Cambio terapeuta

Buongiorno,

scrivo qui perché come da titolo sto pensando di cambiare terapeuta, ma ho paura che possa essere una decisione spinta da un comportamento disfunzionale. Da qui nasce la necessità di un parere esterno.
Sono consapevole della mia scarsa capacità di fidarmi e di aver in passato abbandonato delle terapie che a mio avviso non risultavano efficaci. Ma quando una terapia è efficace?
Quando il dubbio che non si stia affrontando il giusto percorso è legittimo e non frutto di una distorsione?
Faccio un passo indietro... soffro di un disturbo alimentare ormai ventennale accompagnato da un disturbo dell'umore. Ho cambiato nel corso degli anni diversi terapeuti e diverse terapie, anche famacologiche. Ovviamente non sono più quella di 20 anni fa, ma sinceramente stento a distinguere quanto a cambiarmi siano state le terapie o semplicemente la vita.

Sono in cura dal mio attuale terapeuta da più di 2 anni. Ho già altre volte affrontato la mia scarsa fiducia nell'evolversi della terapia e tutte le volte è stata condotta alla mia incapacità di fidarmi.
L'ultima seduta mi ha lasciato ulteriormente perplessa. Ho affrontato due argomenti per me cruciali e in un primo momento mi è stato detto non saprei cosa dirti , poi nel corso della seduta mi sono state dati i soliti consigli di circostanza che, a dir la verità, il mio ragazzo o i miei amici mi danno comunque e anche meglio. Quindi mi chiedo: perché pagare ( e non sono in buone condizioni economiche) per avere dei consigli che posso raccimolare ovunque?
Mi rendo conto di essere complicata, contorta, ossessiva, e che la mia storia può non voler essere affrontata. Più volte mi capita di sentirmi troppo pesante anche per il terapeuta.
Ed è legittimo non sapere cosa dirmi, è legittimo non saper consigliare. Ma non sono una volontaria che elargisce soldi settimanalmente tanto per una buona causa. Li sudo quei soldi.

Forse è sbagliato l'orientamento, non so. In questi anni mi sono resa conto che le terapie in cui mi sono trovata davvero a casa sono state quelle ad indirizzo psicodinamico (ora non so se è corretta la denominazione ) . Stento invece ad aderire a quelle ad indirizzo cognitivo-comportamentale.

Voi cosa ne pensate?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara Utente,

senza conoscerla è difficile esprimere un'opinione sul suo caso perché effettivamente la mancanza di fiducia nel terapeuta, ma anche in sé stessi e nella possibilità di guarire, può avere un ruolo importante nel determinare la difficoltà di cambiare e guarire.
Noi però non possiamo sapere se e quanto questo abbia avuto un peso nella sua storia clinica.

Quel che è certo è che non tutti gli approcci sono adatti a tutti e che l'incontro fra paziente e psicologo è sempre unico e può anche non essere caratterizzato da particolare feeling, proprio come accade nell'incontro fra qualsiasi coppia di persone.

Di preciso che percorsi ha effettuato e per quanto tempo ciascuno?
Se si è trovata bene con l'orientamento psicodinamico come mai ha lasciato anche quel tipo di percorso?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Attivo dal 2019 al 2019
Ex utente
Gentile Dott.ssa,
La ringrazio molto per la sua risposta.
difficile ripercorrere tutta la mia storia clinica perché troppo lunga.
Comunque, le terapie più lunghe sono quella che sto seguendo ora, quella psicodinamica di gruppo (5 anni) e parallelamente quella psichiatrica/farmacologica (circa 7 anni).
Ho lasciato la psicodinamica perché ero in un altro periodo della mia vita. Più giovane e desiderosa di non perdere nessuna opportunità partii all’estero per un’esp Di studio/lavoro illudendomi di potercela fare senza terapia. Ma era appunto un’illusione.

Ora a distanza di anni mi rendo conto che le frasi che più mi risuonano in testa e il mio stesso modo di percepire il mio disturbo sono legati a quella terapia. Il resto sembra quasi essersi dissolto nel nulla.

Ma al di là dell’efficacia, ciò che non mi convince dell’attua Terapia sono le risposte comuni , l’impressIone di fare una chiacchierata senza lavorare su nulla.

Poi forse come dice lei posso essere io a non voler cambiare e a non aver fiducia in me stessa. Ma allora si torna al punto di partenza. Che senso ha spendere soldi che non ho? Ed in più di due anni di terapia questo punto non sarebbe dovuto essere risolto?