Ansia, panico, fobie: non sono entità estranee, ma costruzioni della nostra mente
Quando si parla di disturbi fobici, ossessivi o ansiosi (come gli attacchi di panico) si tende spesso a considerarli come eventi esterni, imprevedibili, che ci colpiscono all’improvviso, come fulmini a ciel sereno. Oppure li si vive come entità misteriose che ci “grazierebbero” a loro piacimento quando stiamo bene. Gli ansiosi usano spesso espressioni come “oggi mi ha lasciato in pace”, “spero che non mi venga”.
Questo modo di pensare è parte integrante del problema.
L'ansia è un'entità esterna?
L’idea che l’ansia sia qualcosa di esterno, che possa colpirci senza che abbiamo alcun potere su di essa, crea un terreno fertile per i sintomi. Alimenta la sensazione di essere in balia di forze incontrollabili e, così facendo, indebolisce la nostra capacità di reagire.
Ma i sintomi ansiosi non sono forze misteriose né entità indipendenti da noi. Sono l’espressione diretta del nostro cervello, e soprattutto del nostro modo di vedere e percepire la realtà che ci circonda. Non si tratta di qualcosa che ci invade come un virus o un batterio. Sono, invece, costruzioni mentali, frutto del nostro vissuto, delle nostre convinzioni, aspettative, paure e interpretazioni (il più delle volte errate e catastrofiche).
Se in certi momenti stiamo bene, non è perché il disturbo ci ha “risparmiati”, ma perché, consapevolmente o no, ci siamo messi nelle condizioni di non alimentarlo. Questo significa che non siamo semplici vittime, ma parte attiva del nostro benessere.
Guarda il video: 3 domande sull'ansia
Possiamo controllare i nostri disturbi ansiosi?
I disturbi ansiosi, fobici e ossessivi sono un nostro prodotto. E come tali, possiamo iniziare a esercitare un controllo su di essi. Le frasi che molti pazienti pronunciano: “spero non mi venga”, “oggi mi ha lasciato in pace”, riflettono proprio una visione passiva, che contribuisce a rafforzare il sintomo, a renderlo qualcosa di esterno e incontrollabile.
Ma se assumiamo la consapevolezza che noi siamo gli artefici di questi stati interni, che i sintomi derivano da:
- convinzioni radicate, pretesa di controllo e di certezze assolute (nel caso delle ossessioni) - si veda Doc una questione di forma
- aspettative catastrofiche (nel panico) - si veda La trappola del panico
- condizionamenti o interpretazioni errate (nelle fobie)
allora iniziamo a intravedere una via d’uscita.
Trasformare in volontario ciò che è spontaneo
Alcuni modelli terapeutici, come quelli strategici e comportamentali, si basano proprio su questo: aiutano il paziente a rendere volontari quei processi che generano il sintomo. Lo guidano a provocarlo in modo controllato per fargli sperimentare, in prima persona, che può accenderlo… e quindi anche spegnerlo. Questa è un’esperienza emozionale correttiva fondamentale, che trasforma radicalmente il rapporto con il disturbo.
Il punto centrale è riconoscere che non siamo di fronte a una presenza estranea. L’ansia non è qualcosa che ci possiede dall’esterno, come un’infezione. È una costruzione interna, nostra. E la consapevolezza di questo è il primo passo, forse il più importante, verso la guarigione.
Avere un atteggiamento passivo ci mette nella condizione di chi si aspetta un evento catastrofico da un momento all’altro, senza avere alcuna possibilità di fermarlo. È come se fossimo dietro una porta, sentendo dei rumori provenire dall’esterno, convinti che ci siano dei ladri pronti a entrare in casa. Restiamo lì, con l’ansia, con la paura, con la speranza che se ne vadano… o con il terrore che, da un momento all’altro, sfondino la porta.
Ma l’atteggiamento controintuitivo, quello che davvero sorprenderebbe i ladri, sarebbe proprio quello di aprire la porta e invitarli a entrare, magari dicendo: “Venite pure, rubate ciò io voglio che voi rubiate”. Come la prenderebbero? Probabilmente sarebbero loro a restare sorpresi, spiazzati… o, addirittura, spaventati.
Ecco, proviamo a fare la stessa cosa con l’ansia, proprio quando crediamo che stia per arrivare e sperimentiamo questo esperienza insolita e, probabilmente, terapeutica!