Alcolismo

Buongiorno,
temo che un mio caro amico sia affetto di alcolismo. Ci conosciamo da una vita, e siamo sempre stati due "ottimi bicchieri", con la differenza che a un certo punto io, un po' perchè ho instaurato una relazione stabile con la mia attuale compagna, un po' perchè non sono un grande amante dei superalcolici, ho limitato il mio consumo di alcool, mentre lui (che ha perso il padre quando aveva 19 anni, oggi ne ha 29) ha proseguito, ed anzi incrementato. Al momento a quanto ne so beve praticamente tutte le sere, ed è capitato diverse volte che non si presentasse al lavoro, con tutti i rischi che questo comporta (se lo mandassero via, cosa che temo succederà se lui continuerà a saltare 1 giorno ogni 2-3 settimane, e a presentarsi spesso avendo dormito 2-3 ore e puzzando di alcool, si instaurerebbe un cricolo vizioso depressione-disoccupazione-alcool che sarebbe deleterio) . Inoltre, se prima quando beveva alternava momenti di entusiasmo a momenti di tristezza, ora lo vedo sempre più depresso, e più beve, più si deprime.
Vorrei capire come posso aiutarlo. Ho provato a fargli più volte la classica "paternale", ma a parte che non sono molto credibile, visto che anch'io bevo, ma entro i limiti della normalità (ossia che mi permettono di condurre una vita regolare con lavoro, fidanzata ecc...), mentre lui, che pure è una persona estremamente brillante, per colpa dell'alcool ha mandato all'aria gli studi, un paio di relazioni ed ora, temo, anche il lavoro.
Ho provato a fargli capire che si possono anche fare le serate in cui si bevono 2 birre facendo due chiacchiere al pub e non 8 birre seguite da whisky e amari, ma tanto quando io vado a casa, lui cerca qualcun altro con cui proseguire, piuttosto beve da solo...
Vorrei rivolgermi ad un esperto, ma non so a che tipo di esperto, e soprattutto credo che lui opporrebbe grossa resistenza a qualsiasi forma di aiuto... temo inoltre che, se un medico gli proponesse una cura con farmaci, lui li prenderebbe ma continuando a berci sopra, peggiorando quindi la situazione. Vi sarei grato se poteste darmi un consiglio su come ci si possa comportare in situazioni come questa. Grazie. Saluti
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Dr.ssa Barbara Alessio Psicologo, Psicoterapeuta 13
Gentile utente,
certo la situazione del suo amico pare preoccupante, ma se lui stesso non matura la motivazione a chiedere aiuto non credo che qualcuno dall'esterno potrà fare qualcosa. La sensazione di impotenza e rabbia che lei vive è purtroppo tipica di chi sta intorno a persone con quel tipo di problematica.

Sul territorio sono presenti sia i CAT che i SER.T, che vedono all'opera più figure professionali specializzate nel trattamento delle diverse dipendenze: sono servizi pubblici e funzionano bene, e direi che sono il luogo più appropriato ove rivolgersi per chiedere informazioni, consigli ed aiuti concreti.

Fare la paternale non serve: forse è più indicato un sorriso comprensivo e la comunicazione della propria sincera disponibilità ad accompagnarlo ad una visita. Potrebbe magari dire che ci andate entrambi, così, per provare a vedere se si può far qualcosa. Se lui la sentirà accomunato al suo stesso problema magari riuscirà a fare il passo: dire "andiamo insieme, dai" è ovviamente molto diverso dal dire "hai un problema, vai".

la sua lettera lascia intendere, mi perdoni, un disagio che comunque anche lei vive, che riflette sull'amico forse per allontanarlo un po': colga l'occasione per riflettere sul fatto che si sente così coinvolto forse perchè vede nell'altro qualcosa che la riguarda profondamente. Potrebbe essere giunto il momento di andare a fondo ed occuparsi di sè...

Che ne pensa?
Buone cose.

