Continuo a pensare alla mia psicoterapeuta: non ce la faccio più

Sono in psicoterapia da un po' di mesi, ad un certo punto ho cominciato a nutrire sentimenti molto forti verso la psicoterapeuta. Sentimenti fortissimi che si traducono in un senso di mancanza incredibile tra una seduta e l'altra. Mi sveglio la mattina ed è lei il primo pensiero, così la sera, così in ogni pausa dal lavoro. Mi sento un tredicenne innamorato. So tutto quello che un "profano" può sapere sul transfert... mi sono documentato, ma la conoscenza "razionale" non allevia il dolore sordo e incredibile tra una seduta e l'altra che prova il mio cuore, la mia parte emotiva. Glie ne ho parlato, ovviamente, unitamente alla richiesta di aumentare la frequenza delle sedute, richiesta respinta con grande dolcezza, ma respinta. Io la adoro, so che sta facendo bene il suo lavoro, mi fido di lei, so che tutto questo potrebbe essere una resistenza... so tutto ma passare le giornate così è devastante.
Adesso ho iniziato anche fisicamente a perdere appetito, non ho più voglia di fare le cose che facevo prima, sto male, ma male davvero. Ho ricominciato a fumare... sto male. Mi manca. Mi manca da togliere il fiato e mi fa stare terribilmente male l'idea che non potremo mai essere amici. Quel MAI, mi fa soffrire terribilmente. Un'ora di seduta vola, letteralmente vola e poi mi ritrovo di nuovo solo, senza le sue parole, senza i suoi occhi, senza il suo sorriso e senza la sua curiosità di me. Senza la curiosità che leggo nei suoi occhi.
Faccio appello a tutte le mie forze razionali per dirmi che sto facendo resistenza, ma a cosa non lo so e cerco di capire da solo tra una seduta e l'altra perchè sono così attratto da quella situazione di intimità, forse perchè mi manca nella vita reale ma poi mi dico che quella situazione non la potrò mai avere nella vita reale. Nessuno ti ascolta così incondizionatamente. Solo tua madre, forse, e la mia l'ho persa da un po'.

E poi mi manca il tempo. Mi manca il tempo. Voi qui dite che al proprio terapeuta bisogna dire tutto, io ci provo ma alla fine mi manca il tempo, e resto col cuore in gola, con le parole spezzate in attesa di un'altra seduta che volerà e la sensazione di vuoto.

Un'ora ogni tanto non è nulla.

La mia testa sa benissimo che lei non può e mai potrà soddisfare il mio bisogno di affetto.

Io non ce la faccio più. Cosa posso fare?

Voglio andare avanti, fino in fondo, vorrei solo che fosse un po' meno dura, vorrei.... vorrei che lei mi abbracciasse e mi dicesse: "FORZA", io sono con te. Ma non avrò mai il coraggio di chiederle qualcosa per il quale so già che la risposta è negativa... mai mi abbraccerebbe, è troppo professionale. Ma lo vorrei tanto. Sono distrutto, confuso e distrutto.
Il cuore vorrebbe dirle "TI AMO" e la mente pensa: "zitto scemo, tu non la ami, tu non sai chi è, tu ami solo quello che lei ti da'". E così il cuore sta zitto ma fa male. Come togliermela dalla testa, pur continuando a vederla?
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile utente,

Qui ci troviamo al cospetto di una forte matassa di transfert che sarebbe utile sbrogliare.

E non occorre sentirsi una mosca bianca, perché accade non di rado...

Ora. Non conoscendo lei e nemmeno i motivi di accesso alla terapia, un'idea sarebbe quella di stampare quello che lei ci ha scritto sul suo vissuto emotivo nei confronti della collega (la scrittura è un mezzo potentissimo per dire ciò che la bocca non riesce) e farglielo leggere, dicendole che avvertiva proprio il bisogno di farlo e che si è avvalso di questo portale per farlo.
Questo potrebbe:
- rappresentare un nocciolo cruciale su cui lavorare in terapia. Perché altro la terapia non è che la riproposizione, all'interno di un setting strutturato: della vita quotidiana, delle nostre emozioni, dei nostri pensieri e comportamenti.
- essere una questione sulla quale riflettere insieme e decidere il successivo da farsi che non necessariamente potrebbe configurarsi in una interruzione della terapia o in un abbandono...

