Il mio matrimonio e' una trappola

Racconto brevemente la mia storia.
Ho 47 anni, un figlio adorato di 18 e un marito, o meglio un estraneo di 50 anni.
Ho conosciuto mio marito appena laureata, dopo un amore finito male e ho creduto di aver trovato una persona giusta, sensibile e premurosa. Lui viveva in una citta del sud e per seguirlo ci siamo sposati e qui ho fatto il primo grande errore: non aver ritenuto importante prima di tutto trovare un lavoro,coltivare la mia indipendenza. Ora non capisco come ho fatto, dopo anni di studi e sacrifici, a mettermi cosi da parte. Dopo due anni di matrimonio e la nascita di mio figlio scopriamo che e' positivo all'epatite C ( mai riusciti a capire come, mai usate droghe ecc) comunque da quel momento la mia vita sessuale praticamente finisce. Malgrado le rassicurazioni sull'uso di precauzioni ogni volta che ci provavo era un incubo: non riuscivo a rilassarmi, abbandonarmi, vivevo il sesso come una serie meccanica di posizioni col cervello sempre vigile, che spera che tutto finisca subito. Ho iniziatoprima a diradare, poi a rifiutarmi proprio finche' lui ha smesso anche di chiedermelo. Sono ormai sette anni che non faccio sesso e la cosa, non mi manca affatto! Ho continuato quello che viene chiamato matrimonio bianco senza mai tradirlo, anche perche' in realta non mi sembra che nessuno mi abbia mai corteggiato pur essendo una donna bella e giovanile( non vuole essere una autolusinga, e' solo per spiegare).
Negli ultimi cinque anni ho cominciato a lavorare nella sua piccola azienda ma, a causa della crisi che ha colpito la sua attivita', non ho mai percepito uno stipendio e sono economicamente dipendente da lui. Gia, e lui in tutto questo? Lui e' un uomo molto freddo, ormai inaridito dai problemi della vita che non sopporta neanche che affronto il problema del nostro matrimonio: non sente la necessita' di parlare, a lui basta trovare la casa pulita, una buona cena:-)e una bella partita in tv.
Quando litighiamo alza la voce, mi dice quand'e' che te ne vai, se non ti sta bene vattene...dove potrei andare senza un lavoro, con una famiglia lontana 500 km che in venti anni ha sempre fatto finta di non vedere. Mai una volta mi hanno chiesto sei felce, come va il tuo matrimonio?
Ho tirato avanti per il bene di mio figlio ma ora, che il prossimo anno andra' all' !universita' , io che faccio qui? Ho pensato che sarei disposta a fare qualunque lavoro, anche il piu' umile. Sogno ad occhi aperti un occasione, una nuova vita. Invece sono qui, in una prigione.
Ho messo tanta carne sul fuoco, lo so, ma la mia vita e' un disastro totale.
Grazie a chi ha voglia di darmi un consiglio.
[#1]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9

Gentile Signora,
comprendo la sua amarezza, le domande che si sta ponendo proprio ora che suo figlio sta prendendo la propria strada di giovane adulto e fa i conti con la sua vita.

Ha scelto amore e famiglia, a discapito del coltivare una sua realizzazione in campo lavorativo, autonomia ed indipendenza economica. Ci descrive un matrimonio nel quale qualcosa è andato storto, ma non è stato affrontato, entrambi avete continuato adattandovi in qualche modo alla routine e allontanandovi sempre di più emotivamente, oltre che fisicamente.

Il bilancio che fa della sua vita è amaro: la condizione di dipendenza e di occasioni che sogna ma che non sa come cogliere, suo figlio ormai giovane adulto... lei si ritrova a confