Abuso emotivo porta a abuso fisico. cosa fare?
Sono in una relazione con un ragazzo da 3 anni.
Io gli voglio bene ed è la prima volta che rimango così tanto in una relazione.
Però non ce la faccio più, sono esausta, sempre sulla difensiva, non mi riconosco più e non so cosa sia vero e cosa no.
È una relazione difficile, ma quale relazione non ha bisogno di tantissimo impegno?
L’impegno e i sacrifici sono okay per me, ma mi sembra di non essere mai rispettata.
Gli ho detto chiaramente dopo il primo anno che non potevamo avere questa relazione perché avevamo bisogni e aspirazioni diverse, nonostante i valori simili.
Lui ha sempre fatto promesse che mi hanno fatta rimanere, ma non le ha mai rispettate.
Ogni volta gli chiedo perché questo bisogno di usare la mia fiducia (sarò stupida, ma mi fido troppo facile mente delle persone) per farmi rimandare in una relazione che tanto non funziona Lui dice che vuole stare con me e ogni volta dice che cercherà di seguire le promesse fatte.
Gli ho credito per 2 anni, ma adesso impazzisco.
Quando fa cosa che vanno totalmente contro ciò che abbiamo accordato, io divento aggressiva e ci sono state volte in cui gli ho tirato una sberla, un calcio, o spinto con molta aggressività.
Sono pienamente consapevole che l’aggressività sono io a doverla risolvere ed è colpa mia per aver alzato la mano, ma non so cosa fare.
Non ho le forze per andare via da una relazione per cui ho dato così tanto.
Inoltre, se mi dicesse semplicemente mi dispiace ma sono cose che non potrò mai fare, probabilmente dobbiamo lasciare andare entrambi, io accetterei e andrei via.
Piangendo, ma felice.
E invece sono io a dire queste cose e lui dall’altra parte dice di no, e continua a fare promesse e io continuo a credergli perché gli voglio bene.
(l’amore sto ancora scoprendo cosa sia - per questo non ho usato questa parola).
Io gli voglio bene ed è la prima volta che rimango così tanto in una relazione.
Però non ce la faccio più, sono esausta, sempre sulla difensiva, non mi riconosco più e non so cosa sia vero e cosa no.
È una relazione difficile, ma quale relazione non ha bisogno di tantissimo impegno?
L’impegno e i sacrifici sono okay per me, ma mi sembra di non essere mai rispettata.
Gli ho detto chiaramente dopo il primo anno che non potevamo avere questa relazione perché avevamo bisogni e aspirazioni diverse, nonostante i valori simili.
Lui ha sempre fatto promesse che mi hanno fatta rimanere, ma non le ha mai rispettate.
Ogni volta gli chiedo perché questo bisogno di usare la mia fiducia (sarò stupida, ma mi fido troppo facile mente delle persone) per farmi rimandare in una relazione che tanto non funziona Lui dice che vuole stare con me e ogni volta dice che cercherà di seguire le promesse fatte.
Gli ho credito per 2 anni, ma adesso impazzisco.
Quando fa cosa che vanno totalmente contro ciò che abbiamo accordato, io divento aggressiva e ci sono state volte in cui gli ho tirato una sberla, un calcio, o spinto con molta aggressività.
Sono pienamente consapevole che l’aggressività sono io a doverla risolvere ed è colpa mia per aver alzato la mano, ma non so cosa fare.
Non ho le forze per andare via da una relazione per cui ho dato così tanto.
Inoltre, se mi dicesse semplicemente mi dispiace ma sono cose che non potrò mai fare, probabilmente dobbiamo lasciare andare entrambi, io accetterei e andrei via.
Piangendo, ma felice.
E invece sono io a dire queste cose e lui dall’altra parte dice di no, e continua a fare promesse e io continuo a credergli perché gli voglio bene.
(l’amore sto ancora scoprendo cosa sia - per questo non ho usato questa parola).
Buongiorno,
Intanto grazie per la sincerità e per la profondità delle sue parole. Quello che ha scritto non è solo lo sfogo di una persona stanca, ma la voce di qualcuno che ha lottato con tutta se stessa per una relazione, e che oggi si trova davanti a un bivio esistenziale e affettivo. Mi risuona molto quello che ha scritto.
Dal punto di vista sistemico, le relazioni non vanno osservate in termini di colpa o colpevole , ma come sistemi dinamici, in cui ognuno si muove cercando di soddisfare bisogni profondi: di amore (anche se non ha usato questa parola), di sicurezza, di riconoscimento o di riparazione.
Ciò che colpisce nella sua storia è la dissonanza tra promesse e realtà, tra speranza e delusione, tra ciò che desidera e ciò che riceve. E in questo conflitto, lei si è consumata. Lo dice chiaramente: non si riconosce più, è sempre sulla difensiva, aggressiva, esausta. Questo è il segnale che la relazione è diventata un luogo di sopravvivenza, non più uno spazio di nutrimento reciproco.
Anche l’aggressività fisica (che ha il coraggio di nominare con consapevolezza) non va giustificata, ma neanche letta solo come colpa : è spesso l’ultima espressione disperata di una persona che si sente invisibile, ignorata, tradita nelle sue necessità profonde. Riconoscerlo è un primo passo, ma serve uno spazio terapeutico per comprenderlo, trasformarlo e imparare a proteggersi diversamente.
