Psicologia

Gentili dottori,
ho 21 anni e ho deciso di chiedere un parere qui,in quanto spinta dal timore di avere un qualche disturbo del comportamento alimentare.
Pochi mesi fa,in seguito alla fine di una storia durata 2 anni,ho avvertito il bisogno di vedermi più magra,più in forma,nonostante non fossi affatto in sovrappeso.Tale bisogno credo sia scaturito dalla volontà di lavorare su me stessa dopo la delusione d' amore,concentrandomi sulle mie attività di ogni giorno e sulla cura del mio aspetto;è così che ho iniziato a curare molto anche l' alimentazione,adottando un regime alimentare sano ed equilibrato,senza troppe privazioni.Ho perso qualche chiletto,ma sto bene fisicamente,anche se qualcuno sostiene che io sia diventata troppo magra.
Ho quindi iniziato a sentirmi meglio,più leggera ed anche un pò più bella.
La mia preoccupazione,adesso,deriva dalla cura eccessiva che rivolgo al cibo: bado sempre alle calorie che introduco,sto attenta a non sgarrare mai,scelgo solo cibi sani,naturali,evito i prodotti industriali,ho abolito completamente i dolci troppo elaborati.Ci tengo a precisare però che non faccio mancare nulla al mio corpo,ma ho paura della morbosità che mi spinge a controllare eccessivamente la mia "dieta".
Ho iniziato a preoccuparmi seriamente nella settimana prima di Pasqua,quando, dovendo studiare per un esame imminente e in preda ad un momento di forte nostalgia per il mio ex, mi sono abbuffata di dolci.Ho iniziato con un semplice gelato e poi non son più riuscita a fermarmi.Sono uscita di casa e ho acquistato una quantità ingente di schifezze ed ho mangiato fino a sentirmi veramente male.La sera mi son subito sentita in colpa e mi son consolata pensando che il giorno dopo avrei ripreso a mangiare come sempre e che uno sgarro,anche esagerato, una volta tanto ci può stare.Il giorno dopo,però,ho sentito ancora il bisogno di abbuffarmi di dolci e ho ripetuto quanto avevo fatto il giorno precedente per altri due o tre giorni.Poi però mi son data una regolata e ho ripreso a mangiare regolarmente,ma ho continuato a pensare ai dolci...sentivo sempre il desiderio di mangiarne e lo sento ancora,anche se mi sforzo di non cedere. Il problema è che non riesco ad accontentarmi di una normale porzione..se faccio un assaggio poi automaticamente mi abbuffo.
Adesso il cibo per me è diventato un chiodo fisso.Ci penso anche quando sono concentrata in altre attività, quando sono all' università o quando esco con le amiche.Quando mangio non riesco mai ad avvertire il senso di sazietà.Questa situazione mi crea molta ansia,ho paura perchè non riesco a capire cosa mi stia succedendo,perchè non riesco a vivere serenamente il mio rapporto col cibo e finisco sempre col mangiare troppo o troppo poco.Sto attraversando un periodo di forte vuoto:ho molta nostalgia della mia storia passata,studio(con buoni risultati)qualcosa che però non mi piace e mi lascia insoddisfatta e adesso ho tanto timore di non essere piu in grado di gestire questo rapporto anomalo col cibo.
[#1]
Dr.ssa Federica Meriggioli Psicologo, Psicoterapeuta 354 3 9
Gentile ragazza,
sembra che lei abbia spostato il dispiacere per la fine della sua relazione amorosa sul cibo, intrattenendo un rapporto e delle abitudini in qualche modo anomali.

Probabilmente un percorso con uno psicoterapeuta che la aiuti ad elaborare la fine della sua storia la aiuterà anche a riacquistare un rapporto più equilibrato con l'alimentazione e con se stessa.


Cordialmente

Dr.ssa Federica Meriggioli - Psicologa Psicoterapeuta
Via Roma 131, Spinea Ve
Tel. 3498534295 www.federicameriggioli.com

[#2]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2008 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Il cibo si presta molto bene alle compensazioni di tipo affettivo. Non sono infrequenti i casi in cui dopo una delusione ci si consola col mangiare. Anche le pubblicità fanno un grande uso di questo fenomeno che è divenuto quasi uno stereotipo.

Ciò che lei descrive, però, presenta alcuni aspetti che meritano attenzione.

Innanzi tutto il ripetersi delle abbuffate. Non stupisce che avvengano in momenti di nostalgia, un comportamento alimentare di questo tipo potrebbe essere utile come regolazione affettiva. Mi sento sola, triste, per cui mangio distraendomi e/o sentendomi persino meglio. Anche se per un momento.

Poi c'è questo pensiero fisso per il cibo, da come lo descrive sembra stia divenendo piuttosto fastidioso ed insistente.

Questi due aspetti sono campanelli di allarme per i disturbi alimentari. Fanno comprendere la presenza di un disagio affettivo che si ha difficoltà ad affrontare e gestire.

Dire se è patologico o meno non si può, è ancora presto. Ma nella sua descrizione sono presenti aspetti che meritano una consulenza vis a vis, di persona, che permetta di renderle un quadro più completo.
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Dr. Luigi Gileno Psicologo, Psicoterapeuta 211 2
"Sto attraversando un periodo di forte vuoto"...
gentile utente, voglio iniziare da una sua frase proprio per sottolineare il fatto che molto spesso il cibo viene utilizzatore come un compensatore di disagio psichico, come riempimento di vuoti interiori, derivanti da una moltitudine di vicissitudini.
ora per quanto la riguarda, è molto complicato poter dire se il suo sia o meno un disturbo del comportamento alimentare, almeno dalla nostra posizione.
le consiglio di rivolgersi ad un terapeuta esperto del settore per poter stabilire insieme quali possano essere i passi da fare.
la saluto cordialmente.

