Paura di partorire

Buongiorno,
ho da poco appreso di essere incinta e, dopo la gioia iniziale, sono andata nel panico più totale: ho sempre rifiutato l'idea del parto naturale, non per paura del dolore, bensì per le conseguenze fisiche che spesso comporta. E' vero, non è detto che ci siano per tutte, ma io non riesco ad accettare i rischi, non me li voglio assumere, pur desiderando un figlio. Questa purtroppo non è una paura passeggera, sono anni che il pensiero mi fa star male e ho pensato che potrei richiedere il cesareo: ora ho scoperto che il cesareo ti viene fatto solo a determinate condizioni e che porebbe essermi negato...cosa faccio? A chi mi devo appellare? Vorrei avere la certezza di poter partorire con il cesareo, se mi venisse negato prenderò in considerazione l'ivg, a rischio di distruggere la coppia...e no, non ditemi che il parto è una cosa naturale e che c'è sempre stato, non ditemi nemmeno che il cesareo è un intervento chirurgico che comporta dei seri rischi e che quindi non andrebbe preso in considerazione. Non voglio superare la paura del parto naturale, non voglio partorire per via vaginale. Non voglio superare la paura che mi attanaglia, partorire senza cesareo e poi ritrovarmi con il pavimento pelvico distrutto o con cicatrici sui genitali, perché ciò mi distruggerebbe. Sono parole dure le mie, ma l'ansia mi sta distruggendo, sto piangendo....
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Ragazza,
il racconto della propria nascita (e della gravidanza che l'ha preceduta) è una delle "storie" che solitamente i bambini ascoltano con estremo piacere dalle loro mamme, affascinati dal mistero di quell'evento che suscita in loro meraviglia e risveglia una marea di domande, alle quali a volte risulta anche difficile rispondere.
Lei ha un ricordo di questo racconto da parte di sua madre?
Naturalmente ai bambini non si parla più di tanto del dolore provato in quel momento, quanto piuttosto delle straordinarie emozioni provate nel primo incontro con loro, nel primo istante in cui i nostri occhi hanno incontrato i loro, abbiamo sentito il loro profumo ed abbiamo accarezzato la loro pelle vellutata.
Dal punto di vista psicologico, non è nel momento del parto che si diventa mamma, ma attraverso un processo graduale, diverso per ogni donna, con tappe successive, le prime delle quali anche molto remote nel tempo.
Penso che ciò su cui dovrebbe chiarirsi le idee, attualmente, non sia tanto su parto naturale vs. parto cesareo, ma su quanto desideri veramente avere un figlio: una volta compreso questo, le sue scelte saranno consequenziali.
Se in queste riflessioni vuol farsi accompagnare da uno/a psicologo/a, potrebbe rivolgersi gratuitamente al Consultorio Familiare della sua ASL.

Cordialmente,

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
gentile Signora,
concordo con le indicazioni della Collega, le paure da lei palesate, a mio avviso, non sono paure correlate alle eventuali cicatici e disastri del pavimento pelvico, tutte le donne da "sempre" partoriscono per via naturale e subito dopo il parto, sono in piedi, serene e non obbligatoriemnte doloranti e mal messe, ma a fattori simbolici, che probabilmente correlano al parto naturale.

Solitamente ci troviamo a rispondere a consulenze che hanno esattamente il contenuto opposto, madri che sconfortate per avere dovuto partorire con il parto cesareo, ci scrivono perchè si sentono in colpa, fallite, ferite e con cicatrici visibili che le ricordano l'evento.

Prima di valutare l'ivg, rifletta a lungo con l'aiuto di uno psicologo, cosa rappresenta per lei questa paura, se ne cela altre e se è curabile mediante una psicoterapia.

Il parto naturale, inoltre , se lei desidera, lo si può vivere con l'anestesia, senza dolore, questo potrebbe aiutarla.
Discuta con il suo ginecologo, sulle possibili modalità e sui pro e contro delle due modalità di parto.
Auguri
V.Randone

