Confusione, isolamento e depressione

Gentili dottori, mi trovo a scrivere di una condizione in cui mi trovo da diverso tempo. È la prima volta che chiedo un consulto a persone competenti e ringrazio chiunque abbia il tempo e la voglia di leggermi. Sono C., una ragazza di vent'anni, studentessa fuorisede, iscritta al terzo anno di ingegneria. La curiosità mi ha sempre spinta a studiare molto, approfondire ed impegnarmi in tutte le discipline, sia didattiche che sportive. Ho vissuto fino ai diciassette anni (maturità del liceo) una vita soddisfacente, circondata da amici e con una situazione famigliare piuttosto normale. Ho terminato il liceo con il massimo dei voti e la voglia di intraprendere un percorso universitario stimolante. Qui iniziano i problemi. Ho sempre avuto una passione smisurata per l'arte e le materie umanistiche in generale, passione non condivisa dai miei genitori. Mi spiego meglio: ho frequentato un liceo scientifico sperimentale, ottenendo sempre ottimi voti, e, sotto incoraggiamento dei miei professori, ho eseguito un test per la facoltà di ingegneria, superato molto prima della fine della scuola. Mio padre, orgoglioso del mio successo, ha iniziato ad indirizzarmi verso questa università e ogniqualvolta gli facevo presente che non sarebbe stata la mia prima scelta, lui rispondeva con indifferenza, sostenendo che nessuna facoltà umanistica mi avrebbe portato ad avere una carriere proficua. Mio padre è sempre stato cosí, è una persona fortemente insoddisfatta, ha sempre voluto che io facessi ció in cui lui non è riuscito, che arrivassi dove lui non è arrivato. Passano i mesi, l'estate finisce e io inizio a pensarla come i miei genitori, a malincuore decido di partire, sicura che avrei accettato quel percorso e mi sarei abituata a vedere le mie passioni come semplici hobby. Inizio le lezioni, tutto procece bene per il primo mese, dopodiché mi accorgo di odiare l'ambiente universitario, per me sterile e per niente stimolante e inizio a chiudermi in me stessa. Perdo le
poche amicizie che avevo creato e comincia la parte piú dura: la totale perdita di interesse nello studio. Continuo a non impegnarmi e di conseguenza non riesco a passare nessun esame il primo anno. I miei genitori non mi hanno mai chiesto come stessi, se volessi tornare a casa, mi hanno semplicemente dato fiducia, spronandomi a fare meglio. Il secondo anno inizia e finisce esattamente come il primo, con un' unica differenza: inizio a mentire sull'esito degli esami. Rassicuro i miei genitori, dico loro di aver passato gli esami del primo anno. Loro non sospettano di nulla. Io, stupidamente, inizio il terzo anno pensando di poter recuperare e quindi mettermi in regola. Non è successo. Mi ritrovo qui, dopo piú di due anni, a mentire. Ora la mia situazione psicologica è questa:soffro di attacchi di panico, ansia, momenti di down che mi incollano al letto per giorni. Ho tentato il suicidio varie volte. I miei genitori morirebbero se scoprissero tutte le bugie. Ho bisogno di aiuto. Grazie a tutti.
Saluti
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara C.,

se il forte stress che sta vivendo dopo aver intrapreso una strada che non sente come sua l'ha portata davvero a tentare varie volte il suicidio è importante che si rivolga ad un medico psichiatra per ricevere una terapia farmacologica che le consenta di superare il rischio di provarci di nuovo, magari riuscendo a togliersi la vita.

Il momento della scelta del corso di laurea è molto delicato per tanti studenti, perchè è necessario conciliare le inclinazioni personali con l'analisi della realtà del mercato del lavoro e non di rado i genitori esercitano pressioni (volontarie o inconsapevoli) perchè il figlio scelga la strada che secondo loro è preferibile rispetto alle altre.
Per questo non è solo lei a trovarsi in questa situazione, ma la sua analisi è molto lucida e mi sembra le sia chiaro che il problema non è la sua incapacità o mancanza di buona volontà, ma l'errore commesso quando ha anteposto i desideri di suo padre ai propri.

