Fine di una storia

Buongiorno dottori,
dopo un precedente rapporto burrascoso, dovuto alla profonda irrequietezza del lui in questione, 2 anni e 1/2 fa ci ritroviamo, entrambi lavoriamo in città diverse dalla nostra.
Ritorniamo insieme.

Dopo 2 anni, di comune accordo arriva il momento della sua domanda di trasferimento ed entra in crisi, vuole lasciarmi.
Io cerco di essere comprensiva, cerco di capire che i cambiamenti fanno paura e facciamo la domanda.
Ma ad ogni litigio mi rinfacciava che lui si stava trasferendo per me, mi dice dei suoi mille dubbi e insicurezze su di noi.
Io mi sento sempre piu’ insicura.

Dopo l'estate arriva il trasferimento.
Temporeggia.
Ci sono anche dei lavori da fare a casa sua (ha già una casa, se pur lontanissima dal mio lavoro, ma ovviamente neanche ho messo in discussione di non vivere lì da lui, ero disposto a farmi svariarti km pur di stare con lui). Dovendo prendere servizio a lavoro, si trasferisce.
Giorni, settimane di continui dubbi, insicurezze, paure relative al nostro rapporto.
Lo vedo disinteressato a tutto, anche ai lavori della casa in cui per ora ci viveva solo lui, ma di lì a breve avrei dovuto viverci anche io con lui.

Parto per qualche giorno, per motivi personali, e al mio rientro lo trovo totalmente apatico e ricomincia a dirmi che non è sicuro di noi, che non prova nessun entusiasmo all’idea di sistemare casa e viverci con me.
Esasperata, lo mando via.

Nei giorni successivi mi cerca come se nulla fosse successo, io non ne voglio sapere.
Non voglio legare a me un uomo che non è sicuro dei suoi sentimenti.
E gli chiedo solo di fare chiarezza dentro di lui.
Lui dà tutte le colpe a me, anche del suo trasferimento.
Ovviamente io sto malissimo.
Non mangio, non dormo, ma non torno indietro.
Sparisce per mesi.

Arriviamo a Natale, e mi chiede di tornare nella nostra città insieme e io gli chiedo cosa voglia.
Non ricevo risposte.
Parto da sola e trascorro le vacanze da sola.
Per caso lo incontro per le vie della città.
Continua ad accusarmi di averlo fatto trasferire.
Io soffro, ma vado avanti per la mia strada.
Si ritorna a lavoro e continua, sempre tramite messaggi, a chiedermi cosa io voglia, e tutto il circolo delle accuse.
adirata gli dico che sono stanca, che non mi ha dimostrato in tutto questo tempo di non volermi perdere.
Sparito.

Non mi sento in colpa.
Essermene andata vuol dire non solo aver rispettato me stessa e ciò che desidero (un uomo convinto dei suoi sentimenti), ma anche aver rispettato lui lui che non sa quello che vuole, ma certamente non vuole me, una vita di coppia come la voglio io, altrimenti una strada per non perdermi l’avrebbe trovata.
Non gli faccio una colpa di questo, siamo diversi, forse a modo suo anche lui mi ama, ma non riusciamo a stare bene insieme, forse nessuno dei due riesce a venire incontro all’altro, quindi, nonostante la sofferenza atroce, dico meglio essersi fermati senza aver fatto danni maggiori.

Alla luce di tutto queste consapevolezze e questo lavoro su di me, dopo mesi, perché fa ancora tanto male, perché mi manca ancora tanto?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Probabilmente - ma è solo un'ipotesi - lui era la parte "debole" del rapporto. Forse lui si è sentito in qualche modo pressato, sia pure da se stesso, a trasferirsi per amor suo anche se in realtà non avrebbe voluto. E quindi, come succede in questi casi, dopo non ha perso occasione per rinfacciarglielo.

>>> Non voglio legare a me un uomo che non è sicuro dei suoi sentimenti

Qui ha ragione e sono d'accordo con lei. Dev'essere l'altro a sapere cosa vuole, senza pressioni. Bisogna essere in due a saperlo, in realtà.

La sua domanda finale invece potrebbe essere abbastanza scontata: perché si sente ancora legata a lui. Forse, pur nella sua (di lui) debolezza, era funzionale a ciò che ceracava lei e quindi ora ne sente la mancanza.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
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