Alzheimer

Buongiorno, vorrei un consiglio su come procedere relativamente al rapporto con mia madre ricoverata presso una struttura protetta a seguito di alterazioni comportamentali dovute a demenza senile e alzheimer.
La mamma è stata ricoverata dopo fenomeni di schizofrenia (dopo mesi di vessazioni nei miei confronti e dopo aver distrutto cose materiali all'interno dell'abitazione) è intervenuto il medico e le autorità sanitarie competenti per il suo trasferimento: sono passati quasi 3 anni e il suo comportamento all'interno della struttura è migliorato, grazie alla continua assistenza 24 ore su 24, avendo un caratttere molto forte la sua autorità ricompare quando la si contraddice o non le si dà ragione.
Nel momento della visita settimanale ora non se la prende più con me, ma inizia a dire che vuole tornare a casa e che in quell' "ospedale" non le fanno nulla, che sta bene ecc.Sono mesi che tergiverso con le scuse varie, però ora vorrei trovare qualche frase che consenta di non agitarla oltre al dovuto.
Premetto che non sarebbe possibile riportarla a casa, in quanto a seguito dei fenomeni violenti dimostrati e verificati anche dai Carabinieri che erano da lei chiamati con le scuse più fantasiose, non sarebbe possibile avere una badante, che peraltro non vorrebbe!
Dopo quello che ho passato, e non completamente metabolizzato, mi riesce molto difficile trovare una logica da proporle.
Ringrazio anticipatamente per il consiglio.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile Signora, purtroppo la condizione che descrive e' molto dolorosa sia per Sua madre che per Lei.
Da quello che ci descrive Lei nutre dei sentimenti ambivalenti verso questa anziana mamma che nella Sua rappresentazione e' ancora molto autoritaria.
Ci chiede una formula logica per convincerla, ma per noi da qui non e' possibile escogitarla. Potrebbe addurre la motivazione che ha detto a noi circa l'impossibilita' di garantirle una assistenza costante, ma temo che sia una motivazione superficiale.
Piuttosto dovrebbe Lei cercare di elaborare, magari con l'aiuto di uno psicologo psicoterapeuta la rappresentazione di questa mamma. Quando avra' compiuto tale elaborazione le emozioni dentro di Lei saranno più' chiare e potra' esprimersi in modo opportunamente assertivo, senza provare alcun senso di colpa.
I mogliori saluti

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#2]
dopo
Utente
Utente
Probabilmente ci vorranno ancora altri anni prima di raggiungere una certa tranquillità, ho anche parlato con uno specialista.
Prima ho dovuto superare la perdita del nonno con cui sono cresciuta,poi per la morte di una nipotina a cui ero molto affezionata per una malattia, e in ultimo per la perdita del papà per una malattia grave e improvvisa: ero riuscita ad avere un certo equilibrio. mamma .
Quello che mi ha salvato,anche se ero diventata tipo zombi di 42 kg. è stata la presenza di della mia famiglia,mia nuora e il mio lavoro.
Ora c'è un nipotino in arrivo e quindi questo sposta ogni priorità, ma necessita anche di un percorso più tranquillo.
E' giusto quello che Lei ha scritto, però vorrei trovare una "formula" accettabile di risposta.
Comunque grazie mille per il suo tempo.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara signora,

concordo con la d.ssa Esposito sul fatto che riuscirà a parlarle con la necessaria calma e fermezza solo nel momento in cui avrà superato il suo personale disagio e senso di colpa per averla ricoverata lì.
Anche se non c'erano alternative il senso di colpa è infatti normale e comprensibile, ma verrà il momento in cui lei per prima si convincerà che non ha alcuna responsabilità nè per la malattia nè per l'ovvia incapacità di provvedere a sua madre senza aiuti esterni.

