Consulto su un comportamento

Gentili dottori buonasera e grazie come sempre della vostra disponibilità.
Provo a sintetizzare al massimo.
Causa padre molto violento e che mi ha vietato un sacco di cose, sin da piccolissimo sono cresciuto tra stenti, divieti e problematiche di vario genere al punto da provare, nel tempo, attrazione mentale e poi fisica per ragazzi che erano l'esatto opposto di me.
Magari il "bulletto" del quartiere, il cosiddetto ragazzaccio.
Solo sentire un amico usare l'espressione "faccio quello che voglio" mi comportava un piacere fisico e mentale.
Nel tempo, diventato più grande, è nato una sorta di divertimento virtuale e in webcam che va oltre - scusate la volgarità - la classica reciproca masturbazione a distanza.
Provavo piacere ad ascoltare storie di persone non propriamente brave, che raccontavano di disobbedienza ai genitori, di ragazzate di vario genere, al punto quasi da costruirmi il personaggio del bad boy senza regole che immaginava di organizzare chissà quale fine settimana particolare a fare le cose più sbagliate (senza esagerare, ovvio).
Nel tempo questa evasione è diventata una valvola di sfogo che mi dava piacere fisico, al punto che una persona mi destava interesse sessuale solo se, nel rapporto, toccava certi argomenti o aveva comportamenti ribelli nella vita.
Posto che devo lavorare su questo aspetto e sto facendo già un percorso con una professionista, vengo al punto.
Da un anno vivo una relazione, sono realmente innamorato, convivo, programmo il futuro e sono stato fisicamente sempre fedele.
Alla lunga, però, questo tipo di evasione virtuale continua ad occupare una parte della mia quotidianità, ci sono alcune notti dove lasciarmi andare ed ascoltare storie particolari da gente pescata in determinate chat mi dà piacere.
Nel contempo, però, non noto nessun calo di sentimento, nè tentazioni reali di fare qualcosa.
La "scappatella" virtuale talvolta può essere vista come un "c'è qualcosa che non va nella coppia", nel mio caso nulla di tutto questo.
Amo la persona con cui sto, non la cambierei con nessuno, c'è attrazione fisica, stiamo benissimo assieme e spero di sposarmi di qui a un anno.
Sa di queste mie "evasioni", alla lunga ne sta soffrendo.
Volevo chiedere, sperando di essere stato chiaro perchè tante cose non si possono riassumere in poche righe, se mantenersi uno spazio proprio d'evasione virtuale, in cui comunque c'è un minimo di piacere fisico e si fa provare piacere ad una persona dietro un monitor, possa essere "accettabile" se al partner comunque non si fa mancare nulla e senza risvolti reali con nessuno (se mi chiedono di uscire, di fare sesso dal vivo o anche solo di uscire per una pizza il rifiuto è categorico) o se è meglio accantonare tutto questo e vivere una situazione di normalità.
So bene che il problema è di fondo, ma sento d'aver bisogno di questo spazio per quanto "sbagliato", anomalo e particolare.
Mi pongo solo il problema etico verso chi amo e ne soffre, pur essendo una mera virtualità fine a se stessa
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
lei ha già opportunamente scelto di essere seguito da una psicologa, per cui non si capisce questa ulteriore richiesta a noi.
Le suggerirò tuttavia alcuni spunti di riflessione.
Il primo è che ognuno di noi è tante potenzialità non attuate; da qui l'evasione nel sogno ad occhi aperti, come quando da bambini si gioca ad interpretare diversi ruoli in diverse situazioni.
Lei però non si limita a fantasticare: entra in contatto con persone reali, agisce e prova vere emozioni.
A questo punto mi chiedo se la realtà che ha scelto come "vera" (la sua ragazza) non sia troppo rigidamente 'per bene', troppo priva di sorprese e di capacità di spezzare gli schemi.
Perché non gioca all'effrazione con la sua ragazza? Il volerlo fare per forza con altri suscita delle perplessità.
Secondo spunto di riflessione: "sento d'aver bisogno di questo spazio per quanto "sbagliato", anomalo e particolare".
Una sorta di dipendenza, una compulsione a cui non sa resistere, malgrado l'osservazione: "Mi pongo solo il problema etico verso chi amo e ne soffre"?
Infine la invito a fare un esperimento mentale su quella che chiama "mera virtualità fine a se stessa". Immagini di entrare in casa e di trovare la sua ragazza immersa nello stesso tipo di relazione e di piacere, sia pure online. Quali sarebbero le sue reazioni?