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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dopo
Utente
Utente
Gentili dottori,
vi ringrazio delle risposte che avete voluto darmi. Per rispondere ai quesiti di cui sopra, la situazione è la seguente: la mia nascita mi è sempre stata rinfacciata sin dal momento in cui, molto dopo aver superato l'adolescenza, ho inziato a voler prendere le mie decisioni in autonomia, durante l'infanzia ho subito abusi sessuali e ho sofferto di anorgasmia per circa otto anni.
Forse è vero, io questo figlio non lo desidero veramente, ho ceduto alle pressioni sociali e al desiderio del mio compagno, anche se era un argomento su cui ci riflettevo da alcuni anni, nell'ottica che prima o poi avrei DOVUTO farlo, in quanto donna naturalmente predisposta a ciò.Sì, mi rendo conto che non sono le ragioni più adatte per fare un figlio, ma ormai ci sono dentro.
Detto ciò, quello che rifiuto maggiormente è il non essere lasciata libera di scegliere la modalità di partorire che mi rende maggiormente serena e di dover, invece, sottostare per l'ennesima volta a decisioni esterne al di sopra della mia volontà. Continuano tutti a dirmi che nel momento in cui si ha tra le braccia il prprio figlio si dimentica tutto e che, appunto, le donne sono state "programmate" per partorire. Dicono anche che la gioia della maternità dovrebbe superare tutti i piccoli inconvenienti fisici dovuti al parto, ma sono fortemente convinta che non sia proprio così ed è inutile negare che ci sono donne che sono arrivate a rifiutare il proprio figlio proprio per quello che sono state costrette a subire durante il parto: manovre invasive, induzioni, episiotomie. Ci sono anche donne che dopo aver partorito non sono più riuscite ad avere una vita sessuale serena, arrivando a separasi dai propri compagni. Ci sono donne che hanno sofferto di depressione post partum, donne che soffrono ancora di disturbi post traumatici da stress, donne che sono arrivate a "vendicarsi" sui propri figli.
Dicono anche che i piccoli inconvenienti fisici dovuti al parto siano recuperabili, ma chi avrà il tempo di andare in giro per medici con un lavoro a tempo pieno, un figlio piccolo e senza nessun sostegno familiare? Io no sicuramente.
Detto ciò, sono fortemente convinta che non partorirò mai naturalmente (che cosa c'è poi di naturale nell'uso dell'ossitocina o dell'episiotomia?) e se dovessero negarmi il cesareo, intervento chirurgico invasivo, sui cui rischi mi sto documentando da anni (e sono disposta ad accettarli), non mi rimarrà che rifiutarmi di collaborare al momento del parto, costringendo i medici a rivalutare le loro decisioni. E' accettabile una decisione del genere? Sicuramente no, ma sono disposta a tutto affinché le mie decisioni vengano rispettate, le mie decisioni di essere pensante e non di animale guidato dagli ormoni. Non voglio vivere il parto come l'ennesima violazione del mio essere, non voglio espormi in una sala parto attorniata da medici che ritengano le mie richieste al pari di quelle di tutte le gravide che al momento del dunque chiedono di tutto pur di scampare ai dolori del travaglio e del parto; non voglio sentirmi dire "signora, dicono tutte così", non voglio essere guardata con aria di superiorità per il semplice fatto che non sono disposta a rinunciare a me stessa per il bene di un bambino che dovrò per forza amare, essendo altrimenti l'ennesima donna egoista ed immatura.
Ogni parto è a sé, non è detto che il parto vada male e che ci siano conseguenze fisiche permanenti. Sono d'accordo, potrebbe andare benissimo, ma anche no. E nella seconda ipotesi le conseguenze dovrei tenermele io, non i medici che mi hanno spinta a fare il loro volere. Forse non avrei dovuto restare incinta, ma visto che lo sono, perché devo essere "punita"?
Mi dicono tutti che non devo stressarmi, ma solo vivere la gravidanza serenamente: come? Come posso farlo se mi viene negata la possibilità di autodeterminarmi? Come posso farlo se non dormo per più di 3-4 ore pe notte a causa dell'ansia che mi attanaglia? D'accordo, una psicoterapia potrebbe aiutarmi a stare più tranquilla e ad affrontare le cose con più serenità, ma non mi aiuterebbe ad amare un figlio che non ho voluto profondamente e un figlio che, con la sua nascita, potrebbe rovinarmi la serenità che mi ero faticosamente costruita.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Come ?
Con un supporto psicologico, le dinamiche che abitano il suo vissuto, sono talmente tali e tante e, soprattutto hanno radici antiche , che online, non possono essere esplorate e soprattutto non potra' mai ricevere il supporto che invece necessita.
Si rechi presso una struttura pubblica, trovera' validi Colleghi per poter essere seguita e supportata
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara Signora,

mi sembra di capire che lei non rifiuta tanto il bambino, quanto l'idea delle conseguenze che questo bambino potrebbe portare con sè, a cominciare dal parto fino allo sconvolgimento della sua serenità "faticosamente costruita" negli anni.

Forse il punto è il senso di solitudine che prova in questo momento: non sente l'appoggio della famiglia e di sua madre, che le ha rinfacciato di averla fatta venire al mondo; non sente la vicinanza di medici che gestirebbero le partorienti come fossero in catena di montaggio; non sente la solidarietà di una società che prima si aspetta che faccia un figlio, in quanto donna, e poi le fa mancare il sostegno necessario a potersi occupare del bambino senza dover lavorare dal mattino alla sera.

