomprensione nasce da circostanze sfortunate, non da cattiva volontà o da abitudini sbagliate; tuttavia anche in questo caso la modalità di gestione del problema evidenzia le caratteristiche che preferiremmo correggere, nel partner e in noi stessi.
Buone cose.
grazie per aver approfondito la narrazione; questo permette di rispondere meglio.
Come hanno scritto anche le mie colleghe quando ci sono delle incomprensioni è meglio risolverle, e un metodo utile è indicare serenamente al partner quali sono i nostri bisogni affettivi e quali suoi atteggiamenti ci feriscono. E' necessario naturalmente rivolgere la stessa attenzione alle richieste di lui ed evitare le "certezze" che possono metterci fuori strada.
Per fare qualche esempio, il suo compagno pensava che lei avesse il telefono con sé, e sbagliava; lei pensava che il telefono di lui fosse acceso e funzionante perché le ha mandato la posizione, ma forse era "silenziato", che non vuol dire "spento".
Inoltre lei scrive: "la prima cosa da fare era controllare se ero al bar", ma questo può risultare impossibile per chi non vuole allontanare anche il proprio figlio o non vuole lasciarlo solo in mezzo a ottantamila persone.
Qualche volta un'incomprensione nasce da circostanze sfortunate, non da cattiva volontà o da abitudini sbagliate; tuttavia anche in questo caso la modalità di gestione del problema evidenzia le caratteristiche che preferiremmo correggere, nel partner e in noi stessi.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com
Gentile Utente,
grazie per aver condiviso la sua esperienza in modo così autentico.
Le sue parole arrivano cariche di significato e sembrano raccontare non solo un episodio, ma un vissuto più ampio, fatto di attese, senso del dovere, solitudine emotiva e bisogno di essere vista, accolta, cercata.
Colpisce molto la frase: penso che se qualcuno ti esprime la sua paura è giusto coglierla . È un pensiero che racconta il suo modo di stare nelle relazioni: attenta, presente, pronta a proteggere anche quando dentro di sé avrebbe bisogno di essere protetta.
E viene da chiedersi: lei si sente libera, all’interno di questa relazione, di esprimere le sue paure senza doverle giustificare? E chi si prende cura di lei, quando lei si prende cura di tutti?
Allo stesso tempo nelle sue parole si avvertono ansia, preoccupazione, apprensione: sono emozioni legate a quel contesto? A ciò che stava accadendo? Che ruolo avrebbe potuto avere/avrebbe voluto avesse il suo compagno in tutto ciò?
Il senso di colpa che nomina sembra affacciarsi quando prova a mettere un bisogno davanti a una richiesta. Ma quel senso di colpa, è davvero suo, o è qualcosa che ha imparato a portare per sentirsi al sicuro, per essere amata?
Riguardo al comportamento del suo compagno, è comprensibile che il suo silenzio e la sua reazione l’abbiano ferita.
Ci si può domandare: perché non ha sentito il bisogno di muoversi lui? Ha sottovalutato la situazione? È abituato a dare priorità a sé stesso? Non voleva lasciare da solo il figlio? Non voleva che quest'ultimo dovesse allontanarsi insieme a lui?
Ma il punto non è "perché lui è così? ", quanto "che effetto ha tutto questo su di me, nel tempo, nella mia autostima, nella percezione del mio valore"?
Condivido le parole della Collega Potenza, è importante aprire col partner una comunicazione che sia costruttiva e chiara.
Ci sono parole che meritano ascolto e storie che meritano spazio. E forse, in ciò che ha raccontato, qualcosa dentro di lei ha già iniziato a chiedere silenziosamente di essere guardata con più attenzione.
Queste non sono domande semplici. Ma iniziare a porsele è già un modo per tornare a sé.
Un caro saluto
E.S.
grazie per aver condiviso la sua esperienza in modo così autentico.
Le sue parole arrivano cariche di significato e sembrano raccontare non solo un episodio, ma un vissuto più ampio, fatto di attese, senso del dovere, solitudine emotiva e bisogno di essere vista, accolta, cercata.
Colpisce molto la frase: penso che se qualcuno ti esprime la sua paura è giusto coglierla . È un pensiero che racconta il suo modo di stare nelle relazioni: attenta, presente, pronta a proteggere anche quando dentro di sé avrebbe bisogno di essere protetta.
E viene da chiedersi: lei si sente libera, all’interno di questa relazione, di esprimere le sue paure senza doverle giustificare? E chi si prende cura di lei, quando lei si prende cura di tutti?
Allo stesso tempo nelle sue parole si avvertono ansia, preoccupazione, apprensione: sono emozioni legate a quel contesto? A ciò che stava accadendo? Che ruolo avrebbe potuto avere/avrebbe voluto avesse il suo compagno in tutto ciò?
Il senso di colpa che nomina sembra affacciarsi quando prova a mettere un bisogno davanti a una richiesta. Ma quel senso di colpa, è davvero suo, o è qualcosa che ha imparato a portare per sentirsi al sicuro, per essere amata?
Riguardo al comportamento del suo compagno, è comprensibile che il suo silenzio e la sua reazione l’abbiano ferita.
Ci si può domandare: perché non ha sentito il bisogno di muoversi lui? Ha sottovalutato la situazione? È abituato a dare priorità a sé stesso? Non voleva lasciare da solo il figlio? Non voleva che quest'ultimo dovesse allontanarsi insieme a lui?
Ma il punto non è "perché lui è così? ", quanto "che effetto ha tutto questo su di me, nel tempo, nella mia autostima, nella percezione del mio valore"?
Condivido le parole della Collega Potenza, è importante aprire col partner una comunicazione che sia costruttiva e chiara.
Ci sono parole che meritano ascolto e storie che meritano spazio. E forse, in ciò che ha raccontato, qualcosa dentro di lei ha già iniziato a chiedere silenziosamente di essere guardata con più attenzione.
Queste non sono domande semplici. Ma iniziare a porsele è già un modo per tornare a sé.
Un caro saluto
E.S.
Dott.ssa Elisa Scuderi
Psicologa | A Genova e online
📧 elisascuderi.ge@gmail.com
3774810243
www.psicologoagenova.wordpress.com
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