Maternità e lavoro
Lavoro in un azienda privata da 2 anni, sono arrivata lì cm tirocinante poi ho sostituito la mia collega in maternità e adesso sono un apprendista.
Quando la mia collega è tornata si è creato uno strano clima a lavoro, la mia titolare la riprendeva per tutto...dopo qualche mese la mia collega si dimette.
Adesso siamo io e la titolare e adesso sono io, che con il mio compagno con cui sto insieme da 11 anni, vorrei provare ad avere un bambino.
Le mie paure sono tante...so che sono tutelata, ma ho paura che potrebbe ricrearsi quel clima a lavoro e in più non voglio mettere in difficoltà l'azienda perché vuol dire trovare un'altra persona da formare per sostituirmi.
Sinceramente sono combattuta, voglio crearmi una famiglia e voglio mantenere il mio lavoro.
Con la mia titolare ho un bel rapporto ma comunque è pur sempre colei che mi paga lo stipendio.
Non so dovrei parlare con lei delle mie intenzioni?
Oppure dovrei andare avanti e dirglielo quando e se ci sarà un bebè in arrivo?
Questa cose mi logora dentro.
Quando la mia collega è tornata si è creato uno strano clima a lavoro, la mia titolare la riprendeva per tutto...dopo qualche mese la mia collega si dimette.
Adesso siamo io e la titolare e adesso sono io, che con il mio compagno con cui sto insieme da 11 anni, vorrei provare ad avere un bambino.
Le mie paure sono tante...so che sono tutelata, ma ho paura che potrebbe ricrearsi quel clima a lavoro e in più non voglio mettere in difficoltà l'azienda perché vuol dire trovare un'altra persona da formare per sostituirmi.
Sinceramente sono combattuta, voglio crearmi una famiglia e voglio mantenere il mio lavoro.
Con la mia titolare ho un bel rapporto ma comunque è pur sempre colei che mi paga lo stipendio.
Non so dovrei parlare con lei delle mie intenzioni?
Oppure dovrei andare avanti e dirglielo quando e se ci sarà un bebè in arrivo?
Questa cose mi logora dentro.
Gentile utente,
mi sembra che si senta incastrata in un conflitto tra il desiderio di crearsi una famiglia e quello di mantenere il suo attuale lavoro. È comprensibile che la divergenza tra queste due istanze possa essere vissuta come logorante. Capisco che, da un lato, possa essere spaventosa la prospettiva di perdere un lavoro stabile, nel quale si è acclimatata da tempo, accumulando una certa esperienza attraverso ruoli differenti. D'altra parte, appare legittima anche l'intenzione di fare evolvere in forma di famiglia una relazione sentimentale di coppia ormai di lungo corso.
La inviterei innanzitutto a fare una riflessione sulle ragioni per cui si rappresenta queste due istanze (il desiderio di creare una famiglia e quello di mantenere il lavoro) come conflittuali. Perché le percepisce come in contrasto tra loro? Nel suo racconto, il comportamento di costante rimprovero nei confronti della collega non pare esplicitamente connesso alla condizione di rientro dalla maternità. Forse influivano anche altri fattori, possibilmente riconducibili a dinamiche precedenti al congedo per maternità? Lo "strano clima" aveva a che fare proprio con la maternità della collega o anche con qualcos'altro? Sono le sue "tante paure" a farle vedere associazioni tra eventi non necessariamente correlati, o sono associazioni supportate dai fatti accaduti?
In ogni caso, ciascuna relazione è unica e irripetibile, pertanto non è detto che la stessa dinamica, soprattutto se non necessariamente legata alla maternità, debba ripetersi tra lei e la sua titolare.
Una conversazione con la titolare potrebbe comunque essere un'opportunità di informazione e un'occasione per assestare il suo rapporto con la titolare attorno al tema del suo desiderio di maternità, chiarire la sua posizione e il suo atteggiamento. Infatti, qualsiasi tipo di reazione da parte della titolare potrebbe fornirle una conoscenza utile a valutare se l'azienda in cui lavora è davvero l'ambiente in cui vuole trovarsi (è cioè compatibile coi suoi valori, le sue priorità, i suoi bisogni) oppure no.