Dr. Luigi Gileno

[#4]
dopo
Attivo dal 2010 al 2011
Ex utente
Buonasera!
mi sono concessa qualche giorno per riflettere e prestare ulteriore attenzione alle mie emozioni e al mio comportamento alimentare. Dopo pochi giorni di "dieta" ,ci son ricascata e noto che il desiderio di lasciarmi andare a golose abbuffate sorge sempre più spesso. Sono sempre stata una ragazza parecchio ansiosa...un animo un pò tormentato, ma prima d' ora, non ero mai giunta al punto da non riuscire a gestire le mie emozioni negative ed il mio corpo. Quando mangio mi sento felice e molto allegra, però allo stesso tempo mi impressiona la voracità con la quale mangio e soprattutto il fatto che riesco a mangiare a lungo senza mai avvertire il senso di sazietà. Sono preoccupata doppiamente: ho timore di danneggiare la mia salute fisica e di non riuscire a rompere questo circolo vizioso di emozioni positive e negative che si alternano sempre più spesso.
Non so più come fare per ristabilire un equilibrio. Vorrei sapere se ci son dei modi efficaci per porre fine a questa fame compulsiva. Non ho voglia di affrontare questo problema con mia madre, perchè, conoscendola, so che banalizzerebbe la cosa e mi direbbe di non preoccuparmi, che può capitare di avere dei periodi no ecc ecc.
Tantomeno mi va di rivolgermi ad uno psicologo perchè al momento non ne ho la possibilità...frequento l' università in una città diversa dalla mia e non mi va di gravare ulteriormente sul bilancio familiare. Vorrei almeno provare a risolvere da sola questo mio problema, ma non so in che modo affrontarlo al meglio.
Cordiali saluti
[#5]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara ragazza,

non possiamo darti "consigli" per risolvere una situazione complessa e potenzialmente a rischio di peggioramento, se non quello di accettare che in questo momento hai bisogno dell'aiuto di uno psicologo.
Il dolore per il distacco dev'esere molto grande e forse il desiderio di migliorarti e prenderti cura di te ha a che fare con un senso di inadeguatezza che la fine del rapporto con il tuo ex ha esasperato o portato alla luce.

Mi sembra che tu voglia farcela da sola anche perchè stai cercando di riprendere il controllo su te stessa, sulla tua immagine e sul cibo, e ammettere di aver bisogno di un aiuto ti confermerebbe che non sei (più) in grado di farlo.
La realtà è che se potessi farcela da sola avresti già risolto, e invece ti trovi a constatare che il quadro si sta complicando. Questo è comprensibile, dal momento che sono coinvolti aspetti molto delicati del tuo rapporto con te stessa e con gli altri.
Ti consiglio di informarti sulle strutture pubbliche della tua zona per trovare il recapito di un Servizio o reparto dove trattano i disturbi alimentari.

Spero che lo farai, e ti auguro di risolvere i tuoi problemi.
Cordialmente,

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

[#6]
dopo
Attivo dal 2010 al 2011
Ex utente
Gentile dottoressa,
ringraziandola per la sua risposta, le dico che mi informerò privatamente, sperando di riuscire a trovare al più presto una soluzione.
Riguardo il senso di inadeguatezza cui lei accenna nella sua risposta, credo che esso sia una supposizione fondata, visto che sono sempre stata parecchio insicura e condizionata da un senso di inferiorità che probabilmente ho maturato quando ero piccola.
Da bambina ho vissuto e interpretato male una cosa banale inerente la sfera sessuale (la masturbazione) e per lungo tempo ho creduto di non essere normale, ho pianto tanto perchè, non riuscendo a capire cose fosse quello che facevo, ho creduto di non essere normale. So che appare banale ciò che le dico, ma ero abbastanza piccola e, allora, ne feci quasi una malattia. Un giorno mi azzardai a chiedere a mia madre, ma lei, persona molto riservata e chiusa riguardo determinati argomenti, si limitò a dirmi che era una cosa normale e di non farla se mi faceva star male. La sua risposta, non so perchè, non mi rassicurò molto e così ho continuato a soffrire per ciò che facevo e che mi faceva sentire diversa dai miei coetanei che invece "non lo facevano". Poi un giorno, in preda ad un momento di sconforto, mi sono confidata, con molta vergogna, con una zia alla quale sono molto legata e lei mi spiegò tutto in maniera molto affettuosa e spontea. Quel giorno lo vidi come una liberazione visto che finalmente avevo saputo di essere normalissima e di aver sofferto per una cosa veramente, ma veramente naturale. Tuttora, però, mi chiedo quanto quella situazione, vissuta all' età delle elementari all' incirca, possa aver influito sulla mia persona.
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Dr.ssa Federica Meriggioli Psicologo, Psicoterapeuta 354 3 9
Gentile ragazza,
ogni esperienza vissuta, sia piacevole che spiacevole, contribuisce a farci essere così come siamo.
Sembra che l'esperienza di cui parla qui possa aver contribuito in modo significativo alla formazione del suo senso di sicurezza in un modo che la ha fatta sentire a lungo colpevole.
Di sicuro un percorso con uno psicoterapeuta che possa aiutarla a prendere in considerazione la problematica alimentare, ma anche eventuali altri elementi che le possono aver creato delle difficoltà, potrà farla stare meglio e riacquistare fiducia in se stessa.

Cordiali saluti
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