Non si può seguire una strada che non ci appartiene per far contenti i familiari, se non assicurandosi un futuro di infelicità e di rassegnazione all'allontanamento dalle proprie legittime aspirazioni e reali inclinazioni.
Penso quindi che se lei fosse riuscita a studiare e a sostenere gli esami previsti dal suo corso di laurea non sarebbe stata con tutta probabilità felice, ma si sarebbe sentita condannata a un futuro che altri hanno delineato e deciso per lei, al posto suo.
Non è quindi del tutto negativo che lei per ora non abbia concluso nulla: ha perso del tempo, ma ha ancora un'età adatta a ricominciare da capo un nuovo corso di studi.
Capisco che il problema principale le appare parlarne i suoi, ma se chiarirà a sè stessa cosa vorrebbe studiare e quale futuro desidera riuscirà a fare un discorso adulto, da persona che si rende conto di aver sbagliato e che ha già in mente cosa fare.
A questo proposito, ha in mente cosa le piacerebbe studiare e quale lavoro le piacerebbe svolgere in futuro?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Gentile Ragazza,
ha aderito alle aspettative dei suoi genitori, trascurando i suoi bisogni, le sue aspirazioni, inclinazioni e sogni.
Si è costretta a seguire una scelta non sua, il suo patire è comprensibile, tuttavia può iniziare da ora a pensare a se stessa al di là degli obblighi familiari, anche se comprendo la difficoltà.
Continuare a mentire la trattiene in uno stato di malessere, così come costringersi a percorrere una strada non sua, cercando di recuperare il tempo trascorso.Proseguire così in uno stato di insoddisfazione, frustrazione, ansia, non aiuta nello studio e si ripercuote negativamente sul suo umore e sul suo benessere psicofisico.

Si dia aiuto, si faccia accompagnare da un nostro collega per uscire da questa dolorosa impasse, riprendere in mano la sua vita e riuscire a comunicare la verità ai suoi genitori.
Ne resterebbero delusi magari, ma credo non ne morirebbero se tengono così tanto al suo futuro.
La sua felicità prima di tutto, anche per i suoi genitori penso sia così.
Si dia ascolto e si attivi a cercare l'aiuto che in questo momentio si rivela opportuno, anche presso una struttura pubblica (Consultorio familiare ASL ad esempio)
E' tanto giovane, può cambiare strada se lo desidera, nulla è perduto.

Un caro saluto

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

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dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Ringrazio entrambe per la risposta, purtroppo 3000 caratteri sono troppo pochi per esprimere tutte le emozioni, gli avvenimenti e i pensieri quotidiani. Ció che mi fa rabbia è che ho capito quali sono le cause del mio malessere, so che probabilmente non mi impegno perchè, in fondo, voglio arrivare allo scontro, al limite, al farmi scoprire. Quando dico che ne morirebbero, purtroppo, non esagero. I miei genitori sono persone splendide, lungi da me denigrarle, ma hanno avuto la sfortuna di crescere in un ambiente provinciale, fatto di pregiudizi e cattiverie. Persone estremamente intelligenti costrette ad una vita senza infamia e senza lode. Mio padre, in particolare, ha sempre sofferto per questo, riversando su di me aspettative disumane. (Ho praticato uno sport a livello agonistico per quasi tutta la vita a suon di schiaffi e calci in caso di sconfitta, quando ho abbandonato quel mondo non mi ha parlato per un anno, dicendomi che potevo considerarmi orfana di padre).
Credo che una notizia del genere lo farebbe cadere del tutto e ho paura di prendermi questa responsabilità, sia nei suoi confronti che in quelli di mia madre.
Vorrei che tutto fosse piú semplice, che si trattasse solo di una parentesi.

Credo che mi rivolgeró al consultorio, da fuorisede mi è difficile intraprendere una terapia privata per pura questione economica.
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dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Per rispondere alla dr. Massaro: si, so cosa vorrei fare.. scienze politiche a indirizzo internazionale e intraprendere una carriera diplomatica..ma questi sono sogni, nulla piú.
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dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Vorrei concludere il pensiero dicendo che in famiglia ci sono vari casi di persone che, a causa della severità e della rigidità, sono scappate, rifacendosi una vita e riallacciando i rapporti solo dopo anni. Io non vorrei finire cosí, anche perchè, razionalmente, non saprei dove andare e non avrei la forza di troncare qualsiasi rapporto con i miei familiari. Sono davvero stremata, magari sembreró esagerata o estremamente banale, ma non trovo una soluzione possibile.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Penso che se lei seguisse il suo desiderio e si laureasse in quello che le interessa, intraprendendo la carriera diplomatica, darebbe una soddisfazione ai suoi tanto quando potrebbe dargliela una laurea in ingegneria.
Non può essere sicura che suo padre non sopporti di conoscere la realtà, e cioè che lei è infelice in questa situazione e che questa strada non è la sua, e in ogni caso non è suo compito renderlo felice facendo esattamente tutto quello che si aspetta da lei anche ora, che è cresciuta e si parla del suo futuro.