Rifletta, e ne parli in terapia.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Anzitutto grazie per avermi dedicato parte del suo tempo. Ho scelto di chiedere un consiglio anche qui per due motivi. Siete bravi. Poi: faccia a faccia con la psicologa e non dietro una tastiera imbarazza, frena, talvolta spaventa confidare cose molto intime, particolari, tirar fuori un lato potenzialmente "sbagliato" e inaspettato. Soprattutto se è una psicologa che ti segue da 10 anni e ha una certa stima che ho paura possa perdere. Ciò detto, rispondo alle sue ottime osservazioni. 1)Io sto con un ragazzo e, all'inizio, ci ha avvicinato proprio il suo essere per davvero fuori dagli schemi, ribelle, libertino, aperto anche a provare esperienze particolari. Immaginavamo un rapporto complice tra amici che vogliono evadere, poi è nato un enorme sentimento che ha fatto passare nettamente in secondo piano quell'aspetto. Collegandomi all'ultima sua osservazione, fino a quando non si sfocia in un tradimento fisico e in un desiderio concreto per altre persone mi darebbe piacere se il mio compagno fosse protagonista di questo mio mondo virtuale, facesse anche lui determinate cose. Sul problema di fondo le dico. Nel 2020, nel giro di due mesi, ho rischiato di perdere mia madre, mia sorella e ho avuto enormi problemi. Vivevo solo, tuffarmi in questo contesto in cui tiravo fuori un lato sbagliato ascoltando esperienze e storie di chi, magari, certe cose le fa davvero mi consentiva di "sfogarmi", di non pensare, di immedesimarmi in chi fa davvero quello che vuole senza farsi problemi morali ed etici. Con la certezza che poi, chiuse le conversazioni, sono cose che nella realtà credo non farei mai e che condanno anche, in tanti casi. E' su questo che lavoro: com'è possibile che mi attraggono fisicamente argomenti distanti comunque dalla mia persona? Sul fatto specifico ci sono dei momenti in cui mi dico "Non lo faccio di nascosto, non lo tradisco, vivo una bella storia e nel frattempo mi sento apprezzato da altri e vivo una realtà parallela che mi dà evasione. Non gli faccio mancare nulla, stiamo costruendo un futuro importante...in fondo che male c'è?". In altri momenti mi assale l'angoscia e dico "Non lo merita, è un ragazzo straordinario e dovrei evitare di parlare con altri, far provare piacere a persone fossero anche distanti 900 km". Ma mi rendo conto che mi fa stare bene e che, se volessi ragionare in modo freddo, non mi vorrei privare di nulla che, senza danneggiare nessuno, mi prova piacere. Che poi l'argomento del piacere debba essere oggetto di lavoro psicologico non c'è dubbio. Che ne pensa?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
penso solo che lei ha buttato dieci anni di terapia.
Eccone la prova nelle sue stesse parole: "faccia a faccia con la psicologa e non dietro una tastiera imbarazza, frena, talvolta spaventa confidare cose molto intime, particolari, tirar fuori un lato potenzialmente "sbagliato" e inaspettato. Soprattutto se è una psicologa che ti segue da 10 anni e ha una certa stima che ho paura possa perdere".
Caro utente, con l* psicolog* si scopre sé stessi perché il/la professionista ci accoglie senza stima né disistima, è proprio questo il suo compito. Se invece ci aiuta, sia pure involontariamente, a farci costruire un personaggio falso, il rapporto terapeutico e il processo di guarigione vengono meno.
Sbaglio, supponendo che la sua terapia venga pagata da altri? C'è un'assunzione di responsabilità che in lei ancora non si vede. La invito a fruire correttamente del terapeuta.