Non ci ha detto però come si trova sua madre in quella struttura, al di là del fatto che lamenti di non ricevere cure "impegnative" e chieda quindi di tornare a casa.
Può aggiungere qualche particolare?
Prima del ricovero aveva una propria abitazione o vivevate assieme voi due da sole?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
Nella struttura si trova benissimo, va d'accordo sia con il personale di sala che con le dottoresse.
Fa ginnastica con la terapista per la colonna vertebrale che è curva da anni a seguito di cadute dalle scale ( una avvenuta in età giovanile e le altre in seguito quando lavorava come collaboratrice familiare (cadute di cui sono venuta a conoscenza solo molto tardi) e a seguito di un'incidente stradale dove ha distrutto la macchina e provocato danni ad altre in sosta. Da qui abbiamo scoperto a seguito della TAC che soffriva di epilesssia.
Deve essere sempre accompagnata altrimenti sarebbe soggetta a ulteriori cadute (si è anche incurvata) Hanno dovuto accomodarla in poltrone con il laccio che le consente di stare seduta senza scivolare a terra: inizilmente era nella sedia a rotelle, però poi hanno visto che scendeva con i piedi e camminava, col il rischio di cadere!
E' abbastanza autosufficiente, però deve portare i pannoloni, non avendo il controllo della vescica. Con le infermiere che l'accudiscono ha instaurato un rapporto cordiale, e mi dicono che è normalmente calma (salvo ovviamente le giornate che diventa "cattiva" e "indisponente").
Da un paio di anni soffre di maculopatia.
La casa dove abitiamo è divisa in due appartamenti: in quello superiore abito io e sono sempre state comunicanti, infatti quando i ragazzi erano piccoli andavano e venivano dalla nonna al piano terra al piano superiore.
Fino a quando è stato possibile abitava da sola, sino a che la sistuazione è precipitata.
Ha lavorato come collaboratrice sino all'anno 2008 (è nata nel 1927), poi ha iniziato ad accusarmi di rubarle qualsiasi cosa, dai soldi alle chiavi di casa. Chiamava i Carabinieri ad ora del giorno, mi tempestava di telefonate, poi ha iniziato a minacciarmi con gli insulti e in ultimo ha letteralmente spaccato ogni cosa nel cortile davanti casa.
Di notte negli ultimi tempi picchiava sul tavolo e mi chiamava a gran voce!
Mi creda è stata una sequenza allucinante e anche se nel corso degli anni a causa del suo carattere autoritario ero abituata ad alcuni eccessi, c'è stato un momento in cui per avere un attimo di tranquillità se non dovevo lavorare ( ho l'ufficio in casa) andavo da mia cognata.
Aveva poi dei momenti di reativa lucidità in cui si rendeva conto di cosa avesse fatto e mi chiedeva scusa, salvo poi dopo un'ora ricominciare da capo.
Se non fosse stato che lo vivevo in prima persona c'era quasi da ridere!
Da qualche settimana,.dopo quasi 3 anni, mi ripete che vuole tornare a casa, perchè "sta bene", ma non so se si ricorda di tutto quello che è successo.
Mi scusi se mi sono dilungata, era per spiegare la situazione.
Cordiali saluti.
[#5]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
L'escalation che ci descrive è tipica della demenza che ha colpito sua madre, e porta a situazioni veramente insostenibili per i congiunti.
Visto che dov'è ora si trova bene e riceve tutte le cure delle quali necessita lei ha tutti i diritti di lasciare le cose come stanno.

Cosa teme che potrebbe accadere se le dicesse semplicemente che non c'è motivo di farla dimettere perchè lì sta bene, si prendono cura di lei e c'è tutto quello che le serve?

