Ansia, isolamento e futuro: terapia è sufficiente?
Buongiorno. Ringrazio chi avrà la pazienza di leggere il mio racconto che, temo, non sarà brevissimo.
Ho 51 anni, mi trovo nel pieno di un incubo da cui sto cercando di uscire con la psicoterapia, cominciata da un paio di settimane.
Da circa un anno mi sento molto giù, ho timore di tutto, faccio quotidianamente a pugni con un'ansia che rischia di prendere il sopravvento e sfociare in attacchi di panico. Sono molto sfiduciato e spaventato riguardo il mio futuro. Mi chiedo costantemente che ne sarà di me.
Da molti anni ho smesso di lavorare. Anni fa, ormai vittima costante di un'ansia sociale molto forte e di tante, troppe paure diventate ingestibili, ho deciso di ritirarmi dal mondo del lavoro, dalla città, dalla socialità, e di vivere affidandomi ad una piccola rendita garantitami da un immobile di cui sono proprietario, convincendomi che, in fondo, questo era tutto ciò di cui avevo bisogno. Ma l'isolamento, la solitudine, l'assenza di relazioni, quella vera e propria fuga dalla vita non hanno fatto altro che alimentare, negli anni, un grande senso di frustrazione e di fallimento che alla fine mi ha travolto. Ho quindi deciso di tentare di riprendere in mano la mia esistenza, ho scelto di tornare a vivere in città e di reinserirmi nel mondo del lavoro, ma non ce l'ho fatta.
Non sono più un ragazzino, sono passati tanti anni, le relazioni di lavoro che avevo orami non esistono più. Ho provato a reinventarmi, ad uscire da quello che era il mio campo professionale per tentare nuove strade, ma non ho ottenuto niente, o forse non ne sono stato capace, non lo so.
Come non bastasse, il timore della solitudine e degli attacchi di panico mi impedisce ormai anche di vivere solo. E così, non avendo più solide amicizie né una relazione sentimentale da anni, mi sono ritrovato a cercare conforto nei miei genitori, ad aver bisogno di stare con loro, di vivere con loro. Ci vogliamo bene, andiamo d'accordo, loro sono in splendida forma e molto giovanili, ma così è dura, davvero dura. Mi sento tremendamente in colpa verso di loro. Sento di averli profondamente delusi, temo che mi vedano come un povero figlio disgraziato per il quale provare una gran compassione.
Sento di aver buttato via gli anni più preziosi che nessuno mi ridarà più. Ho addosso un enorme senso di vuoto, di angoscia, di paura per il futuro che non mi abbandona mai. Penso costantemente alla morte da cui sono letteralmente terrorizzato.
Sono consapevole di avere delle qualità: ho studiato, sono un giornalista professionista, sono una persona che crede fermamente nell'onestà, nel rispetto, nell'accoglienza, nella gentilezza; una persona che ama follemente gli animali e la natura, eppure mi sento così sbagliato, così lontano, così tagliato fuori dalla vita.
Qualche settimana fa uno psichiatra mi ha prescritto una cura farmacologica, ma non me la sono sentita di cominciarla, continuo a rimandarne l'inizio sperando di vedere un po' di luce con la psicoterapia e di poterne fare a meno. Ecco, vorrei sapere da voi se questa mia speranza è poco realistica, vista la complessità della mia situazione.
Vi ringrazio molto per la vostra attenzione.
Un caro saluto.
Ho 51 anni, mi trovo nel pieno di un incubo da cui sto cercando di uscire con la psicoterapia, cominciata da un paio di settimane.
Da circa un anno mi sento molto giù, ho timore di tutto, faccio quotidianamente a pugni con un'ansia che rischia di prendere il sopravvento e sfociare in attacchi di panico. Sono molto sfiduciato e spaventato riguardo il mio futuro. Mi chiedo costantemente che ne sarà di me.