Resto a disposizione.
mi sembra che si senta incastrata in un conflitto tra il desiderio di crearsi una famiglia e quello di mantenere il suo attuale lavoro. È comprensibile che la divergenza tra queste due istanze possa essere vissuta come logorante. Capisco che, da un lato, possa essere spaventosa la prospettiva di perdere un lavoro stabile, nel quale si è acclimatata da tempo, accumulando una certa esperienza attraverso ruoli differenti. D'altra parte, appare legittima anche l'intenzione di fare evolvere in forma di famiglia una relazione sentimentale di coppia ormai di lungo corso.
La inviterei innanzitutto a fare una riflessione sulle ragioni per cui si rappresenta queste due istanze (il desiderio di creare una famiglia e quello di mantenere il lavoro) come conflittuali. Perché le percepisce come in contrasto tra loro? Nel suo racconto, il comportamento di costante rimprovero nei confronti della collega non pare esplicitamente connesso alla condizione di rientro dalla maternità. Forse influivano anche altri fattori, possibilmente riconducibili a dinamiche precedenti al congedo per maternità? Lo "strano clima" aveva a che fare proprio con la maternità della collega o anche con qualcos'altro? Sono le sue "tante paure" a farle vedere associazioni tra eventi non necessariamente correlati, o sono associazioni supportate dai fatti accaduti?
In ogni caso, ciascuna relazione è unica e irripetibile, pertanto non è detto che la stessa dinamica, soprattutto se non necessariamente legata alla maternità, debba ripetersi tra lei e la sua titolare.
Una conversazione con la titolare potrebbe comunque essere un'opportunità di informazione e un'occasione per assestare il suo rapporto con la titolare attorno al tema del suo desiderio di maternità, chiarire la sua posizione e il suo atteggiamento. Infatti, qualsiasi tipo di reazione da parte della titolare potrebbe fornirle una conoscenza utile a valutare se l'azienda in cui lavora è davvero l'ambiente in cui vuole trovarsi (è cioè compatibile coi suoi valori, le sue priorità, i suoi bisogni) oppure no.
Resto a disposizione.
Dott. Davide Giusino, Psicologo | 3271367964 | davide.giusino@libero.it | https://www.psicologi-italia.it/psicologo/davide-giusino.html
Utente
Grazie per la risposta dottore. Leggendo le sue domande ancora oggi non so darmi una risposta sul vero motivo delle dinamiche create dopo il rientro della mia ex collega. Sicuramente ho molta paura della reazione della mia titolare, di come potrebbero cambiare le cose, dell'incertezza della mole di lavoro futura, essendo in due sento delle responsabilità su di me. Ovviamente però non voglio dover nemmeno scegliere tra lavoro e famiglia.
Gentile utente,
mi sembra che la paura sia l'emozione fondamentale che connota pervasivamente l'esperienza che sta vivendo. Da un lato, questa paura appare giustificata da condizioni esterne oggettive: le sue responsabilità lavorative all'interno di una piccola azienda, l'incertezza cui accetterebbe di consegnarsi intraprendendo un percorso di maternità, un contesto socioculturale tendenzialmente ostile alle madri lavoratrici. Dall'altro lato, la medesima paura, che si esprime nella forma sintomatica dell'ansia, rischia di produrre una serie di fantasie (preoccupazioni, aspettative di esiti spiacevoli se non addirittura catastrofici) che sono legittime, ma che non hanno necessariamente un ancoraggio saldo alla realtà.
