Depressione, apatia, vuoto e pensieri suicidi.

Salve a tutti, sono un ragazzo di 21 anni. Non so da dove partire, ma ci proverò.
Varie volte ho avuto attacchi di rabbia causati dallo stress, varie volte ho avuto attacchi d'ansia, e verso i 17 anni ho cominciato a pensare al suicidio. Quest'ultimo pensiero non mi si è ripresentato, fino ad ora.
Frequento l'università, frequento il primo anno e dopo la fine della prima sessione(dove ho dato solo 2 esami) non ho più ripreso a studiare come si deve. Da fine febbraio ho cominciato ad avere pensieri cupi, pieni di violenza ed ho cominciato ad avere sbalzi di umore, in mezzo ai miei familiari tutto sorridente (non sempre) ma, appena resto solo, per esempio nella mia stanza, divento triste e apatico.
Come già detto non studio granché da febbraio, non provo più stimoli nel studiare, non provo interesse nelle materie. Studiando provo apatia e un senso di rifiuto. Infatti, più di 15 minuti non riesco a fare. Il tutto, mi porta a provare una profonda tristezza e una percezione di me, delle mie qualità, non delle migliori. Se volete sapere altro, dite pure. Vi ringrazio molto
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Psicologo attivo dal 2018 al 2024
Psicologo
Caro ragazzo,
in questa sua richiesta di aiuto lei porta molte emozioni che sembrano aver contraddistinto i suoi anni più recenti.

Dapprima racconta di aver vissuto episodi di rabbia e di ansia causati da qualcosa che la metteva sotto pressione, le va di specificare in quali situazioni è accaduto ciò?

Dettaglia inoltre di aver avuto dei pensieri suicidiari in età adolescenziale, anche questi, li ha avuti a seguito di episodi specifici della sua vita?
Questi pensieri interferivano con la sua vita quotidiana?

Per quanto riguarda invece i mesi scorsi, mi sembra (ma potrei ovviamente sbagliarmi) che lei sia rimasto deluso da se stesso nell'aver dato solo 2 esami, e questo che forse le ha innescato il vortice di pensieri cupi, violenti ed il suo umore altalenante?

E' importante inoltre ciò che dice riguardo il suo stare nella sua cerchia familiare, sembra infatti che lei si sforzi di mostrarsi come in realtà non si sente.

Se invece si mostrasse ai suoi familiari triste e apatico, cosa pensa che potrebbe succedere?

Mi scuso per la mole di domande, ma essendo il suo vissuto pieno di elementi salienti che ritengo utile approfondire (seppur con tutti i limiti di una risposta online), ho reputato utile cercare di fornirle quanti più spunti di riflessione possibili.
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dopo
Utente
Utente
La ringrazio, non si scusi per la mole di domande, anzi.
Per tutta la durata delle superiori, sono stato schernito dai miei compagni di classe. Ovvero, preso in giro perché sovrappeso e usato per ottenere aiuto nei compiti. Il mio primo pensiero circa il suicidio, l'ho avuto dopo che mio padre mi disse: "fai schifo". Infatti, pur essendo un ragazzo studioso, non volevo andare a scuola, per via dei miei compagni, e utilizzavo qualsiasi scusa per restare a casa.
La rabbia la provo quotidianamente da anni, gli unici giorni in cui non la provo, sono quelli trascorsi fuori casa, (da mattina a sera) stando insiemi ai miei collegi. Alle superiori la provavo perché mi sentivo solo, tutti si voltavano dall'altra parte, anche chi stava in alto.
Circa i 2 esami, non mi sembrano pochi, potevo fare di meglio, ma purtroppo mi sono organizzato male. Diverse volte a tavola non spiccico parola, i miei familiari mi chiedono: "che hai?", niente di più. Il farmi parlare con un psicologo o altro specialista, lo prendono con affare negativo.Infatti, mia madre mi dice con tono dispregiativo, quasi offensivo: "ti devo far parlare con un psicologo, qualcuno di bravo però"
Giorni fa, le dissi, che volevo parlare con un psicologo, tanto per sapere cosa mi direbbe. In risposta mi ha detto: " lo sai che vi vogliono tot soldi". Forse ha risposto così perché non sa molte cose.
Circa lo studio, beh, è più forte di me ,non ci riesco. Potrebbe dirmi:"all'università si studia di più". Però, quello che ho studiato io in quest'anno è niente rispetto a quello studiato nelle superiori.
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Psicologo attivo dal 2018 al 2024
Psicologo
Sembra quindi che lei abbia passato diversi anni in un contesto, quello scolastico, in cui si sentiva perennemente non considerato se non quando serviva ad altri.

Si è sentito molto spesso schernito per via del suo aspetto fisico, e sembra che in famiglia suo padre la giudicasse negativamente.

Vive dunque un ambito familiare in cui lei non si sente ne riconosciuto ne apprezzato, questo probabilmente incrementa in lei una rabbia per via dei giudizi a cui è sottoposto.
E' come se il messaggio che le arriva quando è a casa è che lei sia in qualche modo sbagliato.

Ci sono parecchi aspetti della sua esperienza che andrebbero snocciolati con uno psicologo di persona, ad esempio il suo rapporto con le figure significative, il rapporto che ha con se stesso e con le sue emozioni, il significato del blocco che sente nello studio universitario ed altre ancora.

Per far si che lei possa conoscere meglio se stesso, dare un significato più ampio alle sue esperienze e trovare una strada di maggiore benessere è necessario che lei trovi l'assertività necessaria per comunicare ai suoi genitori il bisogno di fare un percorso psicologico.

Sul territorio sono presenti professionisti che, anche a prezzi non esorbitanti, offrono servizi di supporto e servizi di psicoterapia.
Qualora non riuscisse a farsi supportare dai suoi genitori a livello economico può rivolgersi ad un consultorio in cui avrebbe costi estremamente ridotti.
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dopo
Utente
Utente
La ringrazio, ne parlerò con i miei genitori.