Da molti anni ho smesso di lavorare. Anni fa, ormai vittima costante di un'ansia sociale molto forte e di tante, troppe paure diventate ingestibili, ho deciso di ritirarmi dal mondo del lavoro, dalla città, dalla socialità, e di vivere affidandomi ad una piccola rendita garantitami da un immobile di cui sono proprietario, convincendomi che, in fondo, questo era tutto ciò di cui avevo bisogno. Ma l'isolamento, la solitudine, l'assenza di relazioni, quella vera e propria fuga dalla vita non hanno fatto altro che alimentare, negli anni, un grande senso di frustrazione e di fallimento che alla fine mi ha travolto. Ho quindi deciso di tentare di riprendere in mano la mia esistenza, ho scelto di tornare a vivere in città e di reinserirmi nel mondo del lavoro, ma non ce l'ho fatta.
Non sono più un ragazzino, sono passati tanti anni, le relazioni di lavoro che avevo orami non esistono più. Ho provato a reinventarmi, ad uscire da quello che era il mio campo professionale per tentare nuove strade, ma non ho ottenuto niente, o forse non ne sono stato capace, non lo so.
Come non bastasse, il timore della solitudine e degli attacchi di panico mi impedisce ormai anche di vivere solo. E così, non avendo più solide amicizie né una relazione sentimentale da anni, mi sono ritrovato a cercare conforto nei miei genitori, ad aver bisogno di stare con loro, di vivere con loro. Ci vogliamo bene, andiamo d'accordo, loro sono in splendida forma e molto giovanili, ma così è dura, davvero dura. Mi sento tremendamente in colpa verso di loro. Sento di averli profondamente delusi, temo che mi vedano come un povero figlio disgraziato per il quale provare una gran compassione.
Sento di aver buttato via gli anni più preziosi che nessuno mi ridarà più. Ho addosso un enorme senso di vuoto, di angoscia, di paura per il futuro che non mi abbandona mai. Penso costantemente alla morte da cui sono letteralmente terrorizzato.
Sono consapevole di avere delle qualità: ho studiato, sono un giornalista professionista, sono una persona che crede fermamente nell'onestà, nel rispetto, nell'accoglienza, nella gentilezza; una persona che ama follemente gli animali e la natura, eppure mi sento così sbagliato, così lontano, così tagliato fuori dalla vita.
Qualche settimana fa uno psichiatra mi ha prescritto una cura farmacologica, ma non me la sono sentita di cominciarla, continuo a rimandarne l'inizio sperando di vedere un po' di luce con la psicoterapia e di poterne fare a meno. Ecco, vorrei sapere da voi se questa mia speranza è poco realistica, vista la complessità della mia situazione.
Vi ringrazio molto per la vostra attenzione.
Un caro saluto.
Gentile utente,
siamo qui apposta per leggervi ed ogni pensiero, breve o lungo, va accolto.
Ciò che in questa sede posso sentirmi di dirle, è che raccontarsi con tanta sincerità, lucidità, significa che sta già cercando di capirsi, ascoltarsi, e che ha riconosciuto la validità di un aiuto esterno per riprendere contatto con la sua vita. Ha già dunque compiuto dei passi importanti e in una direzione corretta, questo la deve rendere fiero di lei.
Andando con ordine, le manifestazioni dell'ansia che ci descrive fanno intendere che sta vivendo troppo in un tempo che non è il presente, ma il futuro. Le posso consigliare, quando i pensieri arrivano a sopraffarla, di concentrarsi sul presente. Ascolti i rumori, guardi cosa sta intorno a lei, e viva il qui ed ora, senza timore di qualcosa che, con tutta probabilità, non accadrà.
Parli con lei in modo più gentile: lei non è un fallito e non sta vivendo un fallimento, arriva da anni di isolamento sociale, paura e ansia, è comprensibile che si senta disorientato ma il suo passato non la etichetta come un debole o un incapace, anzi, è una persona che ha lottato molto contro problematiche complesse e che ha compreso il momento di sentirsi sostenuto. In questo non c'è assolutamente nulla di male.
