Mia madre non accetta la mia omosessualità

Salve dottori!
Scrivo a causa di una situazione frustrante che va avanti da anni, e che mi causa molto ma molto dolore.
All’età di 14 anni ho scoperto la mia omosessualità, mi sono infatti innamorata della mia prima ragazza.
Ammetto che, stranamente (o forse no), non ho affatto avuto difficoltà ad accettarlo, quasi come se l’unica cosa che riuscissi a sentire fosse il piacevole senso di coinvolgimento romantico dato dalla relazione.
Ho fatto coming out subito dopo, perché mi sentivo appunto molto sicura e tranquilla a riguardo.
La reazione però è stata sconvolgente, quasi rivoltante.
Mio padre ha preso la cosa molto bene, arrivando addirittura a coprire qualche mio appuntamento, e mia madre, invece, mi ha detto le cose più terribili.
Non sto qui a elencare i torti ricevuti e le offese, perché mi farebbe veramente male ripensarci, voglio soltanto dire che con il passare di ben sette anni non ha ancora accettato la cosa, continua a parlare con rancore e odio, dicendo cose ad esempio io non do fastidio a nessuno, a me i gay non infastidiscono, ma a me non doveva succedere.
Non ti accetterò mai da lesbica, se avessi avuto altri figli forse, ma non doveva succedere a me, mi fa schifo.
Quando non se ne parla, direi che si comporta normalmente, ma io metto comunque in discussione il suo volermi bene.
Non riesco a capire come si faccia a non accettare una figlia, non lo comprendo, per me è veramente un qualcosa di inaccettabile, a maggior ragione quando si tratta di una figlia cercata intenzionalmente, come nel mio caso.

Il più delle volte ricevo consigli del tipo punta sulla tua indipendenza economica e sulla tua carriera in modo da poter vivere la tua vita, ma la ragione del mio dolore è tutta sentimentale, non pragmatica.
Per me, quando non ci si sente accettati dalla propria mamma, di conseguenza non ci sente accettati dal mondo.
Non riesco a stare bene credendo che mia madre non mi ami, non ci riesco, è la mia mamma.
Il supporto di mio padre mi aiuta ma non basta.
Forse ho una concezione un po’ idealizzata e utopica della figura materna, e forse anche a causa del fatto che lei sia riuscita ad accettare cose ben peggiori da parte dei suoi componenti familiari, ma non ne voglio parlare.
Io non mi sento una delinquente, non mi sento una pervertita, tutt’altro, dunque tutto questo non riesco a mandarlo giù.
Alquanto inverosimile è anche pensare di recarci insieme da uno psicoterapeuta, considerando il fatto che non riuscirei mai a farla venire.


Spero nel vostro aiuto/supporto,
Cordialmente
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Ragazza,
approfitti della vicinanza di suo padre e lo renda "complice" non solo per coprire le sue uscite, ma anche per aiutare sua madre a superare i pregiudizi che la portano a dare giudizi così severi su di Lei e a mantenere immutati nel tempo gli atteggiamenti ostili nei confronti di una figlia, che dovrebbe amare in quanto sua figlia e basta. E che invece tratta come un'estranea di cui aver timore, perché stati d'animo ed emozioni disturbanti come:
disorientamento
incredulità
estraneità
negazione
sconforto
paura
ansia
disgusto
vergogna
limitano la sua razionalità e la portano a concentrarsi su se stessa e le sue reazioni (Es.: "Cosa MI è successo?"), invece di cercare di capire Lei e di starle vicino.

Anche suo padre avrà avuto un momento di smarrimento e confusione, magari accompagnato da sensi di colpa, di perdita (Es. :"Non diventero mai nonno!") e rabbia (Es.: "Come ho fatto a non capire?") nell'apprendere della sua omosessualità: nessun genitore, quando pensa al proprio figlio che cresce, mette in conto questa possibilità...
Ciò significa che lui avrà compiuto un percorso che gli ha consentito di andare oltre se stesso e poter vedere Lei, che è sua figlia e ciò gli basta.
E, forse, potrà indicare a sua madre una direzione per iniziare questo cammino.

Le suggerisco di consultare il sito dell'AGEDO, che ha una sezione anche nella sua provincia, dove potrà trovare utili materiali di approfondimento e suggerimenti, forniti proprio da genitori che hanno avuto e hanno saputo superare le difficoltà che ancora bloccano sua mamma.
Eventualmente, potrebbe rivolgersi, da sola o con suo padre, al loro sportello di ascolto per avere qualche ulteriore consiglio mirato.

Cordialità.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
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