Mi serve un aiuto?

Buonasera a tutti. So già che tramite Internet non posso aspettarmi una diagnosi professionale purtroppo. Non sono nemmeno sicuro se sia l'area di competenza giusta, o piuttosto dovevo scrivere in Psicologia. Tuttavia, persone a me vicine mi hanno consigliato di chiedere un consiglio, e quindi eccomi qua...
Non so spiegare per bene quello che mi sta succedendo, ma so che ormai è già da qualche anno (almeno 4), che ho "disturbi" sempre piu' fastidiosi, quali:
-Pensieri negativi a cui corrispondono dei gesti o altrettanti pensieri "automatici", come per cacciarli.
-Sensazione di essere estraneo alla realtà, o meglio immerso nella mia testa, penso continuamente( ma molte volte non so nemmeno io a cosa , o meglio non lo so riferire)
- Impossibilità di portare a termine vari compiti, soprattutto quelli che ritengo piu' importanti ( ho quasi lasciato l'università , pur avendo la media del 28.5)
- Scarso interesse per le altre persone, indirizzato quasi verso il disprezzo
-Nessun interesse per il mio futuro
- "Vivo perchè respiro", non so spiegarlo meglio...
La cosa strana, è che a parte i vari gesti e pensieri che faccio ormai continuamente, per "mantenere il controllo", le altre cose non mi danno poi così fastidio...
Scusate se non sono riuscito a spiegarmi meglio, spero di essermi riuscito a far capire, e che mi consigliate una via.
Grazie mille in anticipo!
[#1]
Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,
premettendo che, secondo me, è opportuna la visita da uno psichiatra,

vorrei comunque chiederLe di chiarire:

quali sono i Suoi "pensieri negativi" e quali sono i "pensieri automatici" ed i gesti per cacciarli ?

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Da quanto capisco, è la prima volta che Lei valuta veramente sul serio di rivolgersi ad uno specialista del nostro settore. Per cui, vorrei chiarire che la visita da uno psichiatra non vuol dire essere per forza un malato quasi irrecuperabile o "pazzo" ecc. Quello che mi fa proporLe la visita proprio dallo psichiatra non è solo la gravità, ma soprattutto la complessità del quadro che deve essere ben diagnosticato. E lo deve farlo lo psichiatra. Può esserci l'influenza della fase della vita o/e delle esperienze precedenti, può esserci una malattia depressiva con sintomi associati di tipo ossessivo-compulsivo o anche un'altra malattia Ovviamente non serve lo psichiatra che solo prescrive l'antidepressivo, ma il mestiere dello psichiatra non va nemmeno inteso così.

Dr. Alex Aleksey Gukov

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie per la risposta tempestiva, Dr. Gukov;
a dire il vero non è la prima volta. Non potendomi permettere visite specialistiche private, ho tentato una volta di prenotare una visita psichiatrica presso l'istituto di salute mentale della mia città. Solo che per un disguido dell'accettazione (o del medico, ognuno incolpava l'altro), il giorno stesso della visita, dopo due mesi e mezzo di attesa, mi hanno spostato a data da destinarsi , "ti chiameremo". Al che, ho abbandonato l'idea...
Parlando dei gesti e dei pensieri, per fare qualche esempio, non riesco a guardare l'orologio, perchè se lo faccio poi dovrei aspettare la lancetta che si ferma in determinati secondi (e lo so che per gli altri è una cosa insensata, ma io devo farlo).
Oppure penso le cose a multipli di 4, o devo ripetere un'azione 4 volte o multiplo.
Oppure ancora devo pensare a 4 associazioni di immagini - colori in ordine , molto velocemente. (ad esempio "io-bianco"). Non sa quanto mi faccia strano anche solo parlarne...
Ma non è solo questo. Altro esempio, ho un gruppo musicale, e non riesco nemmeno a scrivere piu' niente di mio perchè mi blocco in questioni che agli occhi degli altri non sono neanche problemi (come numero di sillabe, prima testo o musica, e cose che è difficile anche spiegare. E non si tratta di difficoltà di creazione, perchè in passato ci sono riuscito, e con risultati piacevoli).
Tendo a vedere le persone sotto diversi schemi, nel senso che non solo non mi rispecchio nei loro valori, nelle loro idee ecc; ma mi sembrano tutti "intontiti", quasi che abbiano le menti chiuse...
Le sto dicendo tutte le cose che mi vengono in mente, sicuramente ce ne sarebbero altre, ma al momento mi sfuggono...
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Grazie per i chiarimenti. Confermo l'opportunità della visita proprio dallo psichiatra, essendo il caso complesso (riferisce i sintomi che sono tipicamente ossessivo-compulsivi, ma probabilmente fanno parte di un'altra malattia, forse di umore), e non escludo l'utilità della terapia psicofarmacologica (prevedrei che con la sola psicoterapia sarà molto più difficile curarla).

Mi dispiace per la Sua esperienza con il centro di salute mentale, ma se Lei è interessato a risolvere questo problema, Le consiglierei di fare un bilancio fra pro e contro e riconsiderare a chiedere l'aiuto al centro di salute mentale.

