Se, come e perchè iniziare un percorso di psicoterapia

Gentili Dottori, scrivo per chiedere se un percorso (e quale) di psicoterapia potesse essere utile nella mia situazione. Ho 28 anni e da circa due anni, se non di più, mi trovo in una situazione per me insostenibile. Non ho mai avuto una diagnosi di alcun genere, dal momento che non mi sono mai rivolta ad un medico specializzato, ma ritengo di soffrire di un'ansia piuttosto profonda. Ne ho parlato con il medico di base e mi è stato prescritto Alprazolam (10 gocce al bisogno). Me ne vergogno, ma ho iniziato ad automedicarmi con almeno 15 gocce al mattino e 30 la sera, solo per riuscire ad uscire di casa al mattino e trovare la forza di entrare al lavoro, e per calmarmi abbastanza da potermi addormentare alla sera. Le sensazioni di ansia, nervosismo, paranoia, agitazione, vergogna, senso di colpa (costante, ma spesso ingiustificato) e inadeguatezza mi accompagnano ogni giorno, ogni volta che mi trovo in presenza di qualcuno. Sono ormai incapace di concentrarmi su qualsiasi cosa e la procrastinazione è diventata la norma. L'unico desiderio che ho è rimanere da sola, in casa, con la televisione ad annebbiarmi i pensieri. Scrivo oggi perchè è la prima volta che un attacco acuto di ansia (non so se si sia trattato di un vero e proprio attacco di panico o meno: vertigini improvvise, nausea, tachicardia, il tutto scatenato da un commento negativo nei miei confronti, sentito per caso) mi ha costretta a lasciare il lavoro e rifugiarmi a casa (ho assunto 35 gocce di Xanax fuori programma, d'impulso e senza controllo, e l'averlo fatto mi spaventa) prima di lasciarmi andare in qualche dimostrazione imbarazzante. Sono una ricercatrice agli inizi di carriera, ma il pensiero di recarmi al lavoro mi paralizza ogni mattina, mento ai miei superiori su lavoro che non sono riuscita a svolgere per il terrore di un risultato negativo e paradossalmente passo tutto il mio tempo (sia lavorativo che libero) a inventarmi modi per non pensare. Devo avere musica, film, televisione, qualunque cosa pur di non rimanere sola con i miei pensieri e, onestamente, non riesco più a gestire la situazione. Ho (altra autodiagnosi) grosse difficoltà di socializzazione (non ho amici su cui contare, vivo sola, vivo con grossa difficoltà la mia situazione lavorativa a causa di screzi con colleghi di lunga data che non accennano a risolversi e del terrore di deludere il mio superiore, che ha speso obiettivamente molte risorse per la mia formazione), ho anche pensato di rivolgermi ad una linea di ascolto, pur di sentirmi dire che c'è davvero qualcosa che posso fare per riprendere il controllo. Ciò che cerco, al momento, è la possibilità di riprendere il controllo di me stessa per poter tornare alle potenzialità di un tempo. O anche solo come accennare a questi miei problemi con il mio superiore (l'unica persona che mi preoccupo davvero di deludere, al momento).

Da dove posso cominciare?

Ringrazio per qualunque consiglio possiate darmi e per qualunque strada possiate indicarmi. A presto.
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Paura di deludere un superiore, sintomi di angoscia, tendenza ad evitare le situazioni che teme, auto-medicazioni: il disagio che esprime è importante, e sta attirando decisamente la sua attenzione.

Ci chiede "se, come e perchè iniziare un percorso di psicoterapia". Cerco di fornirle alcune informazioni a riguardo.

"Perchè" iniziare una terapia: perchè se ne sente il bisogno. Lei ha finora tentato diverse soluzioni al disagio che avverte, che fondamentalmente si potrebbero riassumere in "cercare di evitarlo". Di per sè non sono nè giuste nè sbagliate: sono le sue soluzioni. Ma hanno dato i risultati da lei sperati?

