Timidezza da prestazione e da azione

Salve, sono Chiara,ho 17anni ed 1 un problema. Faccio competizioni a livello agonistico di atletica leggera. So di essere molto forte e spesso sono riuscita a dimostrarlo. Quando mi ritrovo a gareggiare per titoli importanti però, come 1 titolo Nazionale, comincia a manifestarsi dentro di me una reazione strana. Quand'ero più piccola
soffrivo anche di timidezza di visibilità, poi però sono riuscita ad eliminare completamente questo lato del mio carattere, e per questo sono molto soddisfatta. Mi ritengo anche una persona positiva e ottimista, non mi
lascio prendere dall'ansia quando devo dimostrare qualcosa a scuola, ad esempio durante un'interrogazione o un compito in classe. Lascio sempre tutte le porte aperte, m'impongo degli obiettivi e cerco sempre di raggiungerli con
serenità. Insomma, ho sempre creduto di essere una ragazza quasi "perfetta" e sicura
di sè, dato che ho sempre avuto stima di me stessa. Certo, non sono mai stata
la ragazza più socievole del mondo, però credevo di non aver nessun problema finchè recentemente, appunto durante una gara che ho dovuto disputare a livello Nazionale, ho scoperto di soffrire di uno stato d'animo negativo e a me del tutto inspiegabile. Durante questa gara, fisicamente mi sentivo forte ed anche
psicologicamente mi sentivo ben motivata a vincere; finchè, proprio qualche attimo prima della mia prestazione, ho provato una sensazione strana: ho sentito il corpo cedermi, privarsi di ogni energia, di ogni linfa vitale. Era come se non avessi più grinta nè voglia di averne. Ero lì: era tutto perfetto,
la strada per la mia vittoria del tutto spianata, il titolo che desideravo da
una vita mi si stava offrendo s'un piatto d'argento... ma d'un tratto il mio
corpo si opponeva alla lotta: non voleva misurarsi, non voleva mostrare la sua
forza, la sua bravura, non voleva mostrarsi vincitore, non voleva misurarsi con
gli altri, non voleva sconfiggere gli altri ben più deboli... Il mio corpo era
ko, la mia mente spenta, del tutto assente. Ho cercato di concentrarmi con la
stessa tecnica di concentrazione che adoperavo in allenamento, ma in maniera
del tutto invano. Io volevo espormi ma il mio animo si rifiutava! Così ho perso
l'occasione più grande della mia vita e, quando sono stata mandata via, ancora
non riuscivo a credere che il sogno in cui avevo creduto così tanto fosse ormai
perso per sempre solo perchè io mi ero rifiutata di combattere, solo perchè io
non ci avevo minimamente provato, non ho messo play... Al termine della gara, quando non c'era più nessuno, sono uscita dalla pista. Mi sono seduta s'una panchina. Mi sono alzata involontariamente e sono esplosa:
non ero più padrona delle mie reazioni emotive. Ho buttato tutto a terra,
volevo sbarazzarmi di tutto ciò che avevo addosso, sentivo 1 demone dentro di
me. Non ricordo precisamente cos'ho fatto oltre che a piangere in maniera
esagerata.. Non ricordo precisamente cos'ho fatto oltre che a piangere in maniera
esagerata quando è finito tutto. Mi sono alzata e
ho trovato la mia giacca per strada>Nella strada per il ritorno verso casa mi è stato detto che sono una ragazza
senza ... e che non ho coraggio. Potevo vincere e invece non mi sono
proprio messa in gioco. Non è la 1 volta che in una competizione
così importante sento il rifiuto della vittoria da parte del mio corpo, ma è
la prima volta che ne prendo coscienza. Così oggi facendo delle
mi sono rispecchiata in queste due definizioni:Timidezza d’azione: è la paura di disturbare l’altro. I timidi di azione
non vorrebbero contraddire gli altri per nessun motivo (nel mio caso gli
avversari in gara); non vorrebbero mai trovarsi a dover prendere un’iniziativa che
potrebbe metterli a rischio di tradire un disaccordo da parte loro. A
proprio agio in pubblico, non si oppongono mai. Rifuggono le discussioni, evitano di
porre domande precise durante le conversazioni. La loro paura del conflitto
riflette il timore di essere poco stimati.
Timidezza di prestazione: è l’impressione ossessiva e paralizzante che gli
altri siano lì per giudicarci. L’esposizione di fronte ad una classe, la
lettura di un testo,sono situazioni che mettono alla prova. Questa forma di timidezza inizia a manifestarsi sui banchi di scuola, con la paura di fare domande in classe.Tutto ciò mi rispecchia in una forma ameno esagerata rispetto a quanto riportato in tali definizioni. Nella competizione questi due aspetti mi escono fuori del tutto. A causa di ciò rischio di distruggere tutti i sogni e gli obiettivi della mia vita, perciò chiedo cortesemente qualche misero
consiglio per poter sconfiggere questa bruttissima parte del mio carattere...
[#1]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile ragazza, ma chi dice che hai un brutto carattere?

Con buona probabilità quello che è successo poco prima della competizione ha semplicemente a che vedere con l'agonismo, ovvero a livello psicologico ci sono tutta una serie di implicazioni.

E se fosse andata bene, ma non così bene come la volta precedente?
E se non avessi raggiunto l'obiettivo questa volta?

E' importante, e lo sai bene, che il corpo possa inviare una serie di segnali che ci mettono al corrente di cosa sta accadendo dentro di noi anche a livello emotivo.

Non credi fosse semplicemente ANSIA da prestazione?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara ragazza,

per ovviare ad "inconvenienti" di natura psicologica che danneggiano le prestazioni sportive è possibile rivolgersi a chi si occupa di Psicologia dello Sport e tratta tutti i giorni difficoltà come la tua, che riguardano atleti ad ogni livello.
Hai presente gli attacchi di panico di Federica Pellegrini?

Di conseguenza puoi rivolgerti ad uno psicologo che operi in ambito sportivo e concentrarti sugli aspetti di performance, ma se quello che ti è accaduto in pista ti accadesse anche altrove potrebbe trattarsi di un Disturbo d'Ansia che andrebbe opportunamente diagnosticato e trattato in tutte le sue manifestazioni.

Forse la tua convinzione di rasentare la perfezione è indice di grosse pretese che rivolgi a te stessa, e chi è troppo duro e perfezionista con sè stesso prima o poi in genere crolla.
Visto che ci hai scritto:

"Non è la 1 volta che in una competizione così importante sento il rifiuto della vittoria da parte del mio corpo, ma è la prima volta che ne prendo coscienza"

vorrei chiederti se la scelta di praticare questo sport è stata tua o se invece vivi delle pressioni da parte della famiglia, e se pensi di aver deluso i tuoi genitori perdendo quell'occasione.

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it