Aiuto su mio marito

Buonasera dottori,
spero che qualcuno possa aiutarmi.

Sono un paio d’anni, o forse più, che non amo più mio marito, ma non riesco a lasciarlo andare.

Lui è sempre stato un uomo molto fastidioso: litiga con me anche per sciocchezze (come un piatto sporco da lavare), e io sono arrivata al punto in cui non lo voglio più e non lo sopporto più.


Stiamo insieme da 20 anni.
Io ho 34 anni e lui 38.
Abbiamo due figli.

Per me, ormai, lui è diventato come un fratello.

Gli ho sempre parlato del fatto che vivere con lui è diventato impossibile, ma lui ha sempre preso queste parole come uno scherzo, oppure mi ha semplicemente risposto con un vattene.


Non mi piace più avere rapporti sessuali con lui, non mi piace nemmeno più lui come uomo.

Non ho mai ricevuto attenzioni.

Faccio sesso con lui solo per accontentarlo, ma se non me lo chiede, a me non interessa.

Anzi, quando succede, penso sempre ad altri uomini, ma mai a lui.

Ho provato a movimentare la vita sessuale, ma non è servito a nulla.


Circa due settimane fa gli ho detto chiaramente che non lo amo più.

Lui, però, mi ha chiesto se fosse vero oppure no.

Quando vedo il suo viso triste, mi dispiace e finisco per dirgli che stavo solo scherzando.

È come se provassi un senso di colpa verso di lui, anche se dentro di me so cosa provo davvero.


Vorrei aggiungere che, anche se continuo ad avere una vita sessuale con lui, non ho più alcuna intenzione di recuperare il rapporto.

Spero davvero che qualche dottore mi risponda.

Grazie.
Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Buongiorno,

la sua lettera è dolorosa e onesta, e da professionista non posso che riconoscere la fatica profonda che traspare tra le righe. Quando una relazione così lunga e radicata (vent’anni di storia, due figli, una vita condivisa...) si svuota di desiderio, amore e riconoscimento reciproco, non è mai un processo improvviso o superficiale.

Lei descrive una convivenza fatta di incomprensioni, scontri quotidiani, assenza di attenzioni, una sessualità vissuta con distacco o senso del dovere. E, allo stesso tempo, mostra un coinvolgimento emotivo che non si è spento: il senso di colpa, la compassione per la sofferenza del suo compagno, l’ambivalenza tra ciò che sente e ciò che si sente in dovere di dire, parlano di quanto questa situazione sia complessa da sciogliere.

Il senso di colpa, in questi casi, è spesso il nodo più difficile: ci lega più della rabbia o dell’abitudine. Ma non è sano vivere in una relazione dove si ama "come un fratello", si tollera a fatica la presenza dell’altro, e ci si smentisce per proteggere l’altro dalla verità. Questo non è né amore né rispetto reciproco.

Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

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Buongiorno dottoressa,
la ringrazio di cuore per la sua risposta. Mi ha fatto sentire ascoltata e compresa, e leggere le sue parole mi ha toccata profondamente.
È vero, il mio senso di colpa è molto forte, forse più di quanto riesco ad ammettere anche a me stessa. A volte mi sembra che questo senso di colpa sia l’unico filo che mi tiene legata a una relazione che, per il resto, è ormai vuota da tempo.

Quello che ha scritto sul fatto che non è sano vivere in una relazione dove si ama come un fratello mi ha colpita in modo particolare, perché è esattamente quello che sento: non c’è più desiderio, non c’è più stima, e nemmeno quella complicità che dovrebbe esserci in una coppia.

Continuo a rimanere lì, in una quotidianità che mi pesa, e mi chiedo se sto facendo del male più a me stessa o a lui. O forse anche ai miei figli.
In cuor mio so che non ho più intenzione di recuperare il rapporto, anche se continuo ad avere una vita sessuale con lui più per abitudine, o per evitare altri conflitti.

So che dovrò affrontare delle scelte, e che non saranno facili.
Mi piacerebbe capire, con il suo aiuto, da dove posso cominciare per uscire da questa situazione senza sentirmi in colpa, senza sentirmi sbagliata.

La ringrazio ancora per l’ascolto e per le sue parole.
Resto disponibile a continuare questo percorso con lei, se possibile.

Cordiali saluti
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Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Grazie a lei per le sue parole così sincere e profonde.

Mi colpisce quando scrive che il senso di colpa è forse l’unico filo che la tiene legata alla relazione. È una frase che dice molto. Il senso di colpa, quando diventa l’unico motore delle nostre scelte, non genera amore né rispetto, ma solo adattamento e rinuncia. E spesso si trasforma in una gabbia invisibile che ci impedisce di ascoltare ciò che davvero desideriamo o non desideriamo più.