"Se" iniziare una terapia: se si valuta che, mettendo "sul piatto" pro e contro, il valore personale che da ai "pro" supera i costi che si troverà ad affrontare per fronteggiare i "contro". Quali sono per lei "pro" e "contro" del cominciare un percorso di terapia?

"Come" iniziare un percorso di terapia: informandosi, come sta facendo lei. A tal proposito, le allego il link ad un articolo che abbiamo scritto per fornire un panorama di alcuni tra i principali orientamenti alla psicoterapia attualmente attivi:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

Sono diverse strade per aiutare chi soffra di un qualche disagio ad affrontare le proprie difficoltà. Valuti se tra gli orientamenti proposti ne riscontra qualcuno che la incuriosisce, in cui si riconosce, che descrive meglio di altri la sua esperienza personale.

Il passo successivo è, nel caso in cui lei decida di approcciare ad una terapia, "sperimentare". Cioè fissare qualche appuntamento, magari previo contatto telefonico, per vedere "di persona" di cosa stiamo parlando.

"Sulla carta si canta la musica": cercare di risolvere i propri problemi "nella propria testa" è come immaginare di suonare un bel pezzo al pianoforte. Magari nella sua mente il suono sarà brillante e chiarissimo, ma nella stanza intorno a lei non produrrà neppure una nota.

Cordialmente
[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dott. Calì, la ringrazio per la rapida risposta.

Ho letto con interesse l'articolo che mi ha suggerito ed ho visitato il suo sito. Come già avevo intuito dalle richerche che ho fatto su internet (l'unico mezzo di ricerca a mia disposizione, putroppo ma anche per fortuna, visto che non avrei saputo dove altro rivolgermi), sarei propensa alla terapia cognitivo-comportamentale. Il problema, però, è ancora più a monte, a mio parere. Al momento sento che ciò che più mi servirebbe sarebbe per lo meno una diagnosi, o ciò che più gli va vicino. Sentire qualcuno competente nel campo dirmi "Signorina, lei soffre di...". Mi darebbe un punto di partenza. Il disagio che sento è lì ed è più che vero, ma al momento (come dice lei) è solo dentro di me e non ho la capacità di gestirlo da sola. Mi rendo perfettamente conto che l'evitamento è assolutamente controproducente: chiudermi in casa aiuta, certo, ma io *ho* un lavoro e ho *bisogno* di quel lavoro, ho necessità di essere produttiva per mantenerlo e onestamente non avrei il coraggio di lasciarlo per un altro (il senso di colpa sarebbe "letale", dopo tutto quello che quel posto ha fatto per la mia carriera accademica). D'altra parte, però, è lo stesso lavoro ad essere uno dei veleni che mi ha causato tutti questi problemi e non vorrei fare altro che cambiare aria al più presto. Non so capire se anche questo problema di difficoltà di abbandono sia legato a tutto il resto, e non so bilanciare il desiderio di liberarmene con il senso di colpa che so mi provocherebbe il farlo.

Seguo il suo consiglio. Ho passato la notte (insonne, putroppo) a cercare contatti per psicologi/psicoterapeuti nella mia zona e ne contatterò uno.

La ringrazio ancora.

G.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"Me ne vergogno, ma ho iniziato ad automedicarmi "

Gentile Amica,

non ha nessun motivo per vergognarsi.
la sua storia è quella di molti altri che, recandosi dal medico di base, ne escono senza una diagnosi ma con un prescrizione di psicofarmaci che finiscono col gestire da soli, non avendo trovato una risposta adeguata alla propria richiesta d'aiuto.
Lei non ha quindi alcuna colpa nè motivi di pensare che il suo comportamento sia censurabile, è perfettamente comprensibile - e anche purtroppo molto comune - che i casi gestiti in questo modo abbiano questo epilogo, sbrigativo e dannoso.
La stessa cosa succede anche nei casi di presunta depressione:
www.medicitalia.it/fmassaro/news/668/DEPRESSIONE-troppe-diagnosi-e-troppi-farmaci

Contattando uno psicologo e sottoponendogli la sua situazione farà la cosa migliore per sè stessa, le auguro di risolvere il problema e spero che ci farà avere sue notizie positive.

Cordialmente,
[#4]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dott.ssa Massaro, ringrazio anche lei per la rassicurante risposta.

Il problema del medico curante è esattamente quello che lei descrive. Mi ero recata da lei per quest'ansia costante e alla domanda "C'è qualcosa che ti stressa al momento?", ovviamente non ho potuto rispondere "tutto, qualunque cosa, dal mattino quando mi alzo alla sera quando cerco di addormentarmi", ma solamente quello che mi sembrava più rilevante, cioè "ho un lavoro stressante a tempo pieno e una tesi di dottorato da finire". Non la biasimo affatto per non aver approfondito la questione, mi conosce dall'infanzia come persona piuttosto determinata, e dopotutto non è la sua specialità. Anzi, mi ha prescritto a malincuore lo Xanax, dicendomi chiaramente "Cerca di non prenderne troppo!". Il problema è che io non sono più la stessa persona determinata che ero un tempo. Ho perso le redini di ciò che ero molto tempo fa e non riesco a capire come rimettermi in sella e vivere una giornata normale. Perchè, suppongo, uscire al mattino con l'unico pensiero di "non vedo l'ora che siano le 6.30 così posso tornare a casa" o svegliarmi il lunedì terrorizzata dall'avere un'intera settimana di fronte prima di un nuovo weekend da sola, NON E' NORMALE. Anche se sono profondamente convinta di avere bisogno di un aiuto psicologico, sono restia a chiederlo perchè sarebbe ammettere la mia debolezza più grande a qualcuno che non sia io stessa (e questo contesto on line non conta, voi siete... estranei, e medici per di più, non vi associo ad una "confessione" pubblica come potrebbe essere quella ai miei genitori o ai miei superiori).

Questa notte è stata insonne, dolori di stomaco, nodo alla gola, ho pianto dopo non so quanto tempo, solamente perchè ieri sera, in preda al panico, ho scritto una mail al mio superiore chiedendole un giorno di malattia per oggi e in più le ho accennato al fatto che vorrei parlarle del mio calo di rendimento lavorativo dovuto a questi problemi che sto avendo. Lei è una persona molto pragmatica (non so quante volte le ho sentito dire "Io non voglio sapere nulla della vostra vita al di fuori di questo laboratorio!"), ma quando i problemi personali danneggiano ciò che dovrebbe essere puramente lavorativo, allora abbiamo un problema. Un problema a cui non so come reagirà e che al momento mi ha solo aumentato il livello di ansia. Non ho ancora deciso se ho fatto un grave errore o meno ad accennarlo, o quanto stia ingigantendo la prospettiva di una sua reazione negativa. Il fatto che non lo saprò fino a domani mattina(invece di un confronto diretto che avrei potuto avere se fossi riuscita ad uscire di casa oggi. Via il dente, via il dolore, subentra la vergogna), è solo un altro piccolo pezzetto di diavolina nel camino.

Ho letto un ulteriore articolo che, nonostante tutto, mi ha fatto sorridere:

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/631-e-solo-ansia-stia-tranquillo.html.

Eh.

<i>"come se questo fosse frutto della sua fantasia o un qualcosa che può sconfiggere con la “forza di volontà”: si tratta infatti di un’affermazione paradossale, perché se chi è colpito dall’ansia (o dallo stress) riuscisse a calmarsi e a tranquillizzarsi da solo il problema non esisterebbe;"</i>

Se avessi avuto un euro ogni volta che mi sono detta o sentita dire "calmati", "è solo un po' di stress, passerà", "tutte cavolate, devi solo non pensarci", adesso sì che non avrei più bisogno di andare al lavoro e potrei crogiolarmi tranquilla nella mia ansia di origine sconosciuta. Non pensare agli elefanti! Qual è la prima cosa che ti viene in mente? E' per questo che cerco sempre di avere le orecchie impegnate ad ascoltare qualcosa. Nemmeno i libri aiutano più.

