Rapporto psicoterapeuta paziente

Ho 40 anni.
Da un anno ho iniziato la terapia.
Dopo alcune resistenze, ho sviluppato un piacevole rapporto con la mia terapeuta, mia coetanea.
So che una bella relazione terapeutica è l'humus per la riuscita della terapia ma mi par talvolta che il nostro rapporto non abbia la giusta distanza: scherziamo molto, ci prendiamo in giro e ci diciamo quanto siano piacevoli i nostri incontri e lei si è addirittura augurata che possano continuare anche dopo la terapia.
A me sembra che si sia sviluppata niente di più, niente di meno che una naturale simpatia.

Tuttavia, io ho problemi di ricerca di approvazione e ho notato in me, a seguito di questa simpatia espressa, la voglia di piacerle ancora di più.
Quindi, pensavo di portare questo problema nella stanza terapeutica e di chiederle di avere un rapporto più distaccato.

Ma ragionando meglio mi è sembrato che io stessi attivando nella relazione con la mia terapeuta una dinamica tipica delle mie relazioni, che è l'attaccamento evitante.
Quindi, prima di chiedere un atteggiamento diverso alla mia terapeuta (che potrebbe sembrare anche un attacco alla sua professionalità), volevo chiedervi se fosse possibile questa mia teoria: mi sto affezionando alla mia terapeuta, la paura di soffrire il distacco a fine terapia mi porta a preventivarmi e a proteggermi chiedendo distacco da ora.
E ancora... il fatto stesso di chiederle esplicitamente distacco è un modo per "metterla alla prova" e testare il suo "affetto"?

Grazie per la disponibilità
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Dr.ssa Federica Cairoli Psicologo 100 3
Buonasera,
credo che chiedere "distacco" alla terapeuta possa risultare "innaturale" o dare adito a fraintendimenti a questo punto del percorso.
Diverso, come ha ben intuito, portare in seduta i dubbi che qui sottopone e che possono divenire spunto di riflessione e di "lavoro" per non ripetere, come riferisce, modalità a lei conosciute.
Il transfert e l'alleanza terapeutica ("naturale simpatia") sono parti essenziali della cura quando rispettano limiti deontologici mirati a non divenirne ostacolo anzichè "motore".
Inoltre il/la terapeuta, per il ruolo che riveste, non ha un "affetto da mettere alla prova o da testare" nè deve sentirsi compiaciuto per i sentimenti che il paziente gli manifesta. Non è un/un'amica, è prima di tutto un professionista con un compito ed una funzione, aldilà della reciproca simpatia.
Al di fuori del setting ed a conclusione di un percorso nulla vieta coinvolgimenti di altra natura.
Poichè la gestione del transfert è "compito" del terapeuta, sarà guidata dalla deontologia della collega verso la soluzione più adatta a lei.

Dr.ssa Dederica Cairoli