Lei parla con lucidità di ciò che manca: il desiderio, la stima, la complicità. Eppure si sente ancora incastrata in una quotidianità che pesa, che forse teme di tradire rompendo un equilibrio. Forse è proprio questo il punto da cui partire. Probabilmente un percorso psicologico (anche breve) potrebbe aiutarla a fare luce, chiarezza e mettere in ordine i pensieri. Non sarà semplice, ma potrebbe essere un inizio.

Resto a disposizione e le mando un caro saluto,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

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Buongiorno dottoressa,
la ringrazio per aver colto con tanta delicatezza e precisione quello che sto vivendo.
Le sue parole sul senso di colpa mi hanno colpita profondamente: è vero, è diventato una gabbia, anche se per tanto tempo l’ho scambiato per responsabilità, per dovere, persino per amore.

Mi fa bene sentirmi vista in questo mio stato di confusione, ma anche di consapevolezza.
Come dice lei, la mia paura più grande è forse quella di rompere un equilibrio, anche se so che è solo apparente.
La verità è che non so più come si vive con autenticità, e forse ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a ritrovare me stessa.

A volte ho anche la sensazione che sia lui a farmi sentire sbagliata, anche nei piccoli gesti.
Ad esempio, quando raramente esco con delle amiche, lui mi fa pesare questa cosa dicendomi che sono cambiata o che non sono più quella di una volta.
Questo mi fa sentire in colpa anche quando cerco solo di ritagliarmi un momento per me, e mi fa dubitare di me stessa.

Accolgo con gratitudine il suo suggerimento di iniziare un percorso, anche breve.
Mi piacerebbe capire insieme da dove cominciare.
La ringrazio davvero di cuore.
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Buongiorno dottoressa,
la ringrazio per aver colto con tanta delicatezza e precisione quello che sto vivendo.
Le sue parole sul senso di colpa mi hanno colpita profondamente: è vero, è diventato una gabbia, anche se per tanto tempo l’ho scambiato per responsabilità, per dovere, persino per amore.

Mi fa bene sentirmi vista in questo mio stato di confusione, ma anche di consapevolezza.
Come dice lei, la mia paura più grande è forse quella di rompere un equilibrio, anche se so che è solo apparente.
La verità è che non so più come si vive con autenticità, e forse ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a ritrovare me stessa.

A volte ho anche la sensazione che sia lui a farmi sentire sbagliata, anche nei piccoli gesti.
Ad esempio, quando raramente esco con delle amiche, lui mi fa pesare questa cosa dicendomi che sono cambiata o che non sono più quella di una volta.
Questo mi fa sentire in colpa anche solo per cercare un po’ di spazio per me, e mi porta a dubitare continuamente di me stessa.

In questo periodo sono fisicamente lontana da lui, e mi accorgo che sto bene così. Non sento il bisogno di chiamarlo o sentirlo, anzi è come se respirassi di nuovo.
Ma poi arriva sempre quella vocina dentro che mi dice: Peccato chiamalo , e mi riporta nel solito giro di colpa e dovere.

C'è anche un altro aspetto che mi fa riflettere molto.
Ultimamente mi capita di sentirmi con altri uomini, e c’è una persona in particolare che mi attrae molto.
Non lo vivo con leggerezza o come un semplice sfogo, ma come un segnale forte del fatto che dentro di me si è riacceso qualcosa che da anni non sentivo più.

Devo essere onesta: ho avuto anche la possibilità concreta di tradire fisicamente mio marito, ma mi sono sempre ritirata all’ultimo momento.
Non perché mancasse il desiderio, ma perché qualcosa dentro di me si blocca, come se mi tirasse indietro il senso di colpa o la paura.
E questa cosa mi deprime l’anima, perché mi fa sentire ancora più divisa: tra ciò che sento, ciò che vorrei, e ciò che penso di dover fare.

Accolgo con gratitudine il suo suggerimento di iniziare un percorso, anche breve.
Mi piacerebbe capire insieme da dove cominciare per rimettere ordine dentro di me.
La ringrazio davvero di cuore.

Cordiali saluti
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Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Buongiorno,

Le sue parole sono piene di consapevolezza.

Scrive una frase che merita di essere sottolineata: per tanto tempo ho scambiato il senso di colpa per responsabilità, per dovere, persino per amore .
Ecco, è proprio qui che spesso si nasconde la gabbia più sottile: nella convinzione che amare significhi sempre sacrificarsi, annullarsi, mettere da parte ciò che si è, per non deludere o non ferire l’altro.

La distanza fisica che sta sperimentando ora potrebbe essere un momento di respiro. E il fatto che si senta meglio non è un tradimento, ma un piccolo indizio di un bisogno legittimo.

Anche l’attrazione verso un’altra persona non va letta come un errore morale, ma come un possibile segnale che la sua vitalità interiore sta provando a farsi sentire.

Questa è la direzione su cui potrebbe lavorare.

Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
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