Come accennato sopra, ho cercato contatti su internet e ho trovato una Dottoressa nella mia zona, specializzata nella terapia breve strategica, che potrebbe essere il primo passo nell'imparare la gestione dell'ansia acuta, per poi magari passare ad indagarne le cause profonde. Ho appuntamento per domani mattina.

Farò sapere.

Ringrazio ancora.

G.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Gentile ragazza, il suo problema è che si fascia la testa prima di rompersela. Persino il suo bisogno di "avere una diagnosi" prima di curarsi è un tentativo per riuscire a preoccuparsi in anticipo. Deve imparare a disfarsi di quest'abitudine perniciosa, che le provoca solo ansia ed esaurimento.

Ciò che deve fare è iniziare a vincere questa tendenza, compiere il primo passo e fare un primo colloquio con uno specialista che le dia fiducia. Nella vita non tutto si può avere in anticipo, in astratto. Molte volte bisogna prima rompere le uova per fare la frittata.

Utilizzi il link che le ha sottoposto il collega, faccia delle telefonate e poi si faccia fare una valutazione attraverso un primo colloquio con uno psicologo psicoterapeuta. Da lì potrete decidere se e come procedere.

E comunque, anche se potrebbe aver bisogno di una psicoterapia, non è detto che la psicoterapia con lei funzionerà, potrà saperlo solo di persona.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#6]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114

L'errore della sua dottoressa non è stato quello di non approfondire (non si può pretendere che un medico di base abbia il tempo di gestire tutti i pazienti che ha, molti dei quali soffrono di malesseri psicosomatici e psicologici, approfondendo i problemi di ognuno), ma quello di liquidarla con una prescrizione senza invece inviarla ad uno psicologo o eventualmente ad uno psichiatra.

L'atteggiamento della sua superiore sul lavoro non è dei migliori, perchè non elimina i problemi e anzi procura ulteriore stress a chi sta passando un brutto periodo e non è certo in grado di vivere a compartimenti stagni.
Credo che per lei aver preso un giorno di ferie sia quasi un'onta, da come ne parla, e che magari in generale pretenda troppo da sè stessa.
Questo può essere in parte alla base della sua ansia, che migliorerà quando lei accetterà di non rincorrere sempre standard elevatissimi e di poter avere quelle che lei chiama "debolezze" - che in realtà sono sintomi e vanno trattati come tali, e non hanno nulla a che fare con il fatto che una persona sia forte o debole.
Anzi, a volte sono proprio le persone forti a sviluppare questi disturbi, perchè hanno retto per troppo tempo situazioni faticose e impegnative pretendendo troppo da sè stesse, finchè arriva il momento del crollo.
[#7]
dopo
Utente
Utente
Dottor Santonocito, sono d'accordo con lei che molte volte una diagnosi affrettata in un campo così vasto e complesso come i disordini della sfera psichica possa essere dannosa; credo, anche se non sono esperta in materia, che molti di essi si sovrappongano, si mescolino e non siano del tutto definibili da nessun criterio diagnostico specifico. Però...lo scopo del medico non è anche quello di valutare un paziente che si presenta con dei sintomi e dirgli "Lei potrebbe soffrire di..." e poi "Questo disturbo si potrebbe curare/trattare così..". Io non sto cercando una pillola miracolosa o un trattamento miracoloso una seduta=una guarigione. Però sono sicura che qualcuno che mi dica "Lei soffre di fobia sociale/ansia generalizzata/DAP/qualsiasi cosa possa mai essere quello che obiettivamente ti sta logorando" oppure "Lei non ha assolutamente niente, questa è una normale risposta fisiologica allo stress a cui è sottoposta" possa contribuire positivamente al mio ritorno alla normalità. Onestamente, sono convinta che le persone che presentano sintomi di malattia si preoccupino molto di più prima di sapere che cos'hanno, che non dopo averlo saputo, quando hanno chiaro il quadro di cosa possono fare per guarire. Non siamo su Dr. House, che prova 26 cure a caso prima di scoprire qual è la vera malattia. Questa è la vita vera, e sono convinta che la diagnosi debba venire prima della scelta della cura. Ovviamente, per una diagnosi, bisogna scegliere il medico giusto (noti bene, non quello più incline a dare la risposta che vogliamo sentire, ma semplicemente non un urologo per un problema di attacchi di panico, per intendersi. Cercavo più una risposta del genere "Dato ciò che descrive io consiglierei uno psicologo, uno psichiatra o uno psicoterapeuta"), farsi vedere e capire cosa c'è che non va. L'autodiagnosi su Wikipedia non è la strada giusta, ed è per questo che ho chiesto se e come iniziare a cercare una giusta strada per la psicoterapia. Forse avrei dovuto escludere il perchè...visto che se ho chiesto come, il perchè è ovvio.