Buone cose.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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dopo
Utente
Utente
gentile professoressa, io la ringrazio per la risposta ma credo sia un pochino ingeneroso dire che ho buttato 10 anni di terapia. Ho premesso in ogni post che riassumere la situazione e renderla capibile in poche righe fosse esercizio complesso e mi avrebbe dato una mano leggere una risposta sulle tematiche che ho esposto e non un giudizio sul percorso fatto con una professionista valida. Lo dico ovviamente con serenità e rispetto estremo per lei. La terapia la pago io, ovviamente. E se non mi volessi assumere responsabilità non starei qui a chiedere consigli e un aiuto rispetto ad una serie di tematiche molto particolari.E' vero che una psicologa è distaccata , ma dopo 10 anni credo sia anche umano nasca un rapporto d'affetto o, comunque, di simpatia e stima. Dire "mi eccita fisicamente leggere racconti di ragazzi che fanno cose sbagliate" andando nei dettagli, parlare di tematiche sessuali, intime e "anormali" ritengo possa comunque causare imbarazzo e un freno. Non costruisco nulla di diverso da me nelle mie sedute con la psicologa, sarebbe una perdita di tempo e di soldi. Al limite, mi concentro su altri argomenti o , in merito, sono vago e non troppo esplicito. In 10 anni sono stato da lei per ipocondria, attacchi di panico, depressione, ansia, disturbi di vario genere... e ci sono stati miglioramenti...evidentemente non ho buttato 10 anni :D se vorrà rispondere alle domande del post precedente le sono grato, altrimenti la ringrazio lo stesso
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
vedo che lei continua ad equivocare il ruolo e la funzione dello psicologo. Infatti scrive: "dopo 10 anni credo sia anche umano nasca un rapporto d'affetto o, comunque, di simpatia e stima. Dire "mi eccita fisicamente leggere racconti di ragazzi che fanno cose sbagliate" andando nei dettagli, parlare di tematiche sessuali, intime e "anormali" ritengo possa comunque causare imbarazzo e un freno".
Questo può essere vero con un conoscente, con un collega di lavoro -non con un partner, col quale sarebbe auspicabile che certi imbarazzi e freni dopo dieci anni siano superati- ma certo mai col proprio curante, con il quale eventuali affetto e stima sopravvenuti sarebbero disturbanti per la relazione terapeutica.
Scrive: "In 10 anni sono stato da lei per ipocondria, attacchi di panico, depressione, ansia, disturbi di vario genere... e ci sono stati miglioramenti..."
E già. Sono questi "miglioramenti" senza guarigione che noi psicologi consideriamo cronicizzazione. Con un rapporto terapeutico integro e senza pregiudizi, i vari disturbi che lei considera separati avrebbero trovato il loro posto nel quadro complessivo, come un puzzle giunto a soluzione.
Ora lei vorrebbe chiedere a noi di continuare a favorire questa sua visione timorosa, per cui continua a cercare supporti, puntelli, e mai una soluzione vera.
Non posso che invitarla ancora una volta a considerare i suoi disturbi come pietruzze di un mosaico che può trovare il proprio completamento solo in un lavoro proficuo con la sua curante.
Ancora buone cose.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#6]
dopo
Utente
Utente
grazie per la risposta, per la pazienza e per la disponibilità. Farò come dice lei prendendo appuntamento quanto prima e, nel caso non riuscissi ancora ad aprirmi completamente, potrei valutare di cambiare professionista di riferimento e iniziare un percorso nuovo con un'altra persona. Nel frattempo, se le va, può rispondere alla mia domanda: lei crede che, in una relazione stabile in cui sentimento e fedeltà fisica non sono in discussione, concedersi qualcosa che in parte ferisce il proprio compagno, ma che in fondo non gli toglie nulla e dà un benessere e un'evasione possa essere accettabile o è meglio lavorarci su per eliminarlo? Grazie un abbraccio forte dalla Campania
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
trovare il coraggio di andare a fondo vuol dire NON cambiare il proprio curante (sarebbe una fuga) ma cambiare il modo di rapportarsi ad esso.
Ciò che sperimentiamo nell'ambiente protetto del setting terapeutico lo portiamo fuori e lo applichiamo, opportunamente modulato, alle nostre relazioni di tutti i giorni.
Ma lei continua ad equivocare sul ruolo dello psicologo. Vediamo per esempio la sua domanda: "lei crede che, in una relazione stabile in cui sentimento e fedeltà fisica non sono in discussione, concedersi qualcosa che in parte ferisce il proprio compagno, ma che in fondo non gli toglie nulla e dà un benessere e un'evasione possa essere accettabile o è meglio lavorarci su per eliminarlo?".
La formulazione stessa è fallace: che importanza può avere ciò che credo io? Io sento e penso in un certo modo, lei in un altro. Lo psicologo può aiutarla a comprendere sé stesso, i suoi desideri, i rischi che è disposto a correre, certe sue "fissità".
Nella frase sopra lei parla di un comportamento che "ferisce" il suo compagno ma "dà un benessere" a lei stesso. Quali le conseguenze, nel protrarre o nell'interrompere questo comportamento? E quali le cause? C'è in lei del sadismo, e parte del suo piacere consiste proprio nel ferire il compagno? C'è una vecchia abitudine ad agire di nascosto, per sentirsi appagato e libero?
Questo e altro può emergere in un colloquio genuino col proprio curante, colloquio che non si costruisce in un giorno, però nemmeno può protrarsi dieci anni!
Credo di averle risposto esaurientemente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com