Occorre agire

In bocca al lupo!
Cordiali saluti

Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie del consiglio, lo terrò presente, se riuscirò a vincere il senso di colpa per aver scritto qui. L'alternativa era scrivere a lei fuori dal setting ma non lo faccio perchè non voglio abusare del suo tempo e "costringerla" in qualche modo a rispondermi, ben sapendo che è solo una richiesta infantile di rassicurazione.

E' incredibile quello che provo: in passato mi è capitato di invaghirmi di una collega con la quale non poteva esserci nulla, dato che sono sposato, lei pure, ma l'ho risolta molto in fretta, raffreddando i rapporti ed eliminando qusi completamente la frequentazione. Ed ha funzionato.

Qui non posso. Inoltre mi trovo bene con lei, le ho confidato tante cose, la sento vicina e soprattutto la sento veramente interessata alla terapia. Anche il fatto di non dar seguito ad una mia richiesta di maggior frequenza lo sento come un'atto di rispetto nei confronti di una persona debole che ha perso la testa....

Quindo non posso rovinare tutto per questo sentimento impossibile... devo solo trovare una dimensione che mi consenta di non stare "così" male perchè purtroppo il sentimento che provo se pur assolutamente irrazionale è anche peggio di quando è reale proprio perchè è fuori dal mio controllo.
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
1)"se riuscirò a vincere il senso di colpa per aver scritto qui." Come mai si sente in colpa per aver scritto qui? Il senso di colpa è un'emozione che si prova quando siamo consapevoli di aver creato un danno a qualcuno.
Lei a chi ha creato il danno?

2) i sentimenti variano, si evolvono, cambiano meta, nel tempo e nello spazio. Ergo: non è utile paragonare emozioni e sentimenti vissuti in due situazioni diverse.

3) "perchè purtroppo il sentimento che provo se pur assolutamente irrazionale è anche peggio di quando è reale proprio perchè è fuori dal mio controllo."
Gentile utente,
Avere controllo su tutto è utopistico. Impossibile. Fa parte della natura umana e degli eventi, non poter avere il controllo su tutto.

Tenga presente il suggerimento. Le potrebbe tornare assai utile.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"So tutto quello che un "profano" può sapere sul transfert... "

C'è un aspetto che Lei non è tenuto a conoscere ma lo specialista non può ignorare né sottovalutare: il vissuto emozionale relativo al transfert va elaborato nel rispetto dei tempi del cliente poichè rappresenta una fase preziosa del percorso terapeutico.
Dalle sue parole affiora un atteggiamento svalutante e colpevolizzante verso emozioni e sentimenti che fino a quando sono rifiutati, non potranno essere integrati nel processo di cambiamento.
Naturalmente è compito dello psicoterapeuta creare le condizioni favorevoli onde evitare che il cliente chieda a se stesso di:

" trovare una dimensione che mi consenta di non stare "così" male "

come se tale esperienza non fosse parte integrante del percorso terapeutico.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Il transfert è considerato o utilizzato in vario modo a seconda di come lavora il terapeuta, a seconda cioè del suo approccio teorico e metodologico.

È evidente che risposte soddisfacenti e definitive potrà solo trovarle all'interno delle sedute con la sua terapeuta. Non si può essere esaustivi da qui.

Tuttavia tenga presente che un sentimento così forte denota probabilmente qualche profonda immaturità in senso affettivo da parte sua. Cosa che a maggior ragione deve essere trattata.