In alternativa, può chiedere di essere seguito (o almeno di essere visitato dallo psichiatra) in Ambulatorio della Clinica Psichiatrica Universitaria presso un ospedale che collabora con l'Università e che di solito c'è in una grande città. In tale Ambulatorio le visite non sarebbero proprio gratuite, ma si paga il ticket, il che potrebbe essere comunque meno degli onorari degli specialisti privati. Nel caso nel quale il reddito della famiglia alla quale Lei appartiene è sotto un certo livello o se ha uno status redittuale separato ed il Suo reddito è sotto una certa cifra, allora potrebbe essere anche esonerato dal pagamento del ticket. Nella mia città bisogna però avere la richiesta del medico di famiglia su ricetta regionale per una visita psichiatrica.

Dunque, se non è proponibile una visita dallo specialista privato, ci sono almeno queste due possibilità: l'Ambulatorio della Clinica Universitaria, o, di nuovo il Centro di Salute Mentale.
[#4]
dopo
Utente
Utente
Grazie mille, credo sia la cosa migliore anche per le persone che tengono a me.
La terro' aggiornata, se le farà piacere.
Buona serata!
[#5]
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Utente
Utente
Buonasera,
Come avevo promesso, Vi aggiorno sulla mia situazione.
Stamattina ho avuto il mio primo colloquio psichiatrico, e devo dire che sono rimasto un po' deluso...
Innanzitutto, è stato tutto molto " vago", mi ha chiesto le generalità, chi mi ha "portato" a farmi visitare, e successivamente ho parlato un po' dei miei problemi. Ma data la mia fatica a spiegare a parole ciò che in realtà penso, temo che abbia frainteso qualche passaggio, e quindi le mie intenzioni...
Praticamente, parlando del fatto che, pur piacendomi precedentemente scrivere, non riesco piu' a farlo, ma vorrei ricominciare, perchè sento che ne sono in grado, lui ha detto qualcosa del tipo che il mio problema è in gran parte psicologico, in quanto la scrittura rappresenta per me l' "ancora di salvezza", che mi fa mantenere il controllo sulle emozioni. Ha detto inoltre che c'è una "dissociazione" tra la mia mente e il mio corpo, e che tento di reprimere le emozioni, focalizzandomi solo sulle negative. Io sicuramente non me ne intendo, ma ho paura che abbia frainteso, credendomi un ragazzo che vuole a tutti i costi emergere pur non avendo alcun talento. Non si stratta di questo, io non voglio assolutamente emergere, io voglio riuscire a dare il meglio di me stesso in quell'ambito, tutto qui...
Infine mi ha prescritto Zoloft da 50mg e abilify da 5, dandomi appuntamento al 27 giugno.
Ho chiesto se questa diagnosi avesse un nome, ma è rimasto molto sul vago, parlando di dissociazione e di repressione delle emozioni.
Le mie domande sono:
-Questo suo parlar vago di dissociazione equant altro, visto anche dai farmaci prescritti, è un "modo cortese" di dire che sono affetto da qualche patologia dissociativa, quale schizofrenia? Perchè, in caso fosse, avrei preferito lo dicesse chiaramente...
-Io non ho intenzione di cambiare il mio modo di pensare e di vedere le cose.
Quando ho parlato della mia condizione,e del fatto che comunque riesco talvolta ad essere "produttivo" proprio per la mia visione negativa e "malinconica" della realtà, mi ha detto che è assolutamente sbagliato. Magari lo è, ma personalmente non credo... Questi farmaci renderanno diverso il mio modo di vedere le cose? Questo è importante sapere. Perchè se fosse, preferirei evitare...
Spero in una risposta sincera...
Grazie mille in anticipo!
[#6]
Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
"ho paura che abbia frainteso, credendomi un ragazzo che vuole a tutti i costi emergere pur non avendo alcun talento. Non si stratta di questo, io non voglio assolutamente emergere, io voglio riuscire a dare il meglio di me stesso in quell'ambito, tutto qui..."

- Nelle parole dello psichiatra che Lei ha riprodotto nella Sua replica qui non vedo quei significati che trova Lei. Il dottore ha parlato delle dinamiche del Suo "mondo interno" e non dei rapporti esterni (con l'arte, con il pubblico, coi colleghi, coi coetanei, con la società). Le dinamiche del mondo interno sono spesso inconsapevoli e possono essere completamente diverse rispetto agli obbiettivi consapevoli della persona nella vita. Ecco, è proprio qui il punto: il dottore Le ha parlato delle cose delle quali Lei può non essere consapevole, ovvero, che Lei non è abituato a vederle in sé stesso. E perché quello che noi pensiamo di sé stessi deve essere l'unica verità ? E poi chi ha detto che avere la scrittura come "ancora di salvezza" o "reprimere le emozioni" non serve ?