L'amore non è solo benevolenza o sacrificio. Amare davvero, anche quando stiamo ancora scoprendo che cos’è, include il diritto a non soffrire sempre. Lei scrive che se lui fosse onesto, se le dicesse chiaramente che non potrà darle ciò che promette, avrebbe la forza di andare via. Ma ogni promessa non mantenuta diventa una nuova trappola emotiva, un altro anello in una catena che la imprigiona più della verità.
La domanda non è tanto perché lui non mantiene le promesse? , ma: quante volte ancora dovrò restare dove non sono vista, pur di non sentirmi sola?
E, soprattutto: Chi potrei diventare, se mi ascoltassi davvero?
Se lo desidera, possiamo lavorarci insieme, anche online. Uno spazio terapeutico non è un tribunale: è un luogo sicuro in cui riconnettersi a se stessi e decidere, senza urla e senza colpa, da che parte stare.
Un caro saluto,
Intanto grazie per la sincerità e per la profondità delle sue parole. Quello che ha scritto non è solo lo sfogo di una persona stanca, ma la voce di qualcuno che ha lottato con tutta se stessa per una relazione, e che oggi si trova davanti a un bivio esistenziale e affettivo. Mi risuona molto quello che ha scritto.
Dal punto di vista sistemico, le relazioni non vanno osservate in termini di colpa o colpevole , ma come sistemi dinamici, in cui ognuno si muove cercando di soddisfare bisogni profondi: di amore (anche se non ha usato questa parola), di sicurezza, di riconoscimento o di riparazione.
Ciò che colpisce nella sua storia è la dissonanza tra promesse e realtà, tra speranza e delusione, tra ciò che desidera e ciò che riceve. E in questo conflitto, lei si è consumata. Lo dice chiaramente: non si riconosce più, è sempre sulla difensiva, aggressiva, esausta. Questo è il segnale che la relazione è diventata un luogo di sopravvivenza, non più uno spazio di nutrimento reciproco.
Anche l’aggressività fisica (che ha il coraggio di nominare con consapevolezza) non va giustificata, ma neanche letta solo come colpa : è spesso l’ultima espressione disperata di una persona che si sente invisibile, ignorata, tradita nelle sue necessità profonde. Riconoscerlo è un primo passo, ma serve uno spazio terapeutico per comprenderlo, trasformarlo e imparare a proteggersi diversamente.
L'amore non è solo benevolenza o sacrificio. Amare davvero, anche quando stiamo ancora scoprendo che cos’è, include il diritto a non soffrire sempre. Lei scrive che se lui fosse onesto, se le dicesse chiaramente che non potrà darle ciò che promette, avrebbe la forza di andare via. Ma ogni promessa non mantenuta diventa una nuova trappola emotiva, un altro anello in una catena che la imprigiona più della verità.
La domanda non è tanto perché lui non mantiene le promesse? , ma: quante volte ancora dovrò restare dove non sono vista, pur di non sentirmi sola?
E, soprattutto: Chi potrei diventare, se mi ascoltassi davvero?
Se lo desidera, possiamo lavorarci insieme, anche online. Uno spazio terapeutico non è un tribunale: è un luogo sicuro in cui riconnettersi a se stessi e decidere, senza urla e senza colpa, da che parte stare.
Un caro saluto,
Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483
Buongiorno,
la domanda che ha posto nell'oggetto della sua richiesta è molto chiara e centrata.
Tre anni sono decisamente un tempo troppo lungo per stare in una relazione disfunzionale, quindi, la risposta a "Cosa fare" è interrompere questo circolo.
Sul "come" farlo può farsi aiutare a capirlo in un percorso di psicoterapia: potrebbe non essere la fine della relazione l'unica soluzione. Potrebbe essere aiutata a rimettere equilibrio in ciò che non funziona. Oppure, se nulla cambia nella relazione, potrebbe raggiungere un grado di equilibrio suo interiore per cui non le sembrerà tanto faticoso allontanarsi da una situazione che non la fa stare bene.
In ogni caso, si faccia aiutare: la psicoterapia non le dirà cosa fare, ma la aiuterà a trovare il suo modo per stare meglio.
la domanda che ha posto nell'oggetto della sua richiesta è molto chiara e centrata.
Tre anni sono decisamente un tempo troppo lungo per stare in una relazione disfunzionale, quindi, la risposta a "Cosa fare" è interrompere questo circolo.
Sul "come" farlo può farsi aiutare a capirlo in un percorso di psicoterapia: potrebbe non essere la fine della relazione l'unica soluzione. Potrebbe essere aiutata a rimettere equilibrio in ciò che non funziona. Oppure, se nulla cambia nella relazione, potrebbe raggiungere un grado di equilibrio suo interiore per cui non le sembrerà tanto faticoso allontanarsi da una situazione che non la fa stare bene.
In ogni caso, si faccia aiutare: la psicoterapia non le dirà cosa fare, ma la aiuterà a trovare il suo modo per stare meglio.
Dr.ssa Paola Cattelan
psicoterapeuta Torino
pg.cattelan@hotmail.it
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 536 visite dal 11/07/2025.
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