Dubbi psicoterapia

Gentili dottori,
sono una ragazza di 26 anni ed è un anno e qualche mese che seguo una psicoterapia (due volte a settimana). L’indirizzo credo sia di tipo psicanalitico, le sedute funzionano in questo modo: io parlo di quello che mi è successo i giorni prima (oppure di quello che mi va) e lo commento, lei ascolta e commenta a sua volta. Il tutto è volto a capire perché mi succedono certe cose e poi, sperare che parlandone le cose possano pian piano cambiare, trovando nuove maniere di affrontare le cose, meno dolorose per me. Ho intrapreso la terapia a causa di un disturbo depressivo presentatosi in un momento particolarmente impegnativo per me, in cui avevo molto contatto con le persone (lavoro in un bar, laboratorio a frequenza obbligatoria all’università, più corsi di teatro). La depressione ha praticamente bloccato la mia vita. Cos’è successo in questo anno e qualche mese di terapia? Ho ripreso a studiare con immensa fatica e questo ha fatto sì che passassi molto tempo da sola. Gli eventi sociali, i contatti con la gente in questo anno si sono ridotti molto e allo stesso tempo per me sono diventati fonte di grande sofferenza. Le feste, gli eventi in cui devo relazionarmi a tante persone, le serate in compagnia a gruppi numerosi di amici mi spaventano terribilmente e generano in me ricadute depressive. In più sembra essermi peggiorata anche la fobia di vomitare, che ho fin da piccola, e che in terapia tratto solo marginalmente (avendo io piena libertà nello scegliere gli argomenti di cui parlare, ne parlo solo quando mi si presentano situazione ansiose in tal senso, più sporadiche ma allo stesso tempo fonte di molta ansia, fino a sfociare in alcuni rari casi in attacchi di panico). Detto questo, quando mi capitano questi eventi ansiosi (generati dagli eventi sociali o anche dalla fobia) con relativa depressione mi vengono molti dubbi sull’efficacia della terapia. Non è tanto il rapporto con la terapeuta, che è piuttosto buono (la trovo molto sensibile e attenta durante le sedute), ma è il metodo che mi sembra un po’, diciamo, blando. Con lei ho espresso sempre i miei dubbi, ogni volta che si sono presentati. Lei dice semplicemente che sono comprensibili, e a me rimangono. C’è anche da dire che io sono portata a mettere tutto in discussione (lo faccio continuamente con me stessa, con i miei studi, nei confronti di amicizie, amore, ecc.) quindi non riesco a capire se è un mio “problema” o se è la psicoterapia che realmente non è così efficace. Grazie sin da ora se vorrete darmi un parere a riguardo.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile signorina,
Il metodo psicoanalitico non utilizza prescrizioni, ma si basa sull'elaborazione delle esperienze. A seguito di queste si attivano nella psiche dell'interessato delle riflessioni, si fanno sogni che indicano simbolicamente i conflitti , si stimolano associazioni.
A seguito di tutto questo l'interessato prende coscienza di contenuti che fino a quel momento non erano coscienti e con l'aiuto del terapeuta cerca di realIzzare una trasformazione.
Il processo e' guiudato dal terapeuta ma lo realizza l'interessato.
Se non ci sono cambiamenti questo va analizzato: possono esserciu resistenze oppure dei blocchi.
E' il terapeuta che deve caapirlo e se si rende conto che il paziente e' bloccato e non progredisce deve consigliargli un altro tipo di terapia.
Ha parlato dei suoi problemi alla terapeuta?

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
<<sembra essermi peggiorata anche la fobia di vomitare>>

Gentile Ragazza,
se non lo ha già letto, le consiglio in merito questo interessante articolo di approfondimento:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/700-emetofobia-la-paura-del-vomito.html

Dal momento che è Lei a scegliere di cosa parlare, perché non dedicare una seduta a queste difficoltà e a questi dubbi (che ha espresso molto bene qui) ?
Non necessariamente si tratta di dover cambiare terapia, ma potrebbe essere sufficiente apportare degli "aggiustamenti" a quella già in corso.
Tanto più tenendo conto della buona alleanza che si è creata tra di voi.