In questo senso, la invitavo a osservare che non risulta chiaro se la sua preoccupazione per la reazione della titolare sia fondata sui fatti realmente accaduti tra quest'ultima e la sua ex collega, o sia piuttosto il frutto di una correlazione illusoria tra eventi alimentata dalla sua fantasia comprensibilmente ansiosa. Forse solo una conversazione franca, aperta e trasparente con la titolare potrebbe fornirle una risposta a questo interrogativo.
Ad ogni modo, è ormai tanto tempo che si sta logorando attorno alla questione. Pertanto potrebbe anche essere utile esplorare approfonditamente questa paura e capire ad esempio se, come fattore ostacolante, si leghi soltanto alla dimensione lavorativa o magari anche ad altre eventuali dimensioni sulle quali adesso non riesce ad avere una prospettiva nitida. Sarebbe normale, considerate le grandi implicazioni della maternità per la persona in generale: cambiamenti nel corpo, nella mente, nell'identità, nei ruoli che si hanno all'interno delle proprie reti sociali, e così via. Bisogna sentirsi pronti. Un percorso di sostegno psicologico potrebbe aiutarla a far luce su questi aspetti e a compiere un'operazione di acquisizione di consapevolezza, potenzialmente utile a sviluppare risorse e strategie per affrontare la situazione secondo le sue autentiche esigenze.
Resto a disposizione.
mi sembra che la paura sia l'emozione fondamentale che connota pervasivamente l'esperienza che sta vivendo. Da un lato, questa paura appare giustificata da condizioni esterne oggettive: le sue responsabilità lavorative all'interno di una piccola azienda, l'incertezza cui accetterebbe di consegnarsi intraprendendo un percorso di maternità, un contesto socioculturale tendenzialmente ostile alle madri lavoratrici. Dall'altro lato, la medesima paura, che si esprime nella forma sintomatica dell'ansia, rischia di produrre una serie di fantasie (preoccupazioni, aspettative di esiti spiacevoli se non addirittura catastrofici) che sono legittime, ma che non hanno necessariamente un ancoraggio saldo alla realtà.
In questo senso, la invitavo a osservare che non risulta chiaro se la sua preoccupazione per la reazione della titolare sia fondata sui fatti realmente accaduti tra quest'ultima e la sua ex collega, o sia piuttosto il frutto di una correlazione illusoria tra eventi alimentata dalla sua fantasia comprensibilmente ansiosa. Forse solo una conversazione franca, aperta e trasparente con la titolare potrebbe fornirle una risposta a questo interrogativo.
Ad ogni modo, è ormai tanto tempo che si sta logorando attorno alla questione. Pertanto potrebbe anche essere utile esplorare approfonditamente questa paura e capire ad esempio se, come fattore ostacolante, si leghi soltanto alla dimensione lavorativa o magari anche ad altre eventuali dimensioni sulle quali adesso non riesce ad avere una prospettiva nitida. Sarebbe normale, considerate le grandi implicazioni della maternità per la persona in generale: cambiamenti nel corpo, nella mente, nell'identità, nei ruoli che si hanno all'interno delle proprie reti sociali, e così via. Bisogna sentirsi pronti. Un percorso di sostegno psicologico potrebbe aiutarla a far luce su questi aspetti e a compiere un'operazione di acquisizione di consapevolezza, potenzialmente utile a sviluppare risorse e strategie per affrontare la situazione secondo le sue autentiche esigenze.
Resto a disposizione.
Dott. Davide Giusino, Psicologo | 3271367964 | davide.giusino@libero.it | https://www.psicologi-italia.it/psicologo/davide-giusino.html
Utente
Grazie Dottore per le sue parole, proverò a farmi coraggio e trovare le parole giuste con la mia titolare per esprimerle questo mio desiderio e capire se riesco a togliermi questa ansia.
Sono lieto di averle fornito qualche spunto utile. Per qualsiasi ulteriore sviluppo, rimango a disposizione.
Dott. Davide Giusino, Psicologo | 3271367964 | davide.giusino@libero.it | https://www.psicologi-italia.it/psicologo/davide-giusino.html
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 873 visite dal 19/01/2025.
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