Dott.ssa Barbara Alessio
psicologa psicoterapeuta
www.almadea.it

Dr.ssa BARBARA ALESSIO

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gent.ma Dr.ssa Alessio,
la ringrazio molto per la risposta. Per quanto riguarda la situazione del mio amico, proverò a coinvolgerlo in un attività come quelle che mi ha descritto, anche se concordo con lei sul fatto che, purtroppo, la cosa non funzionerà se non sarà lui ad esserne convinto...
Per quanto riguarda quello che ha detto su di me, non mi è molto chiaro. Nel senso che, non le nascondo, anche io non sono pienamente soddisfatto di alcune pieghe che ha preso la mia vita, e questo talvolta mi causa una sensazione di disagio. Però non capisco come questo possa influire sulla mia preoccupazione per la condizione del mio amico.
Se invece si riferiva al fatto che nella mia lettera ho piu volte sottolineato il fatto che anche io bevo, questo lo sottolineavo per intendere che non posso assumere quel ruolo di "crocerossina" che spesso ho visto aiutare altri amici che hanno avuto problemi di alcool e/o droga... non credo di avere problemi di alcolismo, anzi, se devo essere sincero l'idea non mi ha neanche mai sfiorato, anche se riconosco che in passato, come (purtroppo) molti giovani e adolescenti, ho spesso abusato d'alcool, finendo serate (o giornate) in condizioni pessime, cosa che forse mi ha aiutato a capire che era il caso di darsi una regolata... oggi bevo mediamente una o due volte a settimana nel week end, e contrariamente a quanto facevo in passato, non interpreto il fatto di bere come una corsa a "spaccarsi" il più possibile, ma come un piacere da godersi nel modo giusto, cosa che include lo svegliarsi la mattina seguente senza il cerchio alla testa e/o il fegato dolorante. Forse è proprio il fatto che io abbia ridotto e modificato il mio consumo di alcool che mi permette di analizzare con più distacco la condizione del mio amico, oltre all'evidente peggioramento di questa nell'ultimo periodo.
Mi piacerebbe quindi capire a cosa si riferiva, io per come sono fatto tendo sempre ad espormi molto poco ed a parlare poco di me, persino la mia compagna con cui sto da diversi anni spesso le cose me le deve "tirar fuori" di bocca, quindi mi interesserebbe sapere cosa intende per "andare a fondo e occuparsi di sè"...
La ringrazio e le auguro una buona giornata...
[#3]
Dr.ssa Barbara Alessio Psicologo, Psicoterapeuta 13
Buongiorno,
premetto alla risposta una considerazione doverosa: è molto difficile "comprendere" una persona dalle poche righe di richiesta di aiuto che compongono i messaggi su questo sito.

Pertanto, con delicatezza si cerca di usare il buon senso e l'esperienza per provare ad essere utili a chi legge. Venendo a lei, provo solo a offrirle qualche occasione di riflessione sulla scia di come lei ha esposto il problema. Provi allora a pensare se è così preoccupato e dispiaciuto per l'amico perchè la sua situazione tocca qualche corda dentro di lei, una corda che in realtà riguarda anche lei. Perchè è frequente: gli eventi e le storie che incontriamo ci toccano perchè in esse ci identifichiamo. Lei dice che un tempo eravate molto accomunati dal comportamento di abuso dell'alcol, ma forse anche nell'attualità qualcosa vi accomuna molto. Forse la radice può essere molto simile: oggi i vostri comportamenti nella vita apparentemente sono distanti, ma solo nella loro veste più superficiale e manifesta, mentre, appunto, la radice rimane la stessa, ed è ancora viva per entrambi. Lei prende le distanze, dice che oggi è molto cambiato.... Forse oggi lei è in grado di analizzare quella radice, che è ancora attiva, anche in lei, prendersene cura. La chiusura nella relazione di cui scrive nel precedente messaggio pare un po' confermare il bisogno di andare un po'a fondo....

I comportamenti di altruismo spesso indicano le nostre linee di fragilità: sono una buona occasione per occuparci degli altri ma anche di noi stessi, una fonte di informazione sulla nostra interiorità, una fonte molto preziosa.
Spero di essermi chiarita, rimando naturalmente a disposizione.
Buone cose

Barbara Alessio
psicologa psicoterapeuta
www.almadea.it
[#4]
dopo
Utente
Utente
Gent.ma Dr.ssa Alessio,
Ora ho capito meglio quello a cui si riferiva. La ringrazio sia per i consigli per quanto riguarda la condizione del mio amico che per gli spunti di riflessione per quanto riguarda la mia, ne farò tesoro.
La ringrazio molto per la gentilezza e per la disponibilità.
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