Grazie, saluti.

G.
[#8]
dopo
Utente
Utente
Dottoressa Massaro,

"L'atteggiamento della sua superiore sul lavoro non è dei migliori, perchè non elimina i problemi e anzi procura ulteriore stress a chi sta passando un brutto periodo e non è certo in grado di vivere a compartimenti stagni."

Le riporto una frase che ho scritto nella mail che le ho citato:

"...nell'ultimo anno ho avuto diverse difficoltà di origine personale che hanno fatto riaffiorare problemi di ansia e che, per quanto abbia provato, non sono riuscita a compartimentalizzare abbastanza da impedire che uscissero dalla sfera privata e che influenzassero negativamente il lavoro..."

In sette anni che lavoro con questa persona, credo di averla vista prendere uno o due giorni di malattia in tutto. La ammiro per questo, ma il non essere in grado di adeguarmi al suo standard mi crea grossi problemi.

Ora, non starò a tediarvi ulteriormente, questo non è un servizio di terapia online.

Vi ringrazio molto della vostra disponibilità, posso dire che nell'immediato mi ha aiutato a tranquillizzarmi in questa giornata un po' dura.

G.
[#9]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le ragazza,
è possibile che nel suo caso sia consigliabile un'integrazione tra la terapia farmacologica, a condizione che lei si impegni a rispettare la posologia della prescrizione fatta dallo specialista (psichiatra/neurologo),
con una psicoterapia. A questo proposito le consiglio la lettura del seguente articolo, nella speranza che possa affrontare la psicoterapia non come un intervento chirurgico ma come un processo che la coinvolgerà in prima persona:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#10]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Onestamente, sono convinta che le persone che presentano sintomi di malattia si preoccupino molto di più prima di sapere che cos'hanno, che non dopo averlo saputo, quando hanno chiaro il quadro di cosa possono fare per guarire.
>>>

È vero, ma tale preoccupazione è giustificata soprattutto per i problemi in cui, fatta la diagnosi, la terapia consegue immediatamente. Siccome l'essere umano vuole sicurezza e tende a semplificare, di solito si crede che anche per i problemi psicologici le cose funzionino in questo modo.

Invece, nel nostro campo, è un fatto che l'atteggiamento che la persona ha nei confronti del suo disagio non solo può contribuire ad alimentarlo, ma spesso "tradisce" altre informazioni sulla natura del disagio stesso.

Senza stare a farle una diagnosi, nel suo caso è possibile ipotizzare che si tratti di una tendenza ossessiva, ovvero, come le dicevo, a preoccuparsi e a rimuginare più del necessario. L'ossessività si manifesta con un intenso bisogno di controllo, ad esempio sentendo di doversi informare molto sulle cose, nell'illusione che saperne di più contribuirà di per sé a tirarcene un po' fuori. E invece cosa succede? Che più si leggono descrizioni di quadri sintomatologici su Wikipedia e più ci s'impaurisce.

Molte persone ci chiedono "Cos'ho?" credendo che, una volta che l'avranno saputo, non avranno bisogno di altro. Errore. È solo una manifestazione della loro ansia ossessiva. È per questo che raccomandiamo "deve andare dallo specialista", non perché ci piace essere ripetitivi.

Ora le è più chiaro?

>>> Cercavo più una risposta del genere "Dato ciò che descrive io consiglierei uno psicologo, uno psichiatra o uno psicoterapeuta"), farsi vedere e capire cosa c'è che non va.
>>>

Se legge un bel po' delle risposte che diamo, vedrà che questa è proprio la cosa che diciamo più di frequente, e di solito anche quella che piace di meno e viene meno apprezzata.

