Figlia alle medie: difficoltà studio e metodo. Come aiutarla?

Buongiorno, sono una mamma di due bambine di 11 e 6 anni.
Mia figlia di 11 anni ha iniziato la scuola media e sta vivendo un periodo di grosso cambiamento soprattutto dal punto di vista dello studio.
Di carattere piuttosto timido, alle elementari ha sempre avuto ottimi voti, un po' meno portata per la matematica, ottimo comportamento e considerata molto positivamente da insegnanti e compagni.
A casa ha sempre manifestato però un comportamento abbastanza diverso, dalla terza elementare quando ha iniziato a dover studiare le due paginette assegnate mostrava sempre riluttanza e poca voglia di impegnarsi... nonostante poi in classe venisse interrogata e rispondesse correttamente a tutto... Ho sempre dovuto ricordarle più volte di dover fare i compiti, in matematica ha sempre avuto bisogno della mia assistenza perchè da sola "sembra" non riesca a iniziare un ragionamento ma ha bisogno di una spinta... Metto tra le virgolette sembra perchè non riesco ancora a capire se lo fa apposta perchè è svogliata e io l'ho abituata troppo bene, o veramente ha delle difficoltà di comprensione del compito assegnato (es.
problema di matematica).

Ora che è alle medie non ha un metodo di studio, ha molti compiti e perde tempo durante il pomeriggio nonostante i nostri ripetuti inviti a mettersi a studiare.
Le abbiamo consigliato di pianificare i compiti delle varie materie della settimana in modo da non ritrovarsi piena di roba da fare da un giorno all'altro (2 giorni a settimana va a giocare a tennis e torna alle 20.00, ma spesso salta la lezione per finire i compiti).
Prima delle 18.00 non fa nulla, le abbiamo tolto lo svago della Nintendo switch fino a quando non finisce i compiti.
E' capitato che finisse alle 22.00 e sono intervenuta io ad aiutarla per l'eccessivo carico di compiti soprattutto di italiano.
Io sono preoccupata per questo suo atteggiamento, so che devo darle tempo per abituarsi al nuovo ritmo, non riesco a staccarmi da lei e lasciarla in autonomia perchè non sono convinta sia in grado di farcela da sola.
Vorrei che di fronte a una insufficienza imparasse a prendersi le sue responsabilità ma al tempo stesso io non voglio che prenda insufficienze, quasi come se la volessi perfetta o che non avesse nessun tipo di difficoltà.
Sento di aver fallito io come mamma, di non averle fatto crescere l'autostima e fiducia nelle sue capacità.
Temo che lei si autoconvinca di non valere e di meritarsi le insufficienze e non valga la pena quindi impegnarsi di più.
Come dovrei comportarmi?
Lasciarla stare nonostante le abbiamo dato innumerevoli consigli su come gestire la cosa oppure è ancora presto e dobbiamo aiutarla ancora nel fare i compiti?
Grazie per i consigli
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.9k 203
Gentile utente,
la corretta diagnosi l'ha fatta da sé: "Io sono preoccupata per questo suo atteggiamento, so che devo darle tempo per abituarsi al nuovo ritmo, non riesco a staccarmi da lei e lasciarla in autonomia perchè non sono convinta sia in grado di farcela da sola".
Dunque, anche se sua figlia è sempre andata bene a scuola, lei ha preferito non permetterle di trovare un proprio metodo di studio, ma continuamente si è sovrapposta a lei e continua a farlo perché "io non voglio che prenda insufficienze, quasi come se la volessi perfetta o che non avesse nessun tipo di difficoltà"... o peggio, si può temere, come se avesse paura di scoprire che sua figlia non è perfetta, e questo potesse fare di lei che ci scrive una madre fallita, come esprime poco oltre.
Le risponderò sia da psicologa, sia da insegnante. I genitori che proiettano i propri timori e le proprie ansie sui figli non fanno certo bene ai figli, e questo lo sa anche lei.
Vorrei aggiungere un dato pratico, semplice, che cita anche il celebre dottor Spock nel noto libro: "Il bambino: come si cura e come si alleva".
Il bambino, poi il preadolescente e così via, ha propri tempi e propri modi di apprendimento, che l'adulto può assecondare, ma non forzare. Molti genitori invece addirittura inibiscono l'apprendimento credendo di incoraggiarlo. Esso è fatto di curiosità verso le proprie capacità e verso il mondo esterno; di prove ed errori; ma soprattutto di ALLENAMENTO.
Nel momento in cui un genitore dà al figlio la pappa già fatta, proprio questo gli toglie: l'allenamento a pensare, a cercare soluzioni, ad affrontare l'impegno e la fatica.
Sua figlia gioca a tennis. Pensa che avrebbe imparato se lei le avesse continuamente sorretto e guidato il braccio che stringe la racchetta, l'avesse materialmente spinta a correre a rete o a fondo campo e così via?
Provi a pensare che quello che sua figlia deve realizzare è l'allenamento al pensiero matematico, alla gestione dei tempi di studio, e così via.
In tutto questo, ad eventuali sue richieste che non siano però rinunce a provarci, può aiutarla riflettendo insieme a lei, ma non certo sollecitandola ogni momento a cominciare i compiti e togliendole così ogni regolazione autonoma a questa responsabilità.
Ci sarebbe molto altro da dire, ma provi a cominciare intanto da queste cose semplici, assieme a suo marito.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza
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Utente
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Grazie per la risposta, sono d’accordo con il fatto di non dare la pappa pronta.
Sto cercando di essere calma e lasciare che inizi da sola a fare i compiti e aiutarla solo a richieste di chiarimenti o correzione di esercizi. Quando non intervengo e lascio che arrivi a tarda sera senza aver fatto nulla noto che lei comunque si innervosisce del fatto di non aver fatto i compiti scritti. Non vuole andare a scuola senza averli fatti e fare brutta figura o prendere una nota. E allora li fa sbuffando, sbattendo le cose per terra, scrivendo male ecc ecc. Nelle materie di studio invece sta li con il libro aperto a fissarlo e non studia.
Continuo a darle dei consigli su come organizzarsi anche se dovrei mollare anche li ma è per me molto difficile. Ho il bisogno di avere sotto controllo quello che sta facendo, e il modo in cui lo sta facendo e non sono tranquilla finchè non finisce tutto. Devo lasciarla poter sbagliare ma l’idea che possa prendere un’insufficienza o una nota per non aver fatto i compiti mi mette ansia. Ho la sensazione che lei abbia poca autostima e questo tipo di delusione peggiori la situazione. Cosa posso fare per gestire la mia ansia e lasciare che un suo naturale insuccesso non sia un problema insormontabile? Grazie
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.9k 203
Gentile utente,
la sua email contiene due spunti problematici. Parto dall'ultimo perché è il più facile da risolvere: "Cosa posso fare per gestire la mia ansia e lasciare che un suo naturale insuccesso non sia un problema insormontabile?"
Vede bene che qui ha centrato il problema: predomina la sua ansia, non il successo o l'autostima o la felicità di sua figlia.
Se lei prova a curare la sua ansia in quanto ansia, ignorandone per qualche tempo il contenuto specifico, farà un grande passo avanti nella gestione del suo benessere, come persona, come madre, come moglie.
Scrive: "Continuo a darle dei consigli su come organizzarsi anche se dovrei mollare anche li".
Dovrebbe mollare SOPRATTUTTO lì.
L'organizzazione del tempo deve trovarla sua figlia attraverso prove ed errori: lei può incoraggiarla a cercare la propria modalità, ma non suggerirgliene una.
Seguono le parole: "ma è per me molto difficile. Ho il bisogno di avere sotto controllo quello che sta facendo, e il modo in cui lo sta facendo e non sono tranquilla finchè non finisce tutto".
Ecco appunto la sua eccessiva tendenza al controllo, il suo pretendere di essere tranquilla attraverso un'attività svolta da altri. Questa, ne converrà, è una pretesa non solo assurda, ma alquanto pericolosa per la sua tranquillità.
Venendo alle cose che scrive nella prima parte della sua email, si scopre molto altro.
1. Se sua figlia viene lasciata libera di organizzarsi, non lo fa.
Direi che questo è naturale: abituata ad essere stimolata, sollecitata, sospinta, sua figlia viene a trovarsi nella condizione di chi avendo sempre nuotato col salvagente deve improvvisamente buttarsi in acqua senza.
Provi ad annunciarle con calma che non le dirà più di fare i compiti, e che fa questo per aiutarla a regolarsi da sola. Poi tenga fede per almeno un mese a questa decisione assieme a suo marito senza biasimare la bambina e senza gli inutili "hai visto cosa succede se non studi?", ma semmai a fine giornata lodando i suoi successi anche solo parziali.
2. Se sua figlia arriva a tarda sera senza aver fatto nulla, si innervosisce di non aver fatto i compiti scritti perché non vuol fare brutta figura.
Questo può essere in parte un'eredità dell'ansia materna: sua figlia esagera il peso della brutta figura, e questo non è bene, se preso come valore assoluto, perché un'impreparazione, se occasionale, non dev'essere un dramma.
In parte però può essere il risveglio di una responsabilità autonoma che sempre più deve irrobustirsi; un dovere verso sé stessa che sua figlia può acquisisce scontrandosi col dispiacere dell'insuccesso; e qui torniamo alla necessità del mese di allenamento di cui abbiamo detto.
3. Quando si accorge che ha lasciato passare troppo tempo senza fare i compiti, sua figlia affronta gli scritti "sbuffando, sbattendo le cose per terra, scrivendo male ecc. ecc".
In altre parole, la piglia sgarbatamente... con chi? Con sé stessa? Con voi genitori? Questo è il momento di correggerla dolcemente, perché in ogni caso il comportamento corretto va sempre mantenuto.
La bambina è addolorata perché vede delinearsi la figuraccia, ma non deve imparare a tradurre il dolore in rabbia, e per di più con gesti scomposti e poco educati.
4. In base allo stesso miscuglio di sentimenti negativi e all'aspettativa di un esito indesiderato: "Nelle materie di studio invece sta li con il libro aperto a fissarlo e non studia".
Per forza: ha la mente piena di rimorso, ansia, rabbia.
Lei può suggerirle di calmarsi prendendo una tisana per poi mettersi davanti al libro con un contaminuti, dedicando non più di mezz'ora ad ogni materia. Ovviamente questo suggerimento non deve prendere il carattere di guida costante che è stato fin qui il suo invito a fare i compiti, adottare un determinato metodo, etc.: le suggerisca una sola volta di provarci, e basta.
Questo sistema della sveglia ha aiutato perfino degli studenti universitari a non disperdere le energie dietro sollecitazione fuorvianti, esterne o interne.
Si alleni lei per prima al metodo che le suggerisco, inviti anche suo marito a farlo, e vedrà che vi troverete bene tutti e tre.
Aurguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza
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