Oggettificazione sessuale

Gentili dottori,
Sono una donna di 37 anni e da qualche anno ho iniziato a vivere male il sesso.
In pratica non riesco a togliermi dalla testa l'idea che il mio partner mi "usi" per sfogare le sue esigenze fisiche e ciò mi ha fatto perdere completamente il mio desiderio sessuale.

Mi sento totalmente sostituibile (da altre donne, porno, masturbazione,...) e questo mi spegne qualsiasi desiderio.
Tutto ciò è iniziato col mio ex (con cui i litigi erano all'OdG e che mi criticava anche nel modo in cui respiravo) ma anche col mio attuale compagno la sensazione persiste (già da prima che scoprissi avermi tradita).

Ho interiorizzato questa idea che le persone si usino e non riesco a capire come uscirne.
Il mio attuale compagno giura di amarmi e in effetti è molto dolce ma non appena fa' qualcosa che mi suggerisce l'idea che mi stia usando (come bidone emotivo con cui sfogare la sua perenne frustrazione, o come benzina per la sua autostima visto che non manco di apprezzarlo e sostenerlo), tutto ciò che di buono fa' viene meno.
I nostri rapporti intimi sono un disastro: lui vorrebbe una compagna più passionale e intraprendente ma quando facciamo sesso mi sembra animato dalla sola idea di sentirsi desiderato e apprezzato più che dallo scambio con me, come se io fossi lì solo per rimandargli una immagine di sé stesso accattivante.
Mi sento ridotta a mero specchio, un oggetto appunto (e infatti abbiamo avuto grossi problemi per più di 1, 5anni perché ogni volta che lui non era in grado di farmi raggiungere l'acme, diventava molto scontroso, puntando il dito contro di me sostenendo fossi incapace di lasciarmi andare, una "suorina").

Comunque ora lui giura che non è così, che lui si sente "connesso" con me quando siamo in intimità (mentre io per nulla), che non è vero che mi oggettifica, ma non riesco proprio a capire se il mio intuito è corretto oppure se ho io un problema con la sessualità.
Vorrei riappropriarmi del mio desiderio ma questi pensieri sono peggio di un estintore.

Grazie!
Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Buongiorno,

Grazie per aver scritto con tanta chiarezza e profondità. Le sue parole restituiscono un vissuto molto complesso, ma anche molto lucido: non si tratta solo di desiderio sessuale che si è affievolito, ma di una rottura più profonda nella percezione dello scambio intimo, affettivo e relazionale. E questo, in una lettura sistemica e sessuologica, merita grande attenzione e rispetto.

Lei ha una sensibilità acuta, raffinata, che le consente di cogliere quando la relazione si fa sbilanciata, quando lo scambio diventa unilaterale, quando l’intimità si trasforma in prestazione. Il suo corpo e il suo desiderio si sono probabilmente messi in pausa non perché disfunzionali , ma perché non si sentono al sicuro, riconosciuti, accolti.

Il desiderio non si comanda, ma si ascolta. Quello che sta vivendo non è raro, soprattutto in donne che hanno subito, nel tempo, relazioni in cui il proprio valore è stato condizionato da quanto riuscivano a sostenere l’altro, anche a costo di dimenticare se stesse. E quando il corpo inizia a dire "no", spesso lo fa per segnalarci che qualcosa, nel modo in cui siamo state viste, toccate o usate, non ci ha fatto bene.

Il fatto che anche col suo attuale compagno, seppur affettuoso, lei senta comunque un’ombra costante di utilizzo suggerisce che la questione non riguarda solo il singolo partner, ma un copione relazionale più profondo, probabilmente appreso in anni di dinamiche sbilanciate, in cui ha dato molto e ricevuto poco in termini di reale riconoscimento. Il suo corpo ha smesso di accendersi non perché è "difettoso", ma perché non si sente protagonista, soggetto, desiderante, ma solo funzionale al bisogno dell’altro.

La sessualità non è solo un atto, è uno spazio simbolico, relazionale, identitario. Per questo, riappropriarsi del proprio desiderio non può significare "essere più passionale" per far piacere al partner, ma ritrovare uno spazio in cui lei possa sentirsi soggetto del proprio piacere, non strumento del piacere altrui.

Nell'ottica sistemico-relazionale, ogni sintomo (come il calo del desiderio) va ascoltato come messaggero. Il suo corpo, oggi, sembra starle dicendo: "ho bisogno di essere guardata, desiderata, toccata non per quello che rappresento per l’altro, ma per quello che sono".

Potrebbe intraprendere un percorso di terapia sessuale per legittimare questi vissuti, senza ridurli a paranoie o freddo carattere , per ripensare le relazioni intime, uscire dal ruolo di "nutriente emotiva" per l’altro e rientrare in contatto con i suoi bisogni corporei e affettivi. Ma anche per lavorare con la coppia (se desiderato) e per ridefinire insieme un’intimità più autentica, paritaria e realmente condivisa.

Resta il fatto che il suo disagio non è solo individuale: nasce anche da un mondo relazionale, da una cultura che spesso mette le donne nel ruolo di confermare, accudire, sostenere, anche a letto. Rompere con tutto questo non è una colpa, è una forma di cura.

Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

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