E anche con lei non siamo stati avari: le abbiamo detto esplicitamente di rivolgersi a uno specialista per valutare l'eventualità di una psicoterapia. Le abbiamo anche fornito dei link per informarsi meglio. Più chiari di così... Ora però deve fare il primo passo e chiedere un colloquio, altrimenti tutte queste rimarranno solo parole a vuoto.

Cordiali saluti
[#11]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottore, rileggendo la mia replica di prima, mi rendo conto di essere stata un po' più petulante di quanto volessi essere in realtà. Mi scuso, accenni di polemica erano del tutto involontari. Non ho assolutamente criticato nè alluso a mancanza di collaborazione da parte vostra (anzi...cinque risposte in mezza giornata, è già molto più di quanto sperassi). Quello che volevo chiedere con il desiderio di essere "indirizzata" è "quale specialista?", non sapendo chi esattamente si occupa di cosa, non avendo avuto indicazioni dal medico di base e avendo solo internet come altra risorsa (brutta, brutta cosa, a volte). Ho ascoltato i vostri consigli e ringrazio.

Cos'ho. Si, ammetto di volerlo sapere. Io so "come sto", ma non so "perchè". Ma voglio sapere perchè. Volere sapere "perchè" ha sempre fatto parte della mia vita (non per niente faccio ricerca di base), e forse devo imparare a chiederlo un po' meno, ha ragione. Meno "perchè" e più "come", forse. Non so (ancora). E non è nemmeno una questione di perchè, a breve termine, è solo... dargli un nome, sapere che c'è, che è lì, che si può far qualcosa a riguardo, indipendentemente da quanto ci si possa mettere per arrivare dall'altra parte. Almeno c'è un "...." invece di solo un "qualcosa che non va". Se poi anche questo desiderio di conoscere le cause del proprio disagio fa parte del disagio stesso, sarò ben felice di essere illuminata a riguardo, e di fare un ulteriore passo verso il non farmi più tante domande e affrontare ciò che viene.

Mi creda, mi creda. Non mi illudo che la telefonata e il fissaggio (?) dell'appuntamento mi dimezzino l'ansia all'istante, nè che tre sedute di qualsiasi terapia possa mai decidere di fare mi facciano diventare Bobby McFerrin. Farò (cercherò, per carità. Lungi da me fare progetti a lunga scadenza) di fare il meglio possibile per capire cosa è meglio per me e per stare meglio. Questo è il mio unico obiettivo, tornare un po' di più la vecchia me. Se si può stare peggio di così (e sono sicura di si), non lo voglio sapere.

Però le dico, l'ho fatto il primo passo.

Cito, da qualche post sopra:

"
Come accennato sopra, ho cercato contatti su internet e ho trovato una Dottoressa nella mia zona, specializzata nella terapia breve strategica, che potrebbe essere il primo passo nell'imparare la gestione dell'ansia acuta, per poi magari passare ad indagarne le cause profonde. Ho appuntamento per domani mattina. "

Ringrazio ancora, tutti voi.
[#12]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le ragazza,
credo che questa consulenza on line le abbia permesso di mettere a fuoco alcuni aspetti che poi potrà affrontare in psicoterapia per comprendere il significato del suo disagio.

In bocca al lupo
[#13]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Ok, non c'è alcun bisogno che si scusi.

>>> dargli un nome
>>>

Sì, dare un nome alle cose serve a darci sicurezza, ciò che fa paura è tutto ciò che non ha un nome. E se nel suo caso il bisogno è così pressante, potrebbe davvero essere un'indicazione aggiuntiva sulla natura del disagio. Non glielo posso dire con sicurezza senza vederla, ma basandomi sull'esperienza le dico che è probabile che sia così.

>>> il fissaggio
>>>

o LA FISSATURA ^___^

Complimenti per aver fissato, poi ci tenga aggiornati.

Cordiali saluti
Ansia

Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.

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