Ha provato a consigliarsi anche con i professionisti della struttura?
[#6]
dopo
Utente
Utente
Se le dicessi che deve rimanere lì, probabilmente mi ripeterebbe solo che vuole tornare
e/ o si metterebbe a piangere /si arrabierebbe.
Alla dottoressa della struttura non ho parlato perchè sino ad ora con scuse varie avevo fatto passare del tempo.
Sa cosa c'è mi rendo conto ora che è più facile chiedere ad una persona estranea di suggerire come procedere che con persone che dopo tanto tempo diventano quasi di famiglia.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Non deve scusarsi Signora! Siamo liete di poterle essere di conforto anche solo un po' e nei limiti di un dialogo on line.
La situazione che ci narra deve essere stata molto pesante sia per la mamma che per Lei.
Considerandop le condizioni di salute di Sua mamma mi sembra impossibile che possa essere accudita in casa. Nella struttura ove si trova c'e' personale specializzato che puo' non solo accudirla ma sorvegliarla. Il problema della deambulazione la rende molto a rischio e soprattuttoi i momenti in cui e' meno lucida causerebbero uno stato di continuo allarme a Lei e alla Sua famiglia.
Riguardo la domanda che la inquieta:" fino a che punto si ricorda" forse il personale della casa di cura che hanno occasione di tenerla costantemente sotto controllo potrebberp dirLe qualcosa di più'.
Percepisco tanta pena in Lei! Forse puo' farLe coraggio pensare che Sua mamma e' stata ed e' ancora molto fortunata ad avere una bella famiglia e una figlia affezionata come Lei!
Le porgo i migliori auguri di serenita' soprattutto
.
[#8]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Forse se si accordasse con la dottoressa per parlarle assieme sarebbe più semplice, perchè capirebbe che non è una sua decisione quella di tenerla ricoverata lì quanto una necessità avvalorata anche dal parere di chi si sta occupando di lei.

"mi rendo conto ora che è più facile chiedere ad una persona estranea di suggerire come procedere che con persone che dopo tanto tempo diventano quasi di famiglia"

Come mai?
Ha paura che la giudichino negativamente per la scelta di prolungare sine die il ricovero?
[#9]
dopo
Utente
Utente
No, la direttrice della struttura che ospita tutti pazienti come mia mamma o in condizioni peggiori, sin dall'inizio mi ha detto che le cose sarebbero migliorate (cosa che è avvenuta, considerato com'era all'inizio dopo il ricovero forzato all'ospedale nella corsia che sopperiva al fatto che non ci sono strutture psichiatriche adatte al caso, era completamente
intontita dai calmanti che le avevano dato) ma di non farsi illusioni perchè non sarebbe più ritornata la persona che era prima della malattia. Di non preoccuparsi se c'era la settimana che per problemi di lavoro o di malattia o altro non potevo andare a trovarla, che comunque è assistita 24 su 24 e da personale competente, con inferniere dalla pazienza infinita. (Verissimo).
Mi ha detto che il problema che mi stavo ponendo non aveva ragione di essere, di ritornare a vivere la mia vita normalmente.
Ogni volta che ci vede ci dice che è sempre molto calma e collaborativa, ma che ha anche giornate travagliate.
In ogni caso lvedo che non ha più gli occhi rossi (un medico li aveva definiti da cane rabbioso) e la pelle del viso distesa.
Dovrei essere più tranquilla eppure continuo a pensare cosa posso dirle di nuovo quando ritornerò!
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
E' quindi ipotizzabile che le parli assieme alla dottoressa?

Quello che conta, anche se non si sente sotto giudizio da parte di altri, è che superi la paura di sentirsi "cattiva" nel dare a sua madre una notizia che non le farebbe piacere ricevere.
Lei infatti ha detto che si aspetta questa reazione:

"probabilmente mi ripeterebbe solo che vuole tornare e/ o si metterebbe a piangere /si arrabbierebbe"

ed esclude del tutto che possa accettare la realtà, immaginando un esito che la farebbe sentire molto a disagio in quanto "colpevole" della decisione presa.
La situazione però non è colpa sua, e sarebbe importante che lei per prima provasse ad assolversi e anche a riflettere sulle emozioni che prova dovendosi arrendere al fatto che per sua madre il futuro è lì dentro e non a casa.

Se non avete avuto un buon rapporto in precedenza (avendo sua madre un "carattere autoritario" immagino non sia stato semplice averci a che fare) arrendersi all'idea che non ci sia più molto tempo per riaggiustarlo non è facile, ma anche se eravate molto legate non sarà ugualmente semplice accettare la trasformazione che una demenza di quel tipo provoca e l'idea della morte che prima o poi sopraggiungerà.

Forse è (anche) tutto questo ad ostacolare il suo proposito di parlare serenamente a sua madre: non sono tanto importanti le parole da usare, quanto quello che lei prova e che, di conseguenza, comunicherebbe a sua madre parlandole da sola.

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