Saluti.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i

[#3]
dopo
Utente
Utente
Gentili dottoresse,

vi ringrazio delle risposte. Sì con la terapeuta ho parlato tutte le volte che si sono presentati dei dubbi. Lei si dimostra comprensiva, ma non mi dice molto a riguardo. Una volta mi ricordo mi disse, dopo che le avevo espresso i miei dubbi, che un anno di terapia non è poi così tanto per vedere dei risultati tangibili: sentirsi dire così è stato un po' avvilente, soprattutto perché io l'ho già fatta della psicoterapia in passato, specie con un'altra dottoressa per lungo tempo.

Forse avete ragione voi, nel senso che mi conviene accettare questi dubbi e continuare ad affrontarli durante le sedute.

Dott.ssa Scalco: sì l’articolo l’avevo letto tempo fa ma comunque mi ha fatto bene rileggerlo. Da quel che mi pare di capire le fobie è meglio affrontarle con una psicoterapia cognitivo-comportamentale oppure breve strategica? Lo chiedo più che altro a titolo informativo se mai vorrò affrontarla in maniera più mirata in futuro.

Grazie ancora, cordiali saluti.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile signorina,
I dubbi sono un elemento importante della psicoterapia psicoanalitica perche' generano riflessione dentro di lei al di la' dei 50 minuti della seduta. Possono essere anche molto sgradevoli e per questo esserle utili.
Il mio consiglio e' comunque comunicare con la terapeuta riguardo questi dubbi. Non tanto sulle modalita' o i tempi di miglioramento quanto sui processi che avvengono nel suo ragionamento.
I migliori saluti
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

dal punto di vista della terapia cognitivo-comportamentale, un anno di psicoterapia -pur con i limiti di un consulto on line- per curare le fobie è decisamente troppo. Secondo questo approccio, infatti, esistono diverse tecniche di ESPOSIZIONE allo stimolo fobico che consentono di imparare a padroneggiare la fobia e superarla fino all'estinzione.

Mi rendo conto che la situazione sia un po' più complicata e bisognerebbe comprendere un po' meglio la natura e le modalità con cui si esprime questa depressione.

Ad ogni modo, posso chiederLe quali sono gli obiettivi terapeutici che avevate fissato prima di cominciare la terapia? Sono stati raggiunti?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#6]
dopo
Utente
Utente
Gentile dottoressa,

sì credo si tratti di una situazione un po' complessa, perché i disturbi sono molteplici. Ho iniziato la terapia principalmente per la depressione. Nell'arco delle prime sedute, per dare un quadro più completo della mia situazione, ho esplicitato anche altri problemi apparentemente scollegati tra loro: la fobia, appunto, e alcuni pensieri ossessivi (paura di fare del male a qualcuno) che avevo affrontato durante una terapia passata e che ora tornano molto raramente. Questo era il quadro dei disturbi, diciamo. Di obiettivi non ne abbiamo fissati, almeno non esplicitamente, anche se quello primario era, credo per entrambe, un miglioramento dal punto di vista depressivo. Tengo a precisare che si tratta di una terapia ad indirizzo psicanalitico (non cognitivo-comportamentale).

Vi ringrazio ancora per le diverse risposte, siete state tutte molte gentili!
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Avevo capito che si trattava di una tp analitica.
Però potrebbe a mio avviso chiarire con la terapeuta quali obiettivi avete deciso, quali raggiunti e come raggiungere quelli non ancora raggiunti.