La psicoterapia la aiuterà, ma ristrutturare i pensieri e desensibilizzare ciò che la spaventa richiederà del tempo. Se lo prenda tutto congratulandosi con se stesso per ogni piccolo passo compiuto e si confronti sempre con la psicoterapeuta su come si sente, cosa si aspetta, per un dialogo costantemente aperto funzionale a mantenere sempre un rapporto professionale che le sia di reale aiuto.
Non si senta in colpa verso i suoi genitori, anzi, saranno sicuramente i primi ad essere lì presenti per aiutarla, finchè servirà, e il desiderio di essere d'aiuto verso i propri figli è una delle cose più normali e naturali. Sono certa che neanche loro la etichettano come un "fallito", ma riconoscono una persona che sta attraversando un periodo complesso e che con coraggio e umiltà sta cercando di superarlo.
Riguardo il lavoro, la professione giornalistica non ha fortunatamente età. Provi a cercare qualche collaborazione che può gestire da casa con riviste, quotidiani o periodici, cartacei o on-line, della sua zona. Con ogni probabilità le paghe non saranno generose, ma almeno avrà l'opportunità di sentirsi parte di un progetto, di confrontarsi con altre persone. E gradualmente seguire qualche evento di cronaca da raccontare attraverso la sua scrittura. Pensi anche se ha degli argomenti in cui si sente forte o specializzato e si proponga per quelli, se se la sente.
L'ansia è complessa e si manifesta attraverso una vastissima sintomatologia: a volte crea nella mente scenari catastrofici come la sensazione che qualcosa di terribile stia accadendo, morte compresa. Ma è tutto nella sua mente, sono solo pensieri e immagini, non è la realtà, nè verità di ciò che sta realmente accadendo, ora, in questo istante.
Di questo è importante si confronti e ne parli molto con la sua terapeuta che vedrà la rassicurerà allo stesso modo.
Riguardo alla terapia farmacologica sono frequenti pregiudizi e resistenze. Ne parli con la sua terapeuta. Livelli di ansia molto forti, oltre a "mangiarsi" giorno dopo giorno la sua vita, possono impedirle di affrontare efficacemente la terapia e un rientro graduale alla socialità. Si faccia consigliare, se non già fatto, dalla sua terapeuta uno\a psichiatra di fiducia che possa fornirle un supporto farmacologico mirato e circoscritto ad alleviare la fase acuta, tenga in considerazione che i farmaci necessitano del loro tempo per fare effetto ma possono veramente essere una valida stampella nei momenti di maggiore sofferenza. Si dia il tempo per pensarci, parlarne con la sua terapeuta, chiarire ogni suo dubbio con un eventuale psichiatra e decida cosa meglio per lei, senza precludere percorsi di cura, anche farmacologica, che la possono invece aiutare molto.
Sa perchè il suo racconto, riprendo le sue parole, è così lungo? Perchè non ci racconta la storia di una persona che si sta arrendendo, ma di una persona che vuole tornare a vivere.
Viva con gradualità il suo ritorno alla vita senza guardare indietro. Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo scrivere nuove pagine di un futuro migliore permettendoci anche di realizzare nuovi sogni.
Cordialità.
siamo qui apposta per leggervi ed ogni pensiero, breve o lungo, va accolto.
Ciò che in questa sede posso sentirmi di dirle, è che raccontarsi con tanta sincerità, lucidità, significa che sta già cercando di capirsi, ascoltarsi, e che ha riconosciuto la validità di un aiuto esterno per riprendere contatto con la sua vita. Ha già dunque compiuto dei passi importanti e in una direzione corretta, questo la deve rendere fiero di lei.
Andando con ordine, le manifestazioni dell'ansia che ci descrive fanno intendere che sta vivendo troppo in un tempo che non è il presente, ma il futuro. Le posso consigliare, quando i pensieri arrivano a sopraffarla, di concentrarsi sul presente. Ascolti i rumori, guardi cosa sta intorno a lei, e viva il qui ed ora, senza timore di qualcosa che, con tutta probabilità, non accadrà.
