Psicologia

Sono una ragazza di 22 anni e da circa 8 anni sono invaghita di un ragazzo di 24 anni.
Il nostro rapporto nasce quando a 14 anni strinsi amicizia con lui, ma in realtà non provavo solo amicizia.
Mi piaceva ma non glielo ammettevo.
All’età di 17 anni mi dichiarai e venni rifiutata.

Da quel momento non lo sentii più.
Quando avevo 19 anni questo ragazzo mi contattò e iniziai a sentirlo e frequentarlo.
Pensai che quello fosse il mio momento, finalmente potevo avere una storia con lui.
E invece no, mi disse che non voleva relazioni serie.
Dal 2019 al 2020 iniziò il mio periodo più buio: ansia, controllavo cosa facesse, mi sentivo inadatta, pensavo che fossi io il problema che lo spinse a non volermi.
Mi volevo far vedere a tutti i costi, volevo uscire dove stava lui, sapere dove andava, gli scrivevo è costantemente invenivo ignorata oppure ricevevo risposte molto fredde.
Lui mi disse che si gli piacevo ma non voleva una relazione, ed era convinto che io ancora non avessi accettato questa cosa e allora mi allontanava.
Per tutto lo scorso inverno ho lavorato su me stessa (o almeno ci ho provato).

Quest’estate l’ho rivisto e ho iniziato ad uscire con il suo gruppo di amici a cui sono molto legata.
Da lì lui mi disse che aveva cambiato idea, che fosse cambiato e che voleva costruire una relazione stabile con me.
Abbiamo iniziato a uscire, era molto carino e presente.
Ma di nuovo il baratro: per due settimane di agosto non volle più uscire con me perché diceva che avevo creato due discussioni inutili e che quindi io gli creavo solo nervosismo.
Perciò non mi sono più fatta sentire.

Dopo questo momento mi riscrisse dopo due settimane dicendomi che dovevo evitare di creare discussioni inutili: ma inutili per chi?
Per me non erano inutili.
Pensavo potessi parlargli delle cose che non andavano e invece lui anziché sentirmi, mi dava addosso perché continuavo a creare discussioni secondo lui.

Da ottobre fino a lunedì le cose sono andate ancor peggio: non veniva qui a Roma (lui abita in un paesino vicino Rieti) perché diceva che creavo discussioni, facevamo pace ma lui era sempre distaccato, gli dicevo che lo sentivo freddo e lui mi rispondeva sempre che fosse colpa mia perché due giorni prima magari avevo creato una discussione inutile.
Ho fatto un regalo per la nascita di suo nipote e mi disse che sicuramente questo regalo lo avevo fatto con piacere ma anche perché così lui era costretto a fare il mio nome nella sua famiglia che io non ho mai conosciuto (ma invece io l’ho fatto per rispetto di lui).
Sono stata esclusa dall’organizzazione di capodanno: ha detto al nostro gruppo di amici che se andavo io non sarebbe venuto lui.
Motivo?
Non vuole arrabbiarsi anche a capodanno.

Non ammette mai quando sbaglia, è sempre colpa mia di tutto.
Lunedì prima che non gli rispondessi più mi ha persino detto: ci sentiamo ma non per continuare una relazione perché non ne sei stata in grado visto le discussioni create da me.

Vorrei un parere, forse ha problemi lui.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
lei scrive: "forse ha problemi lui", ma in genere i problemi di relazione si hanno in due.
Possibile che lei non gli abbia fatto nessuna critica, non abbia espresso pareri che in realtà erano giudizi, non abbia insistito per sapere dove stava e con chi, e tuttavia il suo ragazzo si sia sentito irritato da "discussioni inutili"?
A volte non ci si comprende, per i termini o per i modi usati; a volte da parte di uno, o di tutti e due i partner, si tende a violare lo spazio emotivo dell'altro, senza accorgersene.
Naturalmente la maggiore o minore tolleranza a queste situazioni dipende dal grado di attaccamento: se siamo innamoratissimi, oppure patologicamente dipendenti dal partner, accettiamo (almeno per un po') critiche, ordini, imposizioni; ma se non lo siamo, basta un lieve disagio a infastidirci.
Finché la relazione c'è, risulta utile verificare in terapia di coppia quali sono le modalità comunicative dei due. Quando la coppia non esiste più è opportuno valutare in colloqui psicologici individuali in che modo possiamo aver danneggiato la comunicazione, per imparare nuovi metodi ed evitare la ripetizione all'infinito del nostro copione.
Dalle cose che scrive, lei può apparire dirigista e controllante, ma anche scarsamente dotata di autostima; e chi non ama sé stesso, come pretende che un altro lo ami?
Qualche esempio. "All’età di 17 anni mi dichiarai e venni rifiutata". Perché si dichiarò? Non credeva di poter attuare una gentile seduzione?
In risposta a questa dichiarazione, lui "mi disse che non voleva relazioni serie".
E lei, invece di prenderne atto e ritirarsi, oppure cercare di cambiare la situazione, cosa fa? Si mette ossessivamente a controllarlo, col solo effetto di accentuare la scarsa valutazione di sé stessa. "Dal 2019 al 2020 iniziò il mio periodo più buio: ansia, controllavo cosa facesse, mi sentivo inadatta, pensavo che fossi io il problema che lo spinse a non volermi". E ancora: "Mi volevo far vedere a tutti i costi, volevo uscire dove stava lui, sapere dove andava, gli scrivevo è costantemente invenivo ignorata oppure ricevevo risposte molto fredde".
In questo modo pensava davvero di farsi apprezzare, desiderare da lui?
Eppure, nonostante lei ci abbia in pratica raccontato come si fa a spegnere l'interesse di un partner, conclude: "Non ammette mai quando sbaglia, è sempre colpa mia di tutto".
Rifletta e valuti se non è il caso di iniziare un percorso, anche di gruppo, sulla comunicazione, sulla seduzione o sull'autostima. Conservi questa email per discuterla con lo/a psicologo/a.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com