Le consiglio infine la lettura di questo articolo sulla depressione:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1583-depressione-patologia-o-poca-forza-di-volonta.html

Saluti,
[#8]
dopo
Utente
Utente
Articolo veramente interessante, mi riconosco molto soprattutto nel discorso sulla rabbia.
"i depressi sono estremamente sensibili a tutte le esperienze di perdita": non riuscivo a spiegarmi l'iper-sensibilità che ho in questo periodo mentre da quello che leggo è proprio una delle componenti della depressione...
Grazie ancora dei consigli, ne terrò conto,
cordiali saluti
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Prego. Ci faccia sapere!

Un cordiale saluto,
[#10]
dopo
Utente
Utente
Gentili dottori,

dopo un anno sono andata a ripescare questo scritto perchè mi trovo esattamente nella stessa situazione. Nel corso di questo lungo periodo ho avuto ciclicamente dubbi sulla terapia, li ho sempre esposti alla terapeuta, ne abbiamo parlato, è stato anche utile per prendere consapevolezza di questa dinamica, ma niente da fare, poi ritornano.

Sono letteralmente ossessionata dal dubbio che la terapia non funzioni, ma mi succede una cosa un po' paradossale: mentre sono assalita dai dubbi quasi giornalmente quando sono sola, quando sono con lei durante la seduta i dubbi svaniscono, se ci ripenso mi sembra di non averli realmente avuti, e mi sembra addirittura stupido dirlo. E' come se fossi scissa in due, come se avessi due cervelli, uno, quello "di casa", che mette tutto in discussione, l'altro, il cervello "della seduta", che è tranquillo e dice che va tutto bene così, che i dubbi che ho avuto sono sciocchezze. Ho provato a parlare anche di questo con lei, ma non mi è servito a molto.

Mi si dirà di cambiare terapeuta ma non sono al momento in grado di fare questa scelta: questo tira e molla è estenuante e non mi permette di avere la forza di prendere una decisione. Ho provato, di contro, a non dare ascolto ai dubbi ma prima o poi hanno sempre il sopravvento.

Cosa posso fare? Grazie.
[#11]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Quello che riferisce fa ipotizzare che lei si trovi in una fase conflittuale del transfert. Non le consiglierei quindi di cambiare terapeuta. Potrebbe essere una fuga che vanificherebbe il lavoro svolto.
Dovrebbe parlarne con la terapeuta. Confrontarsi con la sua difficolta' potrebbe essere una parte feconda della terapia.
Saluti
[#12]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Da un punto di vista breve strategico, la terapia dovrebbe risolvere più problemi di quanti ne crei.

Se si sente così strettamente legata alla terapia, anche se è ormai chiaro che non sta funzionando, c'è qualcosa che non va.

Ogni psicoterapia dovrebbe mettere in condizioni il paziente di diventare meno dipendente, non più dipendente. Sia in generale che nei confronti del terapeuta in particolare. Se si sente meglio solo all'interno della seduta l'ipotesi è che il trattamento, comunque etichettato, sta fungendo più da sostengo che da terapia, ossia da palliativo che non incide sul problema. Questo sempre da un punto di vista strategico-costruttivista.

Le suggerisco di leggere: "Manuale di sopravvivenza per psico-pazienti" di G. Nardone.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#13]
dopo
Utente
Utente
Ho letto quel libro qualche mese fa, dott. Santonocito; ha presente il capitolo in cui Nardone parla un po' scherzosamente dei vari "tipi" di terapeuta? Ho riconosciuto la mia psicologa nella descrizione del "terapeuta consolatore": forse è proprio per quello che mi risulta difficilissimo pensare di staccarmi, perchè mi sento accolta come non mai, quando parlo con lei, sento che va tutto bene.

