Periodo di tristezza e confusione, non riesco ad uscirne. Cosa posso fare?

Buongiorno sono una ragazza di 21 anni.Da qualche anno non so cosa mi sia preso, la mia vita è cambiata radicalmente. A quattro anni arriva il fratellino,i primi problemi economici e l'atmosfera a casa non è delle migliori (continui litigi in cui spesso e volentieri si arrivava anche alle mani in cui intervenivamo io e mio fratello), ma mia madre non ci ha mai fatto mancare amore e attenzioni. A me in modo particolare mi ha assunto come suo punto di forza, sono sempre stata la sua spalla su cui piangere, non aveva nessun altro. Nonostante la situazione familiare sono sempre stata una studentessa eccellente, ho avuto le mie amicizie e la mia vita sociale al di fuori della casa. Sentivo molto astio nei condronti di mio padre e considervano mio nonno paterno il mio vero padre. Dopo il secondo anno di liceo muore mio nonno. Mia madre mi sembra diversa e la relazione con mio padre sembra migliorare e l'atmosfera in famiglia torna ad essere serena tra i miei genitori. Io inizio a mangiare e a prendere sempre più peso.Non mi piaccio e smetto di andare a mare.Mi sento triste e demotivata e inizio ad allontanare le amiche.In passato pensavo mi avessero allontanato loro ma col senno di poi comprendo di aver fatto tutto da sola.Inizio a non uscire più.Mi dedico solo alla scuola e al conservatorio, ma non traggo più gioia dal suonare e chiedo ai miei genitori di mollare il conservatorio.Mi convincono a continuare ma arrivo al quinto anno di liceo in cui mi basta prendere lo strumento in mano per iniziarea piangere, è come se avessi attribuito allostrumento la causa del mio malessere.Dal terzo al quinto liceo studio e basta senza coltivare alcuna amicizia, solo quella con i compagni di classe.A 18 anni mollo il consevatorio e mio padre assume un atteggiamento più ostile nei miei confronti fino a quando dopo il diploma entro a medicina.I miei continuano a tirare in ballo il conservatorio.Prima sessione andata, arriva la sessione estiva ma a causa dell'ansia rimando gli esami.I miei colleghi con cui ho stretto amicizia cercano di aiutarmi, mi propongono di ripetere insieme ma non accetto. Mia madre che non ha potuto fare l'uni nè suonare e si ritrova in un matrimonio che non le dà soddisfazioni, ha sfoghi di rabbia nei miei confronti arrivando ad incolparmi di tutti i litigi con mio padre e di non essere andata a lavorare per crescere me.Inoltre mio padre la critica sempre e da sempre e lei reagisce raramente.Mi ritrovo al terzo anno ma ripetente.Decido che non posso passare le giornate a piangermi addosso e do un esame pochi giorni fa e inizio a studiare per il prossimo che è a fine febbraio.Ma i miei hanno un'altra discussione forte e io mi ritrovo piena di ansia a non riuscire a far nulla.È da tempo che passo le giornate a casa e sento una tristezza e una confusione continua.Ho crisi di pianto e a volte fame d'aria.Alcuni giorni mi sento stanca.Ho paura del futuro, non ho preso la patente,non ho mai avuto un ragazzo e se qualcuno si fa avanti lo allontano.
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Attivo dal 2018 al 2024
Psicologo
Gentile utente,
immagino che alla base di questa richiesta di consulto vi siano sentimenti diversi tra loro: sembra essere forte la tristezza che la sta accompagnando da diversi anni a questa parte, ed a questa tristezza sembra si sia accostata la paura per ciò che ne sarà della sua vita, dei suoi progetti, del suo modo di vivere il suo futuro.

Nel quadro familiare che lei descrive mi sembra quasi come se il suo vero supporto fosse stato suo nonno. Non sembra percepire i suoi genitori come validi aiuti per le sue fragilità (lei è infatti la "stampella" di sua madre e invece verso suo non si sente per niente vicina) ed in generala il quadro familiare mi appare molto agitato, con liti frequenti sia tra i suoi genitori che verso di lei.. mi sembra come le mancasse il terreno sotto ai piedi.

La sua tristezza sembra essere una "amica" di vecchia data,mentre l'agitazione sembra scatenarsi nei momenti in cui i suoi genitori vanno in conflitto.. in altre parole lei non sente mai un momento in cui ha la possibilità di povare un sano senso di serenità...

In tutto questo è come se si stesse accartocciando su se stessa, abbandona la musica ed infine anche gli amici, auto-condannandosi in questo modo alla propria tristezza..

Il disagio di cui le parla è "vecchio" di qualche anno, pertanto posso immaginare che la non gestibilità dello stesso sia il frutto di situazioni che nel tempo si ripetono portandola al logorio attuale.. in questi casi essendoci una significativa sofferenza che non è mitigata dai contesti circostanti (es: famiglia) le consiglierei di rivolersi, di persona, ad uno Psicologo per affrontare tutti i vissuti che lei ha avuto il coraggio di esporre, dare dei significati a tutto questo ed al tempo stesso aprirsi a nuove modalità di gestione delle proprie esperienze.