Traumi passati, università, ansia da prestazione? come risolvere?

Buongiorno, sono una ragazza di 21 anni, cercherò di spiegare brevemente la mia situazione.
Sono sempre stata fin da bambina il prototipo della studentessa modello, ho sempre ottenuto risultati eccellenti con il minimo sforzo al livello scolastico e d’altronde lo studio è una delle mie grandi passioni.
Mi sono trasferita a Milano nel 2019 per frequentare una università privata in una facoltà a numero chiuso, i miei genitori hanno sempre riposto enorme fiducia nella mia carriera accademica e sento davvero in maniera molto forte la pressione di dover soddisfare le loro aspettative.
Tuttavia, per motivazioni che ancora devo completamente indagare con razionalità e che mi sono ancora sconosciute, ho sviluppato a cavallo tra il 2019 e il 2020 un terribile disturbo alimentare bulimico che mi ha letteralmente trasportata in un baratro di solitudine e depressione.
Ho passato due anni della mia vita a combattere da sola contro la paura del cibo, contro la bilancia, ero arrivata ad avere crisi emotive quando non potevo pesare i grammi d’olio o le foglie di lattuga che introducevo nel mio stomaco e facevo di tutto per sfuggire a situazioni sociali dove si prospettava di mangiare o bere in compagnia.
Ho vomitato, ho preso tanti lassativi, ho distrutto il mio sistema digerente e la mia stessa salute mentale.
Le mie giornate erano interamente occupate dal pensiero del cibo e del grasso sulla mia pancia e non ero capace di focalizzarmi su altro.
La mia famiglia, che mi supporta, per carità, sotto altri profili, ha un mindset un po’ ristretto riguardo questa tipologia di questioni e non è stata in grado di fornirmi supporto o aiuto concreto.
Ho dovuto raccogliere quel poco di lucidità che mi era rimasta e rimettermi in piedi completamente da sola, senza uno psicologo, senza terapia, con nessuno al mio fianco.
Ho trovato una forza immane non so dove e ho combattuto (per lo meno in larga parte) il mio maledetto disturbo alimentare.
Uscita dal vortice della bulimia, però, ho dovuto fare i conti con la realtà: ho sei esami indietro, vivo una stanchezza psicologica non indifferente e devo scendere a patti con il fatto che i miei non accetterebbero mai che io mi laureassi con un semestre di ritardo o con un voto più basso, sarebbe una gran delusione per loro e non capirebbero cosa c’è dietro.
Oltretutto vivo un contesto universitario molto competitivo e da regolamento non ci è permesso di rifiutare i voti dei singoli esami.
Oggi ho preso il primo 20 della mia carriera accademica e mi sento mangiata dalla vergogna, come se la validazione universitaria fosse l’unica cosa che mi tiene in vita, come se non potessi essere nient’altro che una buona media accademica o una carriera scolastica brillante.
Ho paura del fallimento.
Non ho nessuno con cui confidarmi.
Vorrei solo capire come uscire da questa morsa, capire come fare ad accettare anche qualche piccola sconfitta per poter andare avanti più serenamente.

Ringrazio anticipatamente per la disponibilità.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
nei maggiori ospedali esistono équipe di specialisti (medici, psicologi, dietologi) che curano i disturbi della sfera alimentare. Ovviamente fanno parte del Sistema Sanitario Nazionale, perciò non prevedono spese. Chieda al suo medico di famiglia l'impegnativa e le relative indicazioni.
In tutte le università ci sono per legge psicologi che accompagnano l'iter degli studenti. A maggior ragione ne troverà nella sua prestigiosa università.
Quello che sorprende è la sua affermazione: "per motivazioni che ancora devo completamente indagare con razionalità e che mi sono ancora sconosciute, ho sviluppato a cavallo tra il 2019 e il 2020 un terribile disturbo alimentare bulimico", quando invece tutta la sua lettera grida il motivo di quanto le sta accadendo.
Lei cambia città da sola, molto giovane, non per andare in un allegro centro universitario, ma in una specie di luogo di tortura, e chiarisce:
"i miei genitori hanno sempre riposto enorme fiducia nella mia carriera accademica e sento davvero in maniera molto forte la pressione di dover soddisfare le loro aspettative";
"La mia famiglia, che mi supporta, per carità, sotto altri profili, ha un mindset un po’ ristretto riguardo questa tipologia di questioni e non è stata in grado di fornirmi supporto o aiuto concreto";
"Oltretutto vivo un contesto universitario molto competitivo e da regolamento non ci è permesso di rifiutare i voti dei singoli esami" (quest'affermazione è inverosimile: le università, pubbliche o private, devono attenersi alle regole generali del Ministero dell'Istruzione).
Infine l'affermazione più clamorosa:
"devo scendere a patti con il fatto che i miei non accetterebbero mai che io mi laureassi con un semestre di ritardo o con un voto più basso, sarebbe una gran delusione per loro e non capirebbero cosa c’è dietro".
Infatti, quello che c'è dietro va spiegato chiaramente, come le diranno i medici che l'aiuteranno a guarire, forse anche facendole capire che l'unica persona in grado di prendersi cura di lei, è lei stessa.
Auguri infiniti.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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