In realtà suo padre sa già che le sue aspirazioni erano altre e che lei non avrebbe voluto studiare Ingegneria:

"ogniqualvolta gli facevo presente che non sarebbe stata la mia prima scelta, lui rispondeva con indifferenza, sostenendo che nessuna facoltà umanistica mi avrebbe portato ad avere una carriere proficua".

Lui non ha voluto ascoltarla e lei ha purtroppo fatto quello che sapeva lo avrebbe reso felice, ma probabilmente 3 anni fa non era in grado di prendere in alcun modo le distanze da lui e dalle sue aspettative e quindi di seguire le sue aspirazioni.
Di conseguenza non si può dire che lei non ci abbia provato e che non abbia ascoltato il parere di suo padre - che non potrà mai rinfacciarle di non averlo ascoltato -, ma solo che ha avuto la conferma che questa non è la sua strada.

I suoi genitori sono sulle stesse posizioni o sua madre è più disposta a ragionare e anche a dare importanza alla sua felicità?

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dopo
Attivo dal 2016 al 2016
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I miei genitori sono sulle stesse posizioni per un unico motivo: il forte amore di mia madre verso mio padre. Mia madre è molto diversa, è sensibile, comprensiva, ma è accecata dal pensiero di mio padre. Si amano talmente tanto che preferirebbero far soffrire gli altri piuttosto che scontrarsi. Con mia madre ho aperto una discussione poco tempo fa, sperando di farmi capire e di dare un segnale. Lei sa bene che soffro, lo capisce dalla mia voce, dal mio distacco. Durante una telefonata mi ha chiesto, come di consuetudine, "come stai?" e io, per la prima volta in tre anni, ho risposto: "male, mamma".
Ovviamente ha iniziato a chiedermi cosa non andasse, ma appena ho cercato di spiegarmi, prendendo la cosa alla larga, ha iniziato ad attaccarmi: "cosa significa che stai male? Non pensi di avere abbastanza? Non pensi di essere fortunata?".
A quel punto ho desistito, non ce l'ho fatta a continuare, mi sembrava di parlare con un muro. Lei ne fa una questione materialistica "non ti do abbastanza soldi? Stai male perchè sei un'ingrata".
Le ho fatto capire cosa c'è che non va in tanti altri modi, ne è dimostrazione il fatto che spesso mi dice:"continua il tuo percorso e poi sarai libera di fare ció che vuoi". Parafrasando: finisci ció che hai iniziato, poi potrai dedicarti alle tue passioni, al momento non è possibile altrimenti tuo padre è finito.
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dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Vorrei porle una domanda: è frequente, normale, che una madre o un padre non si accorgano, o meglio, non si occupino del dolore dei figli? È frequente che si riduca tutto ad un malessere passeggero? Io non mi spiego di come non vedano o di come non vogliano vedere. Mi sembra che il farsi del male sembri l'unico modo per attirare l'attenzione in questi casi.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"Spesso mi dice:"continua il tuo percorso e poi sarai libera di fare ció che vuoi". Parafrasando: finisci ció che hai iniziato, poi potrai dedicarti alle tue passioni, al momento non è possibile altrimenti tuo padre è finito."

Questa è una sua parafrasi (interpretazione) delle parole della mamma. Come mai pensa che suo padre sarebbe addirittura "finito" se lei non si laureasse in Ingegneria?

Per rispondere alle sue ultime domande, se in famiglia è presente questa situazione:

"in famiglia ci sono vari casi di persone che, a causa della severità e della rigidità, sono scappate, rifacendosi una vita e riallacciando i rapporti solo dopo anni"

è possibile che i suoi non vogliano capire e vedere il suo malessere perchè condividono con gli altri parenti l'idea che i figli debbano seguire le direttive dei genitori e si sentano quindi totalmente nel giusto.
In questo senso non credo proprio che farsi del male servirebbe a qualcosa, dal momento che si può pensare che le darebbero la colpa di tutto e la accuserebbero di fare scene e capricci.
Non penso insomma che dimostrare con un gesto grave verso sè stessa il suo disagio li porterebbe a sentirsi in colpa o a cambiare improvvisamente mentalità.

Ha modo di parlare con qualche suo giovane parente che ha dovuto andarsene e rompere i rapporti con i familiari per poter seguire la propria strada?