Comunque, i vostri due pareri diversi rappresentano bene l'ambivalenza del mio pensiero: quando sono con la psicologa e anche in certi periodi un po' più tranquilli, la penso come la dott.ssa Esposito, altre volte invece la penso come il dott. Santonocito. Lo so che la risposta la dovrei trovare dentro di me, sembrerà stupido ma davvero non riesco a mantenere un po' di coerenza!
Ad ogni modo, vi ringrazio per la pazienza e per le vostre risposte.
[#14]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Lo so che la risposta la dovrei trovare dentro di me
>>>

Non credo proprio... rischierebbe di fare come quel noto comico in una gag di tanti anni fa: "La risposta è dentro di te... epperò, è sbagliata!"

La risposta la deve trovare all'esterno, facendo qualcosa di diverso. Solamente dopo, tali fatti, maturando, potranno entrarle dentro ed eventualmente trasformarsi in soluzione.

>>> mi sento accolta come non mai, quando parlo con lei, sento che va tutto bene
>>>

Appunto, quindi questo significa, dal mio punto di vista, che se oltre all'accoglienza non c'è altro, cioè se la terapia non sta incidendo sul problema, è probabilmente in atto una collusione fra il suo bisogno di dipendenza e la disponibilità della terapeuta a concedergliela.

In altre parole, mi perdoni l'espressione, è come fosse diventata una drogata, che si fa della sua sostanza preferita in modo fine a se stesso. Si accontenta di stare bene in quei minuti e basta. Quando terminano, tutto ritorna come prima.

Ma questo, ripeto, SE la terapia non sta avendo effetto. Perché se stesse funzionando, il discorso cambierebbe.
[#15]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile Signora,
La profonda differenza che nota fra il mio parere è quello fornito dal collega Santonocito e' dovuto all'approccio terapeutico.
Nel modello psicodinamico si presuppone che il cambiamento avverra' nell'interessato spontaneamente, a seguito dell'elaborazione delle tematiche che lo riguardano.
Il transfert e' un meccanismo centrale perche' il modo di percepire il terapeuta e la relazione terapeutica sono una riproposizione del modo di percepire il rapporto con le figure significative della propria vita, quindi il passaggio attraverso una sensazione seppure conflittualmente vissuta di accoglienza potrebbe essere il passaggio indispensabile ad una autonomia.
Ma le consiglio di parlarne con la sue terapeuta piu' dettagliatamente.
I migliori saluti
[#16]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile Signora,
La profonda differenza che nota fra il mio parere è quello fornito dal collega Santonocito e' dovuto all'approccio terapeutico.
Nel modello psicodinamico si presuppone che il cambiamento avverra' nell'interessato spontaneamente, a seguito dell'elaborazione delle tematiche che lo riguardano.
Il transfert e' un meccanismo centrale perche' il modo di percepire il terapeuta e la relazione terapeutica sono una riproposizione del modo di percepire il rapporto con le figure significative della propria vita, quindi il passaggio attraverso una sensazione seppure conflittualmente vissuta di accoglienza potrebbe essere il passaggio indispensabile ad una autonomia.
Ma le consiglio di parlarne con la sue terapeuta piu' dettagliatamente.
I migliori saluti
[#17]
dopo
Utente
Utente
Lo so dottoressa, ma vedo che la situazione non riesce mai a sbloccarsi, a superare questo tira e molla di dubbi e di periodi tranquilli.

>>> Ma questo, ripeto, SE la terapia non sta avendo effetto. Perché se stesse funzionando, il discorso cambierebbe.
>>>

Il problema è come si fa a valutare l'efficacia di una terapia dal momento che, mi pare di capire, per ogni orientamento le priorità sono diverse e quindi varia anche la definizione di efficacia stessa. Se per l'approccio breve strategico la scomparsa di sintomi in tempi brevi mi pare (correggetemi se sbaglio) sia la priorità principale, per l'approccio psicodinamico mi sembra che la durata non sia così importante, anzi... L'elaborazione delle tematiche che portano al cambiamento spontaneo immagino implichi anche lunghi periodi di stallo, blocchi, regressioni, ecc. quindi parlare di efficacia durante il percorso diventa più complicato.
Mi verrebbe da dire che si può parlare di efficacia solamente a cambiamento avvenuto, mentre durante il percorso è bene conservare la speranza e la fiducia nella terapia anche nei periodi bui. E' difficile però. Sicuramente ne parlerò ancora con la psicologa.

Grazie davvero, siete stati molto chiari.
[#18]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Il problema è come si fa a valutare l'efficacia di una terapia
>>>

L'efficacia la si valuta verificando SE e QUANTO gli obiettivi su cui si erano accordati inizialmente paziente e terapeuta sono stati raggiunti.

L'efficienza, invece, è il tempo richiesto per raggiungere tali obiettivi.

Alcune forme di terapia si concentrano sull'efficacia, senza tener particolarmente in conto l'efficienza.

Nel suo caso sembra però che non si possa parlare nemmeno di efficacia. Ma questo lo deve determinare soprattutto lei, chiedendosi: "Quanto questa terapia mi sta aiutando a risolvere ciò che IO considero un problema?"

Se per lei sentirsi bene solo quando va in seduta fosse già abbastanza, allora continui pure. Diversamente starebbe ingannando se stessa.

>>> Se per l'approccio breve strategico la scomparsa di sintomi in tempi brevi mi pare (correggetemi se sbaglio) sia la priorità principale
>>>

No, non è così.

In terapia breve strategica non ci si occupa di sintomi. Si segue la persona fino a cambiamento avvenuto e oltre. Si effettuano ad esempio colloqui a 6 mesi e 12 mesi dalla fine della terapia, per verificare che i cambiamenti ottenuti siano diventati permanenti.

>>> Mi verrebbe da dire che si può parlare di efficacia solamente a cambiamento avvenuto
>>>

Se ci si riferisce al singolo caso, è senz'altro così. Ma se ci riferiamo a statistiche su grandi numeri e alla percentuale di casi risolti o notevolmente migliorati si può a buon titolo parlare di efficacia:

http://www.giuseppesantonocito.it/risultati.htm
[#19]
dopo
Utente
Utente
>>> "Quanto questa terapia mi sta aiutando a risolvere ciò che IO considero un problema?". Se per lei sentirsi bene solo quando va in seduta fosse già abbastanza, allora continui pure. Diversamente starebbe ingannando se stessa.
>>>
Non sto bene solo quando vado in terapia. Sto bene a periodi alterni.
Un esempio, per capirci:
A inizio terapia ero bloccata con lo studio (con ansia e depressione). Ora ho finito gli esami all'università (miglioramento) ma al momento di occuparmi della tesi mi sono bloccata di nuovo con gli stessi pensieri e problematiche di quando ho iniziato la terapia. Sono bloccata da diversi mesi.

Non abbiamo mai definito obiettivi precisi, i problemi che ho sono diversi e si ripercuotono non sono sullo studio ma in ogni ambito della mia vita. Diciamo che l'obiettivo è stare bene o comunque meglio.

Stando a quello che ho detto quindi secondo lei è inutile proseguire, dico bene?

[#20]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Stando a quello che ho detto quindi secondo lei è inutile proseguire, dico bene?
>>>

Questo non possiamo essere noi a deciderlo. Non possiamo soprattutto spingerci troppo oltre nel valutare l'operato di un collega che non conosciamo su una persona che non conosciamo.

Il meglio che si può fare da qui è fornire spunti di riflessione, ma poi la decisione può prenderla solo il diretto interessato.

>>> Diciamo che l'obiettivo è stare bene o comunque meglio
>>>

Questo non è un obiettivo, è una speranza generica.

L'obiettivo dev'essere formulato in modo preciso ma, di nuovo, non tutte le forme di terapia si basano sullo stabilire obiettivi.
[#21]
dopo
Utente
Utente
Beh, di spunti di riflessione me ne avete dati parecchi. Ringrazio ancora. Questo sito è davvero utile!
Ansia

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