Claustrofobia

buongiorno gentilissimi dottori, sono maschio 55enne.
da molti anni ho sempre avuto paura di spazi stretti (claustrofobia?).
L'altro giorno mi sono trovato a lavorare sdraiato in uno spazio basso e schiacciato, a tal punto che sono rimasto incastrato, al solo ricordo già sto male.
A un certo punto ho avvertito fitte all'addome con forte senso di nausea, tremore, mancanza di respiro, batticuore.
Appena sono riuscito a liberarmi dalla situazione sono uscito all'aria aperta e ho accusato stimolo al pianto, e desiderio di suicidio per evitare di non poter sopportare il male che proverei se ciò dovesse risuccedere.
Il tutto è durato circa 1 ora e mezza.
Vi chiedo gentilmente se si tratta di attacchi di panico o di cos'altro, se può esserci recidiva, se mi devo preoccupare per il futuro e a cosa vado incontro.
oppure se non devo più pensarci e prendere magari un pò di camomilla.
grazie cordiali saluti.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Gentile signore,

da quanto ci dice può essersi trattato di un attacco di panico causato dalla situazione claustrofobica in cui si trovava, ma mi colpisce il fatto che lei ci riferisca che, liberatosi da quella posizione, ha perfino desiderato il suicidio.

E' la prima volta che le succede sia di sentirsi così sia di desiderare di morire?

Come mai è arrivato a desiderarlo? Cosa pensava in quel momento?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente, dallo storico dei suoi consulti emerge una tendenza alla ricerca di rassicurazioni, sopratutto in relazione a preoccupazioni per lo stato di salute suo e dei suoi cari.

Inoltre,quella che descrive sembrerebbe compatibile con l'ipotesi di una possibile reazione acuta di tipo ansioso, forse un attacco di panico.

Ci dice che tale esperienza è stata per lei talmente spiacevole che il solo rievocarla le induce uno stato di malessere.

Una domanda: per lavoro, può ritrovarsi nuovamente in condizioni simili a quelle che ci ha descritto, ovvero costretto in spazi angusti?

Le chiedo questo perchè, quando si vive un'esperienza di intensa preoccupazione come quella che ci descrive, spesso si può essere "tentati" di reagire evitando tutte le situazioni in cui, in futuro, si teme di stare male.

Se questo accade, oltre a limitare le proprie possibilità (immagini le conseguenze sul suo lavoro!), si rischia di "ritirarsi" sempre di più, fino a trovarsi "all'angolo".

Una valutazione psicologica ed un'eventuale presa in carico psicoterapeutica potrebbero aiutarla a gestire meglio queste difficoltà ed a rialzare la testa.

In questo caso, valuti anche la possibilità di rivolgersi ad un terapeuta che utilizzi un modello di intervento (ce ne sono tantissimi, ed anche molto diversi tra di loro!) che lavoro focalmente sul problema, come ad esempio la terapia cognitivo-comportamentale o quella breve strategica.

Le allego il link di un articolo scritto a più mani con i Colleghi che descrive alcuni tra i principali orientamenti in psicoterapia:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

Cordialmente
[#3]
dopo
Utente
Utente
Gentilissima dr.ssa Flavia massaro, non ricordo se in passato mi sia già capitato di sentirmi così, in ogni caso mai in maniera così dolorosa e devastante. Forse mi è già capitato di desiderare la morte in situazioni di impossibile sopportazione, estremo abbattimento e rassegnazione. nel momento che ho descritto ho pensato che quello che mi stava capitando poteva essere l'anticamera della morte perchè se dovesse ricapitarmi non sarei in grado di sopportarlo per cui prferirei morire.

Gentilissimo dr. Gianluca Calì, è vero che sono sempre alla ricerca di rassicurazioni per lo stato di salute mio e dei miei cari. La condizione lavorativa che ho descritto ha forse carattere di eccezionalità, forse potrebbe ricapitarmi di dover lavorare in condizioni così sfavorevoli ma rarissimamente. Quello che mi spaventa è la possibilità in generale di finire in uno spazio stretto e non potermici muovere, e fare la fine del topo. Sono rimasto molto segnato quando tanti anni fa raccontarono in diretta televisiva la morte di un bambino caduto in uno strettissimo pozzo.

Grazie gentilissimi dottori, cordialità.

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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Quello che mi spaventa è la possibilità in generale di finire in uno spazio stretto e non potermici muovere, e fare la fine del topo

Questo farebbe paura alla maggior parte di noi. Pensi, credo che morire in uno spazio angusto farebbe paura persino ad uno speleologo!

Ricordo il caso del piccolo Alfredino, che tenne l'Italia intera incollata agli schermi televisivi per tutta la durata dei tentativi di salvataggio. E' stato un evento che, oltre a commuovere l'opinione pubblica, ha fatto vivere a molti, se pur per interposta persona, una situazione di angoscia claustrofobica, al pensiero "E se mi capitasse qualcosa di simile? Come si sentirà?".

Forse, questo episodio l'ha turbata tanto intensamente da rappresentare una sorta di "vulnus", una forma di predisposizione che potrebbe essersi riattivata con l'esperienza che ha vissuto a lavoro.

Il problema che ci riferisce potrebbe essere circoscritto allo spiacevole evento che ci ha raccontato.

Se dovesse avere nuovamente le sensazioni che ci ha descritto, magari anche in situazioni non oggettivamente pericolose ma soltanto ristrette o anguste, allora prenda davvero in considerazione l'idea di un percorso, magari focalizzato sul problema, che l'aiuti ad "uscire dal pozzo" dell'angoscia.

Cordialmente
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Concordo con l'opinione del dr. Calì: quel fatto che la colpì diversi anni fa può aver creato in lei la predisposizione a reagire in maniera così forte in una successiva occasione che ha fatto riaffiorare intensamente le paure che all'epoca lei - come moltissimi altri - visse sia per il povero Alfredino, sia al pensiero di cosa si posso provare in una simile situazione.

Penso che un lavoro mirato sul problema le sarebbe d'aiuto per prevenire ulteriori episodi come quello che ci ha descritto e soprattutto per evitare che l'ansia che la sta accompagnando da giorni continui a persistere.

La camomilla non le farà male, ma serve più che altro a distendere i visceri e favorire la digesione: meglio rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta per risolvere del tutto il problema.
[#6]
dopo
Utente
Utente
Gentilissimi dottori vi ringrazio nuovamente per la cortese attenzione dimostratami, spero intensamente non debba ritrovarmi in situazioni simili perchè difficilmente riuscirei a fronteggiare economicamente una risoluzione di tipo terapeutico. Comunque grazie alle vostre indicazioni mi sento più sollevato.
Grazie, cordialità.
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