Non ci ha detto il motivo per cui è in terapia, ma in ogni caso l'aspetto affettivo da curare sembra piuttosto evidente.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Caro Utente,

intervengo solo per farle notare questo:

"cerco di capire da solo tra una seduta e l'altra perchè sono così attratto da quella situazione di intimità, forse perchè mi manca nella vita reale ma poi mi dico che quella situazione non la potrò mai avere nella vita reale. Nessuno ti ascolta così incondizionatamente. Solo tua madre, forse, e la mia l'ho persa da un po'"

"non voglio abusare del suo tempo e "costringerla" in qualche modo a rispondermi, ben sapendo che è solo una richiesta infantile di rassicurazione"

e farle presente che probabilmente sta scambiando per innamoramento un sentimento ben diverso.

Lei è orfano di madre e ha trovato una donna che la ascolta con interesse, alla quale ha confidato molto di sè, e più questa donna è assimilabile nella sua mente (o nella realtà) a sua madre, più le mancherà quando non la vede.
E' forse come se ad ogni seduta ritrovasse la mamma e la dovesse poi abbandonare: il dolore che ne consegue è più che comprensibile, se le cose stanno così, e deve essere elaborato in seduta.

Ovviamente, in accordo con i miei Colleghi, aggiungo che non conoscendo la sua diagnosi, il motivo per il quale ha iniziato il percorso e la sua storia di vita non è possibile dirle altro.

Le suggerisco in ogni caso di meditare su quanto il lutto per la morte di sua mamma sia ancora presente nella sua vita e sul vuoto che ha lasciato in lei.

Un caro saluto,

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

[#7]
dopo
Utente
Utente
Grazie veramente a tutti, mi state alleviando un po' la sofferenza tra una seduta e l'altra. Ognuno dei vostri spunti mi è utile.

E' veramente dura.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Se ha novità ci aggiorni pure.
L'importante è che rifletta sul significato di quello che prova e che, come le dicevo, con tutta probabilità dipende da un legame emotivo di natura diversa rispetto a quello che lei pensava.
[#9]
dopo
Utente
Utente
Seduta volata via da qualche giorno. Ho parzialmente affrontato l'argomento... per quanto ho potuto. Ho avuto interpretazioni e risposte per tutto ma il problema resta. Dopo 50 minuti esco con la sensazione di non aver detto nulla e mi accorgo che non riusciro mai a farlo. Mi restano 1000 dubbi in testa non su ciò che ho detto ma su ciò che non riesco a dire per mancanza di tempo. E questo mi frustra terribilmente. Quel cronometro maledetto mi mette un ansia assurda. Dover concentrare la mia vita i miei pensieri i miei dubbi in 50 minuti. Come si fa?
[#10]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
"Dopo 50 minuti esco con la sensazione di non aver detto nulla e mi accorgo che non riusciro mai a farlo."
Catastrofizzare sulla possibilità di non riuscirci non le è utile e si lega a quello che è virgolettato in basso
"Quel cronometro maledetto mi mette un ansia assurda. Dover concentrare la mia vita i miei pensieri i miei dubbi in 50 minuti. Come si fa?.

Si fa pensando che le sedute psicoterapiche sono come un puzzle di tantissimi pezzi. Un giorno ne mette 3, il prossimo giorno altri e così via... fino a quando il puzzle non sarà completo.


Saluti
[#11]
dopo
Utente
Utente
Lo so dottore lei ha perfettamente ragione. E' solo dura. E' dura scindere la realtà da quei 50 minuti, è dura pensare che per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle a questo ritmo ci vorranno 10 anni, è dura desiderare quel calore per tutto il tempo e po vederlo volare via in un attimo. Il mio cervello comprende perfettamente quello che lei dice. E' un'altra parte di me a cui mancano costantemente quei 50 minuti. ogni minuto della mia vita per tutto il tempo che passa tra una seduta e l'altra. E' come avere un pugnale piantato nel cuore che viene tolto per 50 minuti e poi ripiantato per giorni e giorni e giorni.... poi tolto e così via.
Comprendo che non c'è altra soluzione che non stare qui e aspettare pian piano di stare meglio, che qualcosa succeda, che qualcosa si sblocchi.
E' come essere dal dentista senza anestesia, mentre cerca di cavarti un dente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"Ho parzialmente affrontato l'argomento... per quanto ho potuto. Ho avuto interpretazioni e risposte per tutto ma il problema resta"

Può essere più specifico?

Avete parlato del ruolo del suo lutto nell'alimentare quello che prova?
[#13]
dopo
Utente
Utente
No, del lutto no, è una cosa della quale però è a conoscenza. Abbiamo parlato solo della prima parte, cioè la mancanza incredibile... il fatto di come mi sento, che non vivo più, che mi manca ogni istante della mia giornata. Che tutto è diventato un peso. Che quello che mi interessava non mi interessa più e aspetto solo il momento di vederla. Più o meno questo... e poi come sempre è finito il tempo.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
È importante che impari a distanziarsi da ciò che sta sentendo. Le sensazioni abnormi sono sempre indice di qualcosa che non va. Soprattutto alla sua età, se si parla di innamoramento.

Come si fa a distanziarsene? Paradossalmente, accettandole.

Accetti di star sentendo questo sentimento di mancanza fortissimo e se ne lasci semplicemente attraversare, senza reclamare né combatterlo. Senza riservare a se stesso più compassione del necessario. Ha 49 anni, è l'ora di imparare a non lasciarsi sopraffare dalle emozioni.

Chieda magari alla sua terapeuta di farsi insegnare o indirizzare a qualcuno che le insegni tecniche specifiche al riguardo, ad esempio la mindfulness.
[#15]
dopo
Utente
Utente
A questo punto visto che sono in ballo vi faccio la domanda delle domande: quella che mi martella in testa da quando ho iniziato a scrivere qui....

Io tutto questo dialogo vorrei farlo con la mia terapeuta, non solo nel tempo esiguo della seduta, ma tra una seduta e l'altra. Ma il rispetto del Setting è condizione indispensabile per la riuscita della terapia: lo sanno anche i sassi...

Quindi rispetto il setting e il tempo della mia terapeuta perchè mai e poi mai vorrei compromettere un lavoro così delicato e anche perchè rispetto lei come persona, il suo lavoro ed il suo tempo "privato" ma, siccome sono un essere umano, non resisto e scrivo su un forum...

Il risultato è che mi scrivono degli specialisti che magari stanno seguendo altri pazienti.... che magari hanno il mio stesso problema e che magari a loro volta chiederanno su un altro forum e per assurdo potrebbe essere chi segue me a rispondere..... la domanda è: che senso ha tutto questo?

Mi spiego: nel corso del trattamento è successo che non resistessi e mandassi qualche messaggio "extra" al quale mi è stato sempre, dico sempre, risposto con grandissima umanità e disponibilità e professionalità.

Ma chiaramente cerco di non "abusare".

Però il confronto mi manca e allora sopperisco qui... Cosa non "vietata" così come non è vietato vivere fuori dal setting.

Ma così facendo sto "annacquando" gli effetti della terapia? Sto "compensando" in modo sbagliato? Sto cercando di attenuare quelle emozioni da cui dovrei farmi "attraversare"?

E non sarebbe meglio farlo con chi mi segue?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> E non sarebbe meglio farlo con chi mi segue?
>>>

Perché, che cosa le abbiamo suggerito finora?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Carissimo, non solo ne deve parlare in seduta, ma deve parlarne adeguatamente e senza tralasciare la questione più importante e cioè quella che si può presumere sia la causa del suo abnorme coinvolgimento emotivo.

Invece lei non ha parlato proprio della cosa più importante:

"del lutto no, è una cosa della quale però è a conoscenza. Abbiamo parlato solo della prima parte, cioè la mancanza incredibile...".

Che senso ha che lei impieghi il tempo della seduta per dire alla dottoressa che quando non è in seduta le manca?

C'è probabilmente bisogno che il lutto per sua madre venga elaborato e non spostato sulla psicologa, illudendola così di aggirarlo perché sa che l'assenza sarà colmata una volta alla settimana e che il distacco non è definitivo, come quello da sua mamma.
Ci rifletta molto attentamente.