Ho paura che mia madre muoia, come si accetta?

Da qualche mese ho perso mia nonna (parte di mamma) in modo tragico e inaspettato dopo nove giorni di ospedale per colpa di un farmaco somministrato.
Sono stati giorni orribili e difficili soprattutto per me che ho subito i medici e il resto.
Da quel giorno ho paura che mia madre muoia.
In realtà è una cosa che mi porto da piccolissima credevo però fosse per via del fatto che mia madre per gioco ha sempre fatto finta di morire (sbagliando) lasciandomi un trauma.
Ora questa cosa si è intensificata, mi logoro quando sta male, mi dispiace vederla sola proprio ora che inizio una vita mia lontano da lei e ho la costante paura che non ci sia più.
Se ci penso piango e non mi fermo è un dolore immenso.
Io sono legata a mia madre in modo morboso e lei a me.
A sua volta lo stesso rapporto lo ha avuto lei con mia nonna.
Stessa vita, attaccamento, traumi e sbagli.
Forse è per questo e lo so ma come si accetta la morte di una madre?
Io non vorrei venisse a vivere a casa mia un domani, perché voglio la mia famiglia, però dall’altra parte ho paura che possa succederle qualcosa oppure che lei rimanga sola e sia triste.
Mi sento responsabile come se fosse colpa mia oppure come se dovessi occuparmene.
D’altra parte penso che lei si è occupata di me ed è mio dovere accudirla.
Però la sua morte non riesco ad accettarla e ho molta paura e soprattutto ho paura di non riuscire più a vivere perché so quanto mi fa male.
Lei ad esempio dipendeva da sua madre e viceversa, dopo la morte di mia nonna è scomparsa.
Sta male, è entrata in depressione, ha attacchi di panico io mi vedo proprio così ma non riesco a vedere qualcosa di diverso perché significa accettare la morte e non voglio.
Mi sento piccola e stupida a voler per sempre la mamma e a non accettarlo
[#1]
Dr. Mariateresa Di Taranto Psicologo 157 17 3
Gentile utente,

comprendo profondamente il dolore che sta attraversando per la perdita di sua nonna.
La morte, che biologicamente è assolutamente sensata e naturale, viene da noi sentita e vissuta internamente come qualcosa di profondamente ingiustificato, insensato.
Inoltre il carattere tragico della morte, intesa come perdita di qualcuno che amiamo e che ha fatto parte della nostra vita, non si limita solo alla sua scomparsa, peraltro dolorosa, ma sconfina sempre altrove, in angoli intimi e profondi di noi stessi. Ci pone di fronte alla caducità della nostra vita e a quella delle persone che amiamo, alla nostra condizione di vulnerabilità e finitezza che ci appartiene in quanto esseri umani.

Infatti, dalle sue parole, sembra che si stia misurando con la brutale consapevolezza -sicuramente sempre presente dentro di lei, ma sepolta in qualche angolo, fino a questo momento- che alla morte di sua nonna seguirà quella di sua madre. (E così via).
La sua domanda "come si accetta la morte di una madre?", contiene forse la richiesta estremamente legittima, comprensibile, umana, di rendere sopportabile l'insopportabile.
E poi lei stessa aggiunge che non vuole accettarla.

Purtroppo non abbiamo il potere di vincere la morte e conseguentemente non ci resta che accettarla. In realtà quest'accettazione risuona come una rassegnazione, e forse lo è, almeno in parte. Tuttavia dietro i limiti, l'impotenza, la fragilità che ci contraddistingue in quanto esseri umani, si celano incredibili risorse e possibilità. Una di queste è cercare di vivere pienamente la vita che abbiamo, e proprio a partire dalla sua precarietà ed incertezza, rivendicare il più possibile il nostro diritto di essere felici e liberi di essere quel che vogliamo.
Ciò nel suo caso potrebbe, e probabilmente dovrebbe, comportare la capacità e possibilità di sostenere e accudire sua madre, pur riconoscendosi come soggetto differente, con dei propri legittimi bisogni e desideri; creando o ricreando un legame con dei giusti e sani confini.

Provi a scovare il bello della vita ovunque, cerchi quello che la appassiona, perché le aree delle passioni e dei desideri sono quelle più libere, per quanto possibile, dai conflitti, dalla paura, dalla disperazione.
Le suggerisco inoltre di intraprendere un percorso di supporto psicologico, per farsi sostenere in un momento così delicato per lei.
Quello sarà un luogo dove potrà portare il suo dolore, la sua paura, dove potrà esprimere la sua parola, ascoltarla, narrare la sua storia e provare a districare i nodi dolorosi e traumatici della stessa. Ciò le permetterà di illuminare gli angoli bui presenti dentro di lei così come le sue risorse, lavorando sull'accettazione dell'inevitabile, come la morte, intesa come un processo e un percorso che la aiuti ad assumere ed accogliere in sé, per quanto ciò possa sembrare difficile, o a tratti impossibile, ciò che non si può cambiare.

Cordiali saluti.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

Disfunzione erettile

La disfunzione erettile è la difficoltà a mantenere l'erezione. Definita anche impotenza, è dovuta a varie cause. Come fare la diagnosi? Quali sono le cure possibili?

Leggi tutto