Ipocondria, annessi e connessi.

Buonasera (sarebbe più appropriato 'buonanotte', data l'ora non ortodossa).
Fornirò un quadro generale. Ho 25 anni. Sono sportiva, in salute; gli ultimi accertamenti medici (Marzo) erano perfetti. Sto per concludere l'università (sono in tesi). Abito a casa coi miei, in un contesto tranquillo, salvo un personale disagio derivante dal non aver terminato gli studi nei tempi ottimali, cosa che mi provoca qualche abbattimento del tutto privato; i miei genitori non fanno niente di particolare per incentivare tale stato d'animo. Da un anno, ho una relazione con una persona meravigliosa, per cui provo sentimenti che non mi vergogno di definire 'enormi', felicemente contraccambiata. Avverto talvolta gelosia, e capita di girare 'film' mentali assurdi riguardo possibili tragedie/separazioni/abbandoni in favore di altre persone, in particolar modo una mia cara amica, piaciuta in precedenza al mio compagno attuale. Ne discuto senza remore con lui, e sono la prima comprendere quanto la questione dipenda dalla mia presumo scarsa autostima, dal difficile rapporto (perfezionista) col mio aspetto (benché sia già una bella ragazza). Da quando avevo 20 anni, soffro di ipocondrie intermittenti. Certe volte intense, ben circoscritte nella durata e nelle 'tematiche', altre meno intense ma 'globali' e diluite nel tempo. Non ne soffro mai d'estate e le mezze stagioni (lo si deduce dalle mie richieste di consulto qui) acuiscono il problema. Trascorro anche consistenti periodi di 'pace' completa, fortunatamente. Quando vivevo sola, ero più in grado di controllarle. Nella forma acuta sono invalidanti; mi terrorizzano. Partono da un sintomo principe (reale), a cui segue una 'illuminazione diagnostica', la ricerca in rete correlata, la percezione di nuova sintomatologia o l'associazione di sintomi veri (vaghi, però) alla malattia designata (sempre mortale). è stupido, lo comprendo, ma la paura è purtroppo concreta, tanto da indurmi al pianto (piango facilmente) e al panico. Tendo a nascondere assolutamente il problema, me ne vergogno, non sono un tipo che parla a tutti di malattie cercando sicurezze; al contrario, 'soffro in silenzio', lo coltivo per me, incentivata dal fatto che mia madre è il mio medico curante, e mi creerebbe malessere scoprirmi. Il mio compagno sa tutto, è estremamente comprensivo, ma il pensiero che possa stancarsi della me 'ansiosa/paranoica' dei giorni bui, specialmente se raffrontata alla me 'solare/entusiasta', mi angoscia. So di esser sana; però continuo a desiderare spasmodicamente accertamenti specialistici per acquietarmi. Dopo gli accertamenti, a differenza di altri soggetti ipocondriaci conosciuti, mi placo. Cesso di angustiarmi per un lungo lasso di tempo, fino alla crisi successiva. Di qui, la domanda: secondo voi, cedere alla tentazione di svolgere esami adesso, per 'tirare un respiro' e sentirmi bene, è una strategia corretta o in qualche maniera incrementa la mia fragilità psicologica?
Vi ringrazio moltissimo per l'ascolto! Saluti! :)
[#1]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentile ragazza,
Io mi soffermerei su questo senso di frustrazione che, da sempre, mi assale.

Iniziamo a confrontarci con questi sintomi che ci stanno chiedendo di capire cosa sta succedendo: di cosa ho bisogno?

Il nostro corpo ci parla!

Diamo ascolto ai nostri bisogni, alle nostre emozioni...

Attraverso un confronto con un professionista, che ci aiuti in questo percorso irto.
Da sola, lo ha ben chiaramente espresso, non riesce a "svincolarsi" da questi pensieri che, spesso, le rendono l'esistenza invalidante.

