Confuso e incredulo

Gentili dottori,
Scrivo perché ho bisogno di un parere su una situazione che non riesco a comprendere.


Sono legato al mio compagno da anni, una persona che ho sempre considerato l'unica con cui avrei voluto e potuto condividere la vita.
Insieme abbiamo superato prove enormi: difficoltà pratiche, la perdita dei nostri genitori per malattia o eventi violenti; eppure, siamo riusciti a realizzare molti progetti, e ne abbiamo ancora tantissimi in programma e in corso.
La base di tutto è sempre stata quello che per me è amore: condivisione totale, sostegno incondizionato e un affetto reciproco profondissimo.


Poi, più di un mese fa, a una evento internazionale, ho incontrato un uomo, e sono state sufficienti poche frasi di circostanza per legarci in una conversazione sempre più personale e farmi precipitare in una cosa che non comprendo: in pochissime ore si è creato un legame fisico ed emotivo che non avrei mai immaginato potesse esistere.
Dopo esserci salutati, convinti che fosse un addio, ci siamo confessati la nostra situazione: siamo entrambi impegnati.
Ci siamo parlati a cuore aperto e ci siamo resi conto di quanto questa connessione ci avesse scosso nel profondo, ed abbiamo anche deciso che, finché entrambi lo vorremo, il nostro rapporto deve continuare, senza che questo significhi "amare di meno" i nostri rispettivi partner.
Il nostro patto, rafforzato da uno scambio di oggetti di grande valore, è stato: non mi dimenticherò mai di te.
E tutto questo, vivendo alle parti opposte del mondo.

Il mio pensiero è spesso rivolto a lui, e il suo a me.
Ci scriviamo e ci mandiamo foto delle nostre giornate, condividendo ogni piccola cosa.


Ho avuto qualche momento di terrore pensando potesse essere una "truffa", tanto mi sembrava tutto assurdo e incredibile, ma ora sono certo che non sia così.

All'inizio pensavo fosse solo suggestione, speravo che tutto svanisse, ma è una cosa che entrambi ci rifiutiamo di lasciare andare.

Nel frattempo, il resto della mia vita continua bene, come sempre.
Ma ora vedo con chiarezza cosa non ha mai avuto.
Guardando me stesso, nonostante sia tutto completamente irrazionale, sarei pronto a buttare via tutto e a rischiare.
Poi guardo chi mi sta intorno e capisco che le circostanze sono impensabili, e che non è accettabile fare nulla.

Non sono sicuro di potermi fidare di nessun amico per condividere un'esperienza del genere.

Grazie mille.
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 5k 204
Gentile utente,
l'esperienza che sta vivendo va oltre le indicazioni pratiche della psicologia e affonda nei misteri indagati dalla filosofia: che cosa vuole davvero un essere umano? Cosa lo rende felice, cosa lo angoscia? Può vivere in una sola dimensione, o si sentirà sfuggire per sempre le potenzialità inesplorate di sé, della vita? Lo muove la ragione o il magma oscuro che Schopenhauer ha chiamato Wille e Freud Es?
Fatto sta che il vivente, se agitato da queste forze, vive un doloroso conflitto interno ed è costretto a scegliere. Su questa scelta che avviene in ogni caso, anche nell'immobilità apparente di una non-scelta, di nuovo le parole più indicative le ha dette la filosofia, da Kierkegaard all'Esistenzialismo.
Nel suo caso, scendendo adesso a quello che la psicologia può suggerire sul piano pratico del benessere personale, la inviterei a valutare la situazione così: in un certo momento della sua vita e per gli anni a seguire lei ha voluto un partner che appagava ampiamente i suoi bisogni; forse anche alleviava passate tensioni e antiche sofferenze; colmava vuoti.
Ora, l'essere umano ama adagiarsi nella confort zone, ma non ama rimanerci.
La più appagante delle relazioni perde a un certo punto lo smalto dell'avventura, della conquista; o peggio, ci si accorge che non l'ha mai avuto.
La vita, che ha camminato fuori e dentro di noi, ci rende pronti a captare qualcosa che forse abbiamo già incontrato ma che non abbiamo voluto vedere, oppure non si era mai presentato così intenso, così perentorio.
La sua età, caro utente, è proprio il punto di svolta per una sorta di bilancio sulle potenzialità della propria esistenza. Infatti lei scrive: "ora vedo con chiarezza cosa non ha mai avuto", e ne trae questa conclusione: "Guardando me stesso, nonostante sia tutto completamente irrazionale, sarei pronto a buttare via tutto e a rischiare".
Eppure poi si guarda intorno e vede altri affetti cari, capisce che rischia di buttare via le certezze per inseguire la chimera.
Anche questa consapevolezza fa parte della maturità. Ma la scelta giusta è il colpo di testa, o la rinuncia? E se quest'ultima non lo è, cosa contrapporgli? Non certo una deprimente passività senza sbocchi.
Vivendola, deve poter condividere la sua esperienza; se non con un amico, con le pagine di un diario o con un* psicolog*.
In ogni caso, viva con dolcezza la sua tempesta: dopotutto è il segno che lei è vivo.
Auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com

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Buonasera prof.ssa Potenza, grazie per il suo intervento che un poco mi ha rasserenato.

Il mio riferimento al "colpo di testa" non può chiaramente trovare ragionevole applicazione, perchè riferito ad uno scenario ideale e forse lontano dalla realtà.

Ciò che mi terrorizza ora è il distacco che provo nei confronti della mia quotidianeità, che sembra aver perso ogni valore, e l'emozione nei confronti di quella persona - angoscia?
Soprattutto nei momenti vuoti, invece di rilassarmi, la mente corre e ho il cuore in gola.

Un confronto con un amico fidato, sembra una cosa saggia e percorribile: ma un attimo dopo, il pensiero alle conseguenze devastanti (se quel "fidato" dovesse scricchiolare) mi terrorizzano. In quel caso, sì che sarebbe tutto perso.
Con un suo collega sarebbe probabilmente il più utile, ma non è ora percorribile per motivi pratici. Il diario c'è, ma è stato sufficiente prendere in mano la penna per farmi togliere il respiro, e una crisi di pianto in casa è quanto più possa iniziare a destabilizzare tutto.

Grazie ancora.
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