Ci sono tanti nemici o almeno non-amici attorno a lei, tante persone che non la comprendono, non l'ascoltano e non l'aiutano.

Forse però c'è anche qualcuno su cui contare, che non chiude gli occhi come hanno fatto gli adulti quando è stata abusata da bambina e che non chiude le orecchie come i medici che le potrebbero negare il cesareo che si prepara da anni a chiedere.
Per esempio non ci ha detto nulla del padre del bambino e di come si sta comportando ora che lei è in attesa.
Non ci ha detto se ha altri parenti a parte i suoi genitori, se ha amici e colleghi con i quali si può confidare e intrattenere un rapporto di amicizia.

Analizzando il suo racconto nel complesso mi sembra che i problemi che si trascina da molto tempo siano due: da una parte ha talmente sofferto per il senso di colpa che sua madre le ha provocato per averla partorita che sta vedendo questo evento come una catastrofe, dall'altra gli abusi subiti l'hanno resa particolarmente sensibile a tutto ciò che può accadere "lì", tanto che per molti anni ha anche sofferto di anorgasmia.
Questa lunga, ma solo parziale, elaborazione del dolore che ha subito fisicamente e psicologicamente merita di essere agevolata perchè arrivi a compimento e non dia ancora frutti avvelenati come sta facendo ora.

Le consiglio sentitamente di richiedere un intervento psicologico sul trauma che ha subito e che a mio avviso la sta ancora pesantemente condizionando e togliendo serenità, come è normale che sia quando una persona che ha subito abusi nell'infanzia non ha avuto modo di superare davvero l'accaduto e le sue conseguenze.

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
In effetti posso dire di essere completamente sola: mia madre per fortuna è fisicamente molto lontana, gli altri parenti un po' meno lontani (a "soli" 400 km), ma comunque non potrebbero sostenermi, non ho mai ricevuto il minimo sostegno neanche da loro, anzi, hanno sempre e solo cercato di trarre vantaggi dalle mie risorse (intellettive, economiche, ecc).
Il padre del bambino è felicissimo, cerca di sostenermi e continua a ripetermi che farà di tutto affinché io possa essere serena. Purtroppo il suo è un lavoro che lo tiene sempre lontano per 5-6 giorni a settimana e quindi, dopo il mio lavoro, sono sempre sola. Ecco, potrei essere sola anche nel momento del parto, visto che lui non c'è mai e potrebbe non avere la possibilità di tornare in tempi brevi. Sarò sola anche dopo la nascita del bambino, sarò la sola che si occuperà di lui, dovrò portare avanti un lavoro a tempo pieno e una casa, in tutto e per tutto, dalla cura di tutti i giorni agli aspetti burocratici: quest'ultima un'incombenza dovuta alla mia fatica a delegare, delegando ho paura di perdere il controllo della situazione e ciò per me è inaccettabile.
Amicizie? Poche, pochissime e tendono a sminuire i miei disagi; tanto che ho smesso di espormi e di chiedere consigli.
A questo punto sono consapevole di avere bisogno di sostegno psicologico e probabilmente cercherò di trovare il tempo necessario atto allo scopo...ma se dopo un percorso di psicoterapia fossi al punto di partenza? Se il mio desiderio di avere un cesareo fosse lo stesso? Perché devo essere costretta a sottopormi al volere dei medici? La mia volontà non conta proprio nulla? Devo affrontare un parto per via vaginale solo perché ho avuto la sfortuna di essere nata donna?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Chiedere un aiuto psicologico non deve servire a convincerla ad accettare il parto vaginale, che penso ci sia modo di evitare, ma a sistemare tutto quello che negli anni ha reso la sua vita difficie e l'ha portata ad avere la necessità di controllare ogni cosa - il che fra l'altro è anche un effetto dell'abuso sessuale - e a vivere con difficoltà quello che riguarda le sue parti intime, fisiche e psichiche.

Anche i rapporti con gli altri ne trarranno beneficio: se lei cambierà cambieranno anche le persone con le quali avrà a che fare perchè chi già la conosce si adeguerà al suo nuovo modo di essere e/o perchè incontrerà persone diverse, che si combineranno meglio con lei.
La scelta non solo del partner, ma anche degli amici, dipende dalle caratteristiche psicologiche ma anche dai problemi personali: risolvendo i problemi si scelgono persone differenti da quelle che si frequentavano in precedenza, che consentano di instaurare relazioni più equilibrate e soddisfacenti.

Mi viene il dubbio che il suo sentirsi sola e rifiutarsi di delegare la porti a non essere capace di chiedere aiuto o a farlo in modo sbagliato, il che genera un rifiuto da parte degli altri.
Potrebbe per esempio essere troppo poco chiara o troppo aggressiva, e, non riuscendo ad aspettarsi nulla dagli altri, questo è proprio ciò che ottiene.