Parli con lei in modo più gentile: lei non è un fallito e non sta vivendo un fallimento, arriva da anni di isolamento sociale, paura e ansia, è comprensibile che si senta disorientato ma il suo passato non la etichetta come un debole o un incapace, anzi, è una persona che ha lottato molto contro problematiche complesse e che ha compreso il momento di sentirsi sostenuto. In questo non c'è assolutamente nulla di male.
La psicoterapia la aiuterà, ma ristrutturare i pensieri e desensibilizzare ciò che la spaventa richiederà del tempo. Se lo prenda tutto congratulandosi con se stesso per ogni piccolo passo compiuto e si confronti sempre con la psicoterapeuta su come si sente, cosa si aspetta, per un dialogo costantemente aperto funzionale a mantenere sempre un rapporto professionale che le sia di reale aiuto.
Non si senta in colpa verso i suoi genitori, anzi, saranno sicuramente i primi ad essere lì presenti per aiutarla, finchè servirà, e il desiderio di essere d'aiuto verso i propri figli è una delle cose più normali e naturali. Sono certa che neanche loro la etichettano come un "fallito", ma riconoscono una persona che sta attraversando un periodo complesso e che con coraggio e umiltà sta cercando di superarlo.
Riguardo il lavoro, la professione giornalistica non ha fortunatamente età. Provi a cercare qualche collaborazione che può gestire da casa con riviste, quotidiani o periodici, cartacei o on-line, della sua zona. Con ogni probabilità le paghe non saranno generose, ma almeno avrà l'opportunità di sentirsi parte di un progetto, di confrontarsi con altre persone. E gradualmente seguire qualche evento di cronaca da raccontare attraverso la sua scrittura. Pensi anche se ha degli argomenti in cui si sente forte o specializzato e si proponga per quelli, se se la sente.
L'ansia è complessa e si manifesta attraverso una vastissima sintomatologia: a volte crea nella mente scenari catastrofici come la sensazione che qualcosa di terribile stia accadendo, morte compresa. Ma è tutto nella sua mente, sono solo pensieri e immagini, non è la realtà, nè verità di ciò che sta realmente accadendo, ora, in questo istante.
Di questo è importante si confronti e ne parli molto con la sua terapeuta che vedrà la rassicurerà allo stesso modo.
Riguardo alla terapia farmacologica sono frequenti pregiudizi e resistenze. Ne parli con la sua terapeuta. Livelli di ansia molto forti, oltre a "mangiarsi" giorno dopo giorno la sua vita, possono impedirle di affrontare efficacemente la terapia e un rientro graduale alla socialità. Si faccia consigliare, se non già fatto, dalla sua terapeuta uno\a psichiatra di fiducia che possa fornirle un supporto farmacologico mirato e circoscritto ad alleviare la fase acuta, tenga in considerazione che i farmaci necessitano del loro tempo per fare effetto ma possono veramente essere una valida stampella nei momenti di maggiore sofferenza. Si dia il tempo per pensarci, parlarne con la sua terapeuta, chiarire ogni suo dubbio con un eventuale psichiatra e decida cosa meglio per lei, senza precludere percorsi di cura, anche farmacologica, che la possono invece aiutare molto.
Sa perchè il suo racconto, riprendo le sue parole, è così lungo? Perchè non ci racconta la storia di una persona che si sta arrendendo, ma di una persona che vuole tornare a vivere.
Viva con gradualità il suo ritorno alla vita senza guardare indietro. Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo scrivere nuove pagine di un futuro migliore permettendoci anche di realizzare nuovi sogni.
Cordialità.
Utente
Dottoressa, la ringrazio moltissimo. Le sue preziose parole rappresentano un ulteriore stimolo per la mia rinascita. Grazie davvero.
Un caro saluto.
Un caro saluto.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 243 visite dal 03/12/2025.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.
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