Il dottore poteva essere forse più cauto, ma è stato invece sincero ed ha detto quello che pensa. Probabilmente lui preferisce quella terminologia che ha usato piuttosto che il linguaggio secco delle diagnosi, che non possono descrivere l'individualità. E lui non Le ha fatto la diagnosi, ha solo notato alcuni aspetti in Lei che ha visto.

Piuttosto, conta la Sua reazione: di spaventarsi di fronte ad una valutazione che può dare a Lei l'altro, di spaventarsi probabilmente anche di poter avere qualcosa che l'altro vede e Lei no, di non ammettere proprio la possibilità che l'altro possa "penetrare" nel dentro del Suo mondo interno con i propri occhi.. e dunque il bisogno di controllare che l'altro abbia delle idee "giuste" di Lei... Forse tutta la situazione è stata vissuta in un modo un po' negativo, perché non conosce ancora questo medico e non sa cosa possa pensare... perché quello che noi pensiamo che gli altri possano pensare di noi dipende anche quello che noi pensiamo di loro, ovvero una frase anche critica ma di un amico non viene percepita così come le parole (anche se fossero neutre) di un Giudice, dal quale, nella frase successiva, aspetti la sentenza.

Il dottore non è un Giudice, ma non è nemmeno un amico, per cui le sue parole non sono da intendersi né come una sentenza, né come una solita battuta, ma devono farLe riflettere, e magari la prossima volta riconfrontarsi.

Qui non si sta parlando per niente di una diagnosi o di una valutazione definitiva di Lei. Voi vi dovete ancora conoscere.

"mi ha prescritto Zoloft da 50mg e abilify da 5"
"visto anche dai farmaci prescritti, è un "modo cortese" di dire che sono affetto da qualche patologia dissociativa, quale schizofrenia?"

- Non è la cura per la schizofrenia, ma andrebbe bene come una cura dei sintomi ossessivi. Non credo che per la schizofrenia uno prescriverebbe in prima battuta un antidepressivo (zoloft), mentre l'abilify (che è stato inizialmente sviluppato come antipsicotico) si usa anche nelle sindromi depressivi e/o ossessive ma a dosaggi bassi, come questo.

E, di nuovo, il Suo pensare subito alla schizofrenia mi suggerisce che Lei ha veramente dei timori rispetto al giudizio altrui.

Da una parte è il diritto del paziente sapere la diagnosi, ma dall'altra parte, se il paziente vede nella diagnosi un giudizio, una valutazione di sé come persona, allora diventa un'arma a doppio taglio (qualsiasi tipo di diagnosi); e allora comunicarla può essere anti-terapeutico.

Poi, come scrivevo, è possibie che Lei ha trovato uno psichiatra che non crede nelle diagnosi "classiche", "secche". (e, per la verità, nemmeno io ci credo). La cosa migliore è quando la diagnosi emerge nel corso del lavoro di terapia, e non necessariamente nei termini "classici", ma nei termini che la persona possa capire, condividere. Forse usare i termini come "la dissociazione" ecc. non è stato ottimale, e Lei può chiedere la prossima volta di usare il linguaggio che è più comprensibile, di spiegarlo in un altro modo.

"Io non ho intenzione di cambiare il mio modo di pensare e di vedere le cose.
Quando ho parlato della mia condizione,e del fatto che comunque riesco talvolta ad essere "produttivo" proprio per la mia visione negativa e "malinconica" della realtà, mi ha detto che è assolutamente sbagliato. Magari lo è, ma personalmente non credo... "

- Non bisogna confondere lo stato d'animo con lo stato di umore.

Lo stato d'animo può essere di volta in volta melanconico, e può aiutare alla persona a vivere con più nitidezza una emozione, qella della melanconia, ad eesempio, e magari anche riuscire ad esprimerlo in una maniera artistica.

Invece lo stato di umore vuol dire lo sfondo globale emotivo, ma anche di pensiero e comportamentale, il quale, se è depressivo, priva la persona della libertà a vivere le proprie emozioni in maniera fluida, impone una cosa simile ad una costante, una stereotipia, limita il movimento, le capacità anche di provare le emozioni e di esprimerle. Le persone molto depresse non riescono nemmeno a piangere.

C'è un'idea comune ...sugli artisti, l'idea, secondo la quale loro esprimono simplicemente quello che vivono, sinceramente ed innocentemente... Non è così, Essere autentici è vitale, ma solo così non sarebbe un'arte. L'arte è molto di più. Richiede lo studio, l'esercizio, le prove, cogliere lo stato d'animo del pubblico, l'effetto prodotto, ecc.: tutto quello che una persona assorta solo nel proprio stato di umore non può fare, e ancora meno se è uno stato di umore depressivo.

"Questi farmaci renderanno diverso il mio modo di vedere le cose?."

- No. Possono ridurre i sintomi di malattia e dunque ridurre l'impatto della malattia sul Suo modo di pensare, renderlo più "pulito" dalle influenze della malattia. Non bisogna confondere la malattia con la personalità che la persona ha.

Talvolta anche la personalità che la persona ha è un problema..., ma allora i farmaci non bastano, perché su questo non agiscono.