Per se stessa, ma anche per questo compagno, che comprende...
... ma deve essere importante, anche, dimostrare il desiderio di esserci e voler esserci in una coppia...
Prendendosi anche queste responsabilità di "essere visti", scrutati per quello che si è....

La ricerca continua ed ossessiva di sapere, conoscere... non si placa nemmeno di fronte a diagnosi mediche certe.

Proviamo a metterci in ascolto di questo...

Un caro saluto

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie della risposta, dottoressa! E' stata davvero utile.
Mi scuso per il ritardo nel farmi viva, ma ho avuto seri problemi di connettività per un passaggio di linea. Immagino che lei abbia centrato il problema; so che dovrei prendere seriamente in considerazione l'idea di parlare con uno specialista, ma ammetto di essere intimorita dalla prospettiva. Sarà per il mio complicato rapporto con la malattia... non sopporto di sentirmi malata, ed al contempo vorrei parallelamente continue rassicurazioni sul mio stato di salute, anche in ambito psicologico.
Approfitto per esporle un fatto: sono stata anoressica, in passato. Oramai sono trascorsi 10 anni. Per mia fortuna, il periodo problematico fu sufficientemente breve da non causarmi danni a lungo termine (anche se nell'immediato me ne procurò: sparì il ciclo, persi 10 chili arrivando a pesarne 49 per 1.80, debolezze varie, carenze di nutrienti). Non sono mai finita in centri specializzati. Dopo otto, nove mesi patologici cominciai a vedere la luce, grazie al rapporto coi miei genitori e al contributo di un medico. I primi tempi furono complessi a livello mentale, ma privi di ricadute: pensavo costantemente al cibo, monitoravo il mio peso (in entrambi i sensi, però: non volevo ingrassare troppo, ma ero in parallelo terrorizzata dal dimagrimento). Iniziata l'università, per alcuni mesi, ho rischiato di precipitare nella bulimia.
Da 6 anni sono del tutto sana: mi disinteresso completamente dell'apporto calorico delle cose, ho un buon appetito, mangiare non mi procura alcun senso di colpa, pratico sport quando ho voglia/tempo (abbastanza regolarmente, perchè mi piace) e non in conseguenza di pentimenti alimentari, il mio pensiero quotidiano si tartassa in dilemmi totalmente estranei al cibo. Spesso, leggendo storie di mie coetanee 'salvate', mi stupisco di quanto comunque il mio ricovero sia integrale rispetto al loro, in una maniera quasi insperata nel passato, durante l'adolescenza.
Attualmente (da anni) sono molto leggera: oscillo dai 56 ai 58; è il mio peso, non cresce nonostante tutto. Ho analisi ottime, sono in salute. Ma ammetto che, specialmente in momenti di grossa ansia, sia ragione di preoccupazione; è come se dentro, mi fosse rimasto il terrore cieco di dimagrire. Se perdo un chilo, un chilo e mezzo, mi terrorizzo, ne faccio una tragedia. Spesso l'origine dei miei 'deliri' ipocondriaci è appunto questa qua.
La ringrazio di nuovo per l'ascolto!
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Cara ragazza,

grazie a lei per averci aperto, nuovamente, il suo cuore e per la fiducia.

Il suo racconto ci dice davvero tanto rispetto ai suoi vissuti: la sofferenza che si porta nel cuore è arcaica e, purtroppo, riguarda una "sensibilità che l'accompagnerà nella vita.

Tutti suoi attuali timori hanno una motivazione, un perché... Non lasciamo che prendano il sopravvento su di noi.

La sua consapevolezza un po' mi rasserena, perché vuol dire che ne sta prendendo atto e che vuole essere "accompagnata" in questo cammino lungo e tortuoso.

Noi siamo qui in ascolto, ma qualcuno vicino a lei, ascoltandola e accogliendola, potrà accompagnarla concretamente in questo suo "viaggio" di riscoperta e riconoscimento di un nuovo Se'!

Si affidi e si fidi... non abbia timori.

Un augurio,

Di cuore.
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