Psicosi e disforia di genere

Ciao, sono un ragazzo di 26 anni.
Premetto di essere omosessuale e che questo sia la radice, probabilmente, dello stato in cui sono.
Dalla lettura di "A Qualcuno Piace Uguale" di Simona Argentieri ho capito qualcosa in più circa la mia condizione.
Credo che la mia sia una forma psicopatologica di omosessualità.
A 24 anni mi sono riscritto all'università, ingegneria gestionale; perchè preoccupato dall'attuale situazione economica; dopo la morte di mio padre, l'anno prima c'era stato il suicidio di mia madre, salvatasi, ho rinunciato una volta, 7 anni fa, al corso di laurea di Arti, design e spettacolo, scelta di cui conosco la causa, che è connessa, stando a quanto scrive anche l' Argentieri, alla mia omosessualità, un paragrafo del suo piccolo saggio è dedicato all'omosessuale nello spettacolo.
Credo che parte della mia rinuncia al primo corso di laurea sia dovuta al fatto che non accetto la mia omosessualità, perchè ne ho capito la causa.
Non sta andando bene ad ingegneria.
Non riesco a studiare e, dunque, ho trovato un lavoro part-tine, in smart working per vedere se riesco a studiare e a lavorare perchè non sono più credibile a mia madre, avrà ragione, e non mi mantiene più gli studi.
So di essere psicotico, me ne accorgo quando bevo caffè e fumo continuamente e sono consapevole, anche dal testo della lettura dell' Argentieri, del processo in cui sono coinvolto.
Adesso sono arrivato, come ho letto in un articolo di una filosofia tedesca, omosessuale, sia da percorso per un omosessuale alla disforia di genere, avendo già attraversato la fase di dipendenza dal sesso, che rimane, perchè nei momenti in cui le preoccupazioni, per il futuro, per il mio stato attuale, diventano tante, cerco rapporti occasionali, cerco ragazzi e uomini superdotati, virili, cerco la soddisfazione psicologica che viene dalla passività.
Mi sono reso conto che sia anche una scelta che viene dall'aderire a un determinato modello culturale e che io riesca ad aderire anche a un modello culturale meno "eccezionale", identificandomi facilmente nel maschio comune, con conseguenze psicopatologiche.
È qui che nascerebbe la forma psicopatologica che non si arresta fino all'adesione al modello culturale gay prima e poi all' identificazione con la donna, la femmina comune.
È un processo, da quello che ho notato di bisogno di integrazione in un modello socio-culturale, possibilmente quello più comune, per non sentirmi disadattato e anormale.
, Faccio emergere, quindi, il bambino che c'è in me, pauroso che gli altri possano "rubarmi" le mie donne.
Ho anche pensato di fare la transizione di genere, compresa di vaginoplastca, facendomi impiantare l'utero per poter avere dei figli, e ricominciare un'altra vita, da donna, lontano dal mio paese d'origine.
Vorrei riuscire a laurearmi e avere un lavoro ma la condizione in cui mi porta l'insorgere di quel bimbo che c'è in me è di blocco, anche cognitivo, oltre che comportamentale.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 986 248
Io direi di cominciare a rivedere una serie di assurdità, che nessun testo giustifica. "So di essere psicotico" non ha senso. Lei ha un orientamento sessuale, fin qui non siamo nell'ambito di alcuna psicopatologia.

"Ho anche pensato di fare la transizione di genere, compresa di vaginoplastica, facendomi impiantare l'utero per poter avere dei figli"

Questa cosa sarebbe, una fantasia presumo. Non un progetto ovviamente.

Il resto sono interpretazioni di cui, a dir la verità, si capisce poco, ma soprattutto non si capisce a cosa servano. Così come molti che si perdono nelle interpretazioni, si saltano a piè pari le questioni più semplici, ovvero. Quale è la questione che pone ? Che vorrebbe funzionare e raggiungere i suoi scopi presumo.
Lasci perdere le interpretazioni derivate da qualunque fonte e senta un parere specialistico.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini