cerco aiuto

Salve.sono in terapia da 14 anni...purtroppo in questo ultimo periodo il mio rapporto terapeutico si è incrinato, a causa dell'aggressività del mio terapeuta che spesso viene fuori e che io non riesco proprio a sopportare.
Ho avuto dei gravi problemi di ansia, depressione e molto altro ancora...ma ora non so che fare;sono stata curata anche con farmaci che oggi fortunatamente non prendo più, tranne il Tavor quando sopraggiunge un attacco di panico.Purtroppo la terapia ha subito un rallentamento, io non riesco ad aprirmi più con lui e lui non riesce a tirarmi fuori quello che ancora oggi mi porto dentro,così all'improvviso senza il suo consenso ho deciso di interrompere,poi sono tornata solo per una volta ma oggi non so più cosa fare! Mi sento stanca, confusa,a volte non compresa;anche quando mi vede piangere, le assicuro che piango ancora tanto, lui resta indifferente...non so se questo atteggiamento rientri nella terapia, so solo che mi procura altra angoscia e la voglia di mollare tutto.Non posso ricominciare daccapo da un altro terapeuta, non ce la farei mai:nel mio ultimo incontro mi ha detto che mi avrebbe richiamato ,a ferie finite ,per altri incontri,ma io non so cosa fare...ho paura anche di lui e non riesco più a parlarci.Se interrompo del tutto cosa mi potrebbe accadere?Aspetto presto una risposta.GRAZIE.
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,
nell'ambito di quale techica psicoterapeutica lavora il Suo psicoterapeuta ?
in che cosa consiste (oppure come Lei avverte) l'aggressività del Suo psicoterapeuta ?
di questo ha provato a parlare con lui apertamente ?

Non discuto sull'importanza dell'approccio psicoterapeutico nel Suo caso. Probabilmente è centrale. Tuttavia, non è detto affatto che la persona ne è sempre pronta e non è detto che debba essere l'unico approccio e che non possa essere abinato ai farmaci (ma come si deve, non come fa adesso).

Devo aggiungere qualche parola sui farmaci e sul ruolo di noi, psichiatri.

Se dei farmaci Lei assume solo il Tavor quando sopraggiunge un attacco di panico, questo significa che Lei è comunque in trattamento con i medicinali per la Sua problematica, e questo trattamento deve essere monitorato da uno specialista psichiatra di riferimento. Ne ha uno ? Uno psichiatra di riferimento avrebbe servito anche in assenza della cura farmacologica, ma semplicemente per monitorare l'evoluzione del quadro clinico.

Questa modalità di cura psicofarmacologica (Tavor al bisogno) può essere un'illusione di non essere in terapia con gli psicofarmaci, quando di fatto è, a tutti gli effetti, una cura farmacologica, ma non ottimale, e ciò è testimoniato dal fatto che gli attacchi di panico comunque si manifestano. Non è chiaro: perché le altre cure sono state sospese e di quali farmaci si è trattato ?

Dr. Alex Aleksey Gukov

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dopo
Utente
Utente

Egregio dottore,grazie per la risposta così celere...il mio psicoterapeuta è anche uno psichiatra,il suo approccio terapeutico è cognitivo-comportamentale.Vede, quando ho deciso di andare in psicoterapia e farmi aiutare 14 anni fa stavo proprio male:soffrivo di allucinazioni,ero diventata quasi anoressica,non avevo più voglia di vivere al punto che non facevo altro che dormire, perchè prendevo ansiolitici e bevevo molto per stordirmi e non pensare al dolore interno che provavo.Prima di iniziare la psicoterapia ho dovuto insieme a lui fare un percorso di disintossicazione...ero costretta a recarmi alla ASL dove lui lavora per assumere, nel modo corretto,le medicine che lui mi prescriveva perchè oramai non ne avevo più controllo.E' stato un percorso molto lungo e faticoso e devo ammettere che lui in questo è stato molto bravo.Appena stata meglio..ho iniziato la mia psicoterapia, altrettanto lunga e faticosa perche ci sono, ancora oggi dei punti che non riesco ad affrontare.Forse è proprio questo che gli rimprovero,la sua incapacità a farmene liberare del tutto,a tirarmele fuori,perchè io non ne sono proprio capace,quando ne parlo non faccio altro che piangere e lui non sbatte ciglio:vorrei essere consolata e,attenzione,non cerco la pietà ma solo la comprensione e le attenzioni che in tutta la mia vita non ho mai ricevuto.Vorrei averlo più vicino,anche nei momenti più bui che si presentano durante la settimana e che molte volte precedono i nostri colloqui,ma lui è aggressivo quando lo chiamo...a volte mi capita ancora oggi di avere delle crisi violente di panico e quando lo chiamo lui mi aggredisce e termina violentemente la telefonata.Poi mi richiama,perchè magari si sente in colpa, ma l'effetto che sortisce su di me non è più lo stesso e la mia paura nell'incontrarlo la volta succesiva aumenta e mi fa chiudere in me stessa,così finisce che il nostro incontro lo passiamo in silenzio perchè io non riesco ad aprirmi.Abbiamo parlato più volte di questo e lui concorda con me che un atteggiamento troppo aggressivo mi provoca una chiusura anche perchè lui ne conosce bene i motivi..L' ultima volta che mi sono permessa di chiamarlo ha usato dei toni veramente duri ,con espressioni e parole davvero molto Colorate e da questo momento le cose sono cambiate, anche se sono stata capace di dirglielo.E' per questo che ora sono disperata,vorrei lasciare tutto perchè qualcosa si è rotto..ma non posso ricominciare daccapo e da un'altra parte!AIUTATEMi
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Egregia utente,
capisco quanto la situazione è davvero problematica, anche perché, quanto ho capito, questo sspecialista è il Suo unico riferimento (sia come psicoterapeuta, sia come uno psichiatra), ha fatto tutto il percorso con lui, unisce in sé sia il negativo che il positivo, è "universale". Penso che centri proprio tale ruolo che alla fine lui ha..

Posso chiederLe quale diagnosi complessiva è stata data alla Sua malattia ?
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dopo
Utente
Utente
Egregio dottore,in primo luogo la ringrazio per le risposte che mi sta scrivendo,mi sono comunque di grande aiuto e conforto in questa mia confusione!
Molte volte ho chiesto la diagnosi per la mia malattia,mi è stato risposto sindrome ansiosa-depressiva con tratti di schizofrenia;credo però e anche lui ne è convinto che questa diagnosi non rispecchia effettivamente la mia malattia..troppi sono stati i sintomi che hanno compromesso il mio stato mentale;io so cosa mi è successo e che ha determinato il mio stato psicologico e naturalmente quello fisico,ma penso sia troppo difficile poterlo spiegare in poche righe...Lei ha ragione...è lui che guida questo percorso convinto che io non ne possa fare davvero a meno,perchè ogni volta che il nostro rapporto è stato interrottto, da me naturalmente,lui mi ha detto che lo avrei ripreso ed è stato sempre così,Naturalmente mi diceva:non mi assumo nessuna responsabilità!E' così che funziona un rapporto terapeutico?dove sto sbagliando?vorrei capire per avere la forza di andare avanti, anche da sola se necessario!
La ringrazio anticipatamente.
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