Primo colloquio, ansia e sindrome dell'impostore

Gent.
mi dottori, sono qui perché la scorsa settimana ho avuto il primo colloquio della mia vita con una psicologa e mi sento confusa su alcune cose.

Ho sempre fatto i conti con una vita "piuttosto stressante", dovuta a scelte personali e situazioni familiari.
A detta di mia madre, ho sempre preteso moltissimo da me stessa (alle elementari, ad esempio, non volevo mai saltare la scuola, ma l'ultimo mese rifiutavo di andarci, perchè stanca).
Lo scorso dicembre ho concluso i miei studi universitari, conseguendo la laurea magistrale, e da allora sono 'chiusa in casa' in attesa di fare colloqui e trovare lavoro.
Questo ha scatenato in primis un senso di oppressione, forse dovuto anche all'attuale situazione che non mi ha mai pesato prima d'ora (*) forse perché presa dallo studio.
Poi si è acutizzata la mia intolleranza nei confronti di tutto ciò che accade in casa.
Dal rumore che fa mio padre mentre mastica, alle parole che dice (e al loro significato intrinseco) o a qualunque altra cosa.
Da settimane ormai ho una sensazione di ansia generalizzata, un nodo allo stomaco, un senso di irrequietezza interno, come se tremassi d'agitazione anche se, in realtà, non tremo.
A volte battito accelerato, costante stanchezza mentale (enorme difficoltà di concentrazione, spesso non riesco a leggere un articolo di giornale) e a volte anche fisica, gambe stanche come se avessi camminato km.
Ecco, per tutte queste ragioni ho deciso di andare da una psicologa, perché non ne posso più, vorrei imparare a farmi scivolare addosso le cose, a non decifrare ogni singola parola che mi viene detta, a vivere con meno ansia ed essere una persona meno sensibile e più forte.
Ho più o meno spiegato tutte queste cose e lei giustamente mi ha chiesto del rapporto con i miei, con mia sorella, per capire se avessi conti in sospeso.
Sicuramente ci sono state frasi da loro dette nella rabbia che mi hanno ferita e che ricordo ancora.
Il trasferimento da una grande città ad un piccolo paese e il conseguente 'bullismo verbale' subito a scuola perpetuato anni e di cui non riesco a parlare.
Lei mi ha detto che avrei sentito i benefici della prima seduta perché avrei pensato a queste cose.
Ma sono una persona così introspettiva che a tutte queste cose ci penso da anni, per me sono chiarissime.
Il problema è che non so se siano la causa dei miei malesseri odierni o se si tratti semplicemente di sindrome dell'impostore.
Perché ne ho letto casualmente ed effettivamente io mi sono sempre sentita fortunata.
Perché studiavo poco ma ottenevo sempre il massimo.
E oggi porto il peso di un'eccellente carriera accademica che non penso rispecchi la mia preparazione e che temo "salti fuori".
Ma un po' penso di avere ragione.


Ecco, cosa mi avreste detto voi?
Come si strutturerebbe un percorso?
Come faccio a sapere se mi porterà nella giusta direzione?
Non per saccenza, giuro, ma mi sono state dette cose così ovvie che mi è sembrato di aver sprecato tempo e denaro.
E' normale?

Grazie in anticipo.
[#1]
Dr. Aldo Schiavone Psicologo, Psicoterapeuta 13 2
Risposta Utente 560491.
Le fonti della creatività umana sono sempre state misteriose.
La parola chiave dell'argomentare della signorina pone l'enfasi sulla "Sindrome dell'Impostore" una condizione psicologica caratterizzata dalla convinzione di non meritare il proprio successo. Le persone che ne soffrono non riescono a darsi merito dei risultati ottenuti e questo si traduce in ansia, perfezionismo, dubbi sul proprio valore e paura del fallimento. In poche parole ci si sente bloccati "dall'interno". Pregherei la scrivente di fare attenzione a cio che il suo discorso dice in assenza di ciò che sottende mentre lo dice:
"Lo scorso dicembre ho concluso i miei studi universitari, conseguendo la laurea magistrale, e da allora sono 'chiusa in casa' in attesa di fare colloqui e trovare lavoro.
Questo ha scatenato in primis un senso di oppressione, forse dovuto anche all'attuale situazione che non mi ha mai pesato prima d'ora (*) forse perché presa dallo studio.
Poi si è acutizzata la mia intolleranza nei confronti di tutto ciò che accade in casa.
Dal rumore che fa mio padre mentre mastica, alle parole che dice (e al loro significato intrinseco) o a qualunque altra cosa".
C'è una eco interiore che potrebbe riaprire la "conversazione" intrapsichica e interpsichica con l'analista durante il tarattamento. Essa, la conversazione, permetterebbe alle domande legittime poste dalla signorina di trovare, attraverso l'ascolto e la risposta dell'analista, suo interlocutore per eccellenza, la giusta sintonia riflessiva, per poter accedere ai suoi interrogativi attraverso un lavoro da fare in comune. "Ciò che accade in casa, ecc... che senza l'altro analitico non possono essere argomenti da metaforizzare e portati alla sua conoscenza. Auguri per la risoluzione dei suoi interrogativi.
Dott. Aldo Schiavone

Dr. Aldo Schiavone
Psicologo clinico Psicoterapeuta infantile individuale di coppia famiglia Psicoanalista Gruppoanalista Psicotraumatologo

[#2]
dopo
Utente
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Nonostante il ritardo, la ringrazio molto per aver risposto.
Spero di poter risolvere una volta per tutte i miei "problemi", prima o poi.
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