Disturbo alimentare

Buongiorno,sono una ragazza di 21 anni e da circa 3 anni ho un rapporto a dir poco conflittuale con il cibo. Sono attualmente seguita da una psicologa esperta in disturbi del comportamento alimentare,perchè mi rendo conto che sicuramente c'è qualcosa che non va nel mio rapporto con il cibo,lo capisco che non è normale. però non riesco ad accettare la diagnosi che mi è stata fatta. attualmente,se ci basiamo solo sui numeri,sono assolutamente normopeso anche se,guardandomi,sono evidenti parecchi kg che andrebbero tolti. in ogni caso, prima di ripristinare il peso a questo livello, sono stata sottopeso a causa di un'alimentazione eccessivamente ristretta e di digiuni. dopo un ricovero ospedaliero per depressione associata a questa situazione,ho appunto ripreso peso. quando sono stata ricoverata non ero seguita da nessuno,perchè non credevo di averne bisogno. poi,una volta dimessa,sono stata obbligata a rivolgermi ad uno psicologo e così sono andata da una psicologa senza alcuna specializzazione per i disturbi alimentari,perchè non credevo di essere io il caso. non mi sono trovata bene,il mio unico pensiero era il cibo ed il mio peso ma non riuscivo ad esprimere il mio disagio perchè mi sentivo ridicolizzata dalle sue parole,che non facevano altro che sminuirmi. dopo parecchi mesi ho interrotto il rapporto terapeutico. le ossessioni per il cibo e lo schifo per me stessa e per questo corpo obeso,nonchè il controllo ferreo della mia alimentazione, sono andati avanti in tutto questo periodo. presa dalla disperazione,alcuni mesi fa ho accettato di rivolgermi ad una psicologa esperta in dca. lei mi dice che soffro di anoressia,ma non penso sia il caso. sono sovrappeso,mi faccio schifo per quanto sono grassa,come può affermare una cosa del genere? poi l'anoressia è una malattia seria,io non credo di essere malata, sono solo in difficoltà credo. seguo ancora un regime alimentare restrittivo,sempre sotto le 1000 calorie,ma nonostante questo non riesco a dimagrire. questo non è di vostra competenza,lo so,ma sapete come sia possibile? non è possibile non dimagrire mangiando così poco! questo mi manda ancora più in paranoia, ho il terrore di non riuscire più a perdere altro peso! mangio ogni giorno le stesse cose,gli altri alimenti mi spaventano troppo per provare a reinserirli nella dieta. penso solo a cibo,calorie e peso. la mia vita è solo questo. non ho concentrazione per studiare,non sto combinando niente,riesco solo a pensare a questo. e quindi mi rendo conto che c'è un problema,è impossibile negarlo,mi sento troppo male. però come fa a dirmi che è anoressia? gliene ho parlato,lei afferma che sono io che nego l'evidenza. e allora mi chiedo se davvero sono io che nego o se è lei che formula diagnosi sbagliate, per questo chiedevo altri pareri.
vi ringrazio
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Dr.ssa Federica Meriggioli Psicologo, Psicoterapeuta 354 3 9
Gentile ragazza,
da qui e senza un rapporto vis a vis non è possibile formulare una diagnosi nè mettere in dubbio quanto fatto con la sua terapeuta.

Di certo, come anche lei stessa afferma, il suo rapporto con il cibo è molto ambivalente e forse è proprio questo l'aspetto centrale.

Che poi si tratti di anoressia o di un altro disturbo dell'alimentazione, per lei che differenza fa? Non è dando un nome al suo problema che troverà una soluzione.

Le suggerisco di proseguire il percorso terapeutico intrapreso al fine di prendere in considerazione il suo stato di malessere e identificare un percorso che le consenta di vivere più serenamente.

Cordiali saluti

Dr.ssa Federica Meriggioli - Psicologa Psicoterapeuta
Via Roma 131, Spinea Ve
Tel. 3498534295 www.federicameriggioli.com

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Uno dei segni distintivi della persona anoressica è che, sebbene i dati dicano che non sia affatto grassa, lei è assolutamente convinta di esserlo.

Se i dati che ha inserito sono esatti può osservare che lei risulta leggermente sottopeso. Eppure è convinta di avere tanti chili da perdere.

Non siamo in grado di confermarle se la diagnosi di anoressia che ha ricevuto sia corretta o meno, ma la convinzione di essere grasse, quando invece non lo si è, è certamente uno dei segni dell'anoressia.

Anoressia o non anoressia, 1000 calorie sono comunque troppo poche per una ragazza della sua età.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#3]
dopo
Attivo dal 2011 al 2013
Ex utente
vi ringrazio per le pronte risposte.
non sto cercando un nome al problema,il fatto è proprio questo! sto cercando di NON dare un nome specifico al problema,che sarebbe quello che si fa con una diagnosi. che il nome sia anoressia o disturbo alimentare qualsiasi,poco cambia, è proprio la denominazione disturbo alimentare che credo non calzi. cioè,a tratti mi rendo conto che potrebbe sembrare ottuso o infantile come ragionamento,ma non voglio che si pensi che ho un disturbo alimentare. sono disposta a dire che ho un problema,che non sto bene o che ho difficoltà a gestire l'ansia,però non riesco nemmeno lontanamente ad accettare,anche solo tra me e me,che possa davvero essere un disturbo alimentare. non so perchè do tutta questa importanza alla "categoria",è che quelle parole mi sembrano tropppo forti diciamo. non so se mi sono spiegata,scusate la confusione..
[#4]
Dr.ssa Federica Meriggioli Psicologo, Psicoterapeuta 354 3 9
non riesco nemmeno lontanamente ad accettare,anche solo tra me e me,che possa davvero essere un disturbo alimentare.

Forse è questo il primo passaggio che deve fare, riconoscere l'identità del suo problema; molto spesso si cerca di accettare definizioni generiche come "ho un problema o non sto bene" proprio per evitare di prendere in considerazione il punto cruciale.

Ciò è comprensibile perchè è un riconoscimento che può comportare un certo grado di sofferenza, ma anche perchè il disturbo in sè può avere qualche funzione protettiva. Riconoscerlo e risolverlo comporta il doversi mettere in discussione e a nudo, prima di tutto con se stessi.

Cordialmente
[#5]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
C'è del vero in quello che dice, ma va specificato meglio.

Quella di "disturbo alimentare" è una definizione di comodo, perché questa classe di disturbi si esprime con sintomi del comportamento alimentare, ma le radici stanno altrove.

Quasi sempre le persone con Dca risentono di una vita relazionale e affettiva appiattita, insoddisfacente o inesistente. A volte finiscono per lasciarsi coinvolgere in legami d'amicizia (patologica) con persone che soffrono dello stesso disturbo, ma fuori di quello, se si va a vedere, c'è poco o nulla.

Guarda caso nel cervello i centri del piacere sessuale e alimentare sono quasi coincidenti.

La restrizione autoimposta è anche un modo per assolvere a un bisogno di controllo ossessivo. Come in ogni ossessione, avere l'illusione di controllare ciò che ci succede, rassicura. Non solo, molte ragazze anoressiche, attraverso il loro disturbo, riescono a tenere in scacco e controllare anche il resto della famiglia. Ma non so se questo sia il suo caso, le sto solo riportando alcuni dati.

Legga questi articoli senza far caso all'etichetta "anoressia", potrà senz'altro trovare qualcosa per informarsi:

http://www.giuseppesantonocito.it/art_anoressia.htm

http://www.giuseppesantonocito.it/news.htm?m=144

http://www.giuseppesantonocito.it/news.htm?m=409

http://www.giuseppesantonocito.it/news.htm?m=375

Cordiali saluti
[#6]
dopo
Attivo dal 2011 al 2013
Ex utente
vi ringrazio ancora per le risposte.
mi costa tanta,tanta fatica anche solo pensare di ammetterlo,ma forse avete ragione. cioè,io non metto in dubbio l'esperienza di nessuno,quindi dal punto di vista razionale mi è evidente che ciò che dite è più che fondato e che,lavorando nel campo,è sicuro che conosciate determinati meccanismi mentali meglio di me,che non ho alcuna esperienza se non quella personale.

in particolare,il punto toccato dalla dott meriggioli è davvero dolente. non nego di avere un problema,lo so e lo dico tranquillamente. ma lasciarlo vago in questo modo,in un certo senso mi illude,se vogliamo,che non sia poi niente di che e che,anzi,sono io che mi lamento troppo e che quindi dovrei solo gestire un pò meglio la situazione. sono piena di ambivalenze,per quanto riguarda questo argomento: a tratti mi sembra di non poterne più di questa schiavitù,in altri momenti invece mi sembra una vera e propria salvezza. non mi capisco nemmeno io.

per quanto riguarda gli articoli che il dott santonocito mi ha consigliato di leggere,li ho letti e devo ammettere di essermi ritrovata in diversi aspetti: la rigidità nel pensiero,che se si tratta di cibo sfocia proprio in veri e propri rituali ed ossessioni,come anche i tratti della personalità indicati o la correlazione con la sfera sessuale (o non-sessuale,si potrebbe dire,dato che non ho alcun tipo di pulsione e,molto spesso,sono anzi terrorizzata dall'idea che qualcuno possa avvicinarsi troppo a me e "invadere" il mio spazio o anche solo pensarmi sotto una certa ottica).

queste cose continuano a confondermi,però. e a non convincermi a pieno. non riesco a capacitarmene,davvero.

volevo poi,se possibile,chiedere un'altra cosa. la psicologa dalla quale sono in cura,mi ha inviato da una psichiatra per un consulto,in quanto ritiene che il "sintomo",come lo definisce lei,sia tanto forte da ostacolare un utile percorso terapeutico,perchè la mia mente è occupata solo da quello e dai rituali intorno al cibo,in modo quasi invalidante e sono costantemente senza forze dal punto di vista mentale e davvero disperata. è vero,penso solo ed esclusivamente a questo ogni singolo istante e realmente ci sono momenti in cui sono talmente esasperata che preferirei morire che dover sopportare questa situazione,ma i farmaci non mi convincono. la psichiatra vorrebbe prescrivermi qualcosa per alleviare tutta questa rigidità e controllo ossessivo e poi degli antidepressivi per l'umore costantemente a terra. devo prima portarle tutta una serie di analisi per controllare che non ci siano problemi per la somministrazione.
io però ho paura a prendere qualcosa,il primo psichiatra da cui andai mi imbottì di farmaci che mi fecero prendere tantissimo peso molto rapidamente senza cambiare il mio assetto mentale,con il risultato che ero più disperata di prima. e avevo sempre la terribile sensazione di non avere più il controllo su di me. la psichiatra mi ha rassicurato in questo senso,dicendo che mi darà dei farmaci diversi,ma anche il primo mi aveva detto tante belle parole vuote prima di fregarmi così. non reggerei di nuovo una situazione come quella. inoltre,prendere delle medicine mi sembra,ancora una volta,sinonimo di malattia-si prendono medicine per curare le malattie-ma io non sono malata,solo che non sto bene! sarebbe un fallimento: siamo dovuti ricorrere alle medicine perchè da sola non ci riesco, non voglio essere quella che non ci riesce!
sono solo molto confusa. e preoccupata di perdere di nuovo il controllo o di ingrassare.
della psicologa mi fido,quindi in teoria dovrei fidarmi anche della psichiatra che mi ha consigliato? non so nemmeno se c'è davvero una domanda in tutto questo sproloquio. è solo che non voglio stare male,voglio stare bene,davvero.
[#7]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
I farmaci sono un mezzo, la psicoterapia un altro. Uno psicoterapeuta competente è in grado di ammorbidire o eliminare le rigidità ossessive che impediscono progressi su altri fronti, senza uso di farmaci. Anzi, sono proprio queste rigidità che devono essere eliminate prima di lavorare sul resto.

Ciò non esclude che anche dei farmaci possano tornarle utili, ma questa è una decisione che non possiamo prendere al suo posto, da qui.

A occhio e croce ho l'impressione che la sua psicologa, con la quale certamente avrà costruito un buon rapporto, si sia arenata proprio sull'aspetto ossessivo e che non riesca a procedere oltre. Le ossessioni richiedono un trattamento specifico e non tutte le forme di psicoterapia sono ugualmente attrezzate al riguardo.

Cordiali saluti
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Dr.ssa Federica Meriggioli Psicologo, Psicoterapeuta 354 3 9
Gentile ragazza,
solo lei può liberamente decidere se vuole "rischiare" di fidarsi della sua terapeuta e della psichiatra, così come solo lei può decidere di assumere dei farmaci.
Forse ha toccato qui anche il punto centrale delle difficoltà che la ostacolano nel suo percorso terapeutico: il tentativo quasi disperato per non lasciare il controllo assoluto e totale e il rimuginare quasi ossessivo.
Provi a rileggere lei stessa il suo post da cui emerge la forte ambivalenza dei sentimenti; da una parte il desiderio di stare bene, ma dall'altra la difficoltà a rinunciare all'illusione che il suo sia un semplice non stare bene e il rinunciare al "senso di pienezza" che, in un gioco paradossale, le dà questo disturbo.

Cordialmente

[#9]
dopo
Attivo dal 2011 al 2013
Ex utente
" il rinunciare al "senso di pienezza" che, in un gioco paradossale, le dà questo disturbo "
terribilmente vero,è un'espressione così simile a quello che ho in testa io,che un pò mi fa effetto leggergliela scrivere. dovrebbe farmi pensare. sicuramente mi FA pensare.



comunque avete ragione entrambi,vi ringrazio. rifletterò a fondo su questa questione dei farmaci, magari provo a riparlarne con la psichiatra stessa, o sentire eventuali proposte diverse da parte della psicologa.

vi ringrazio per la disponibilità,la gentilezza ed il tempo dedicatomi.

Distinti saluti

[#10]
Dr.ssa Federica Meriggioli Psicologo, Psicoterapeuta 354 3 9
I miei migliori auguri; se ha piacere può tenerci aggiornati sul proseguimento del suo percorso.

Cari auguri
[#11]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Riconoscere l'esistenza di un problema ha per conseguenza immediata la domanda: "E ora come faccio a risolverlo?" È per questo che a volte è più semplice dirsi: "Problema? Quale problema? Nessun problema".

Così ci evitiamo il fastidio di doverlo affrontare. Anche se, nel lungo periodo, il fastidio si accumula ed è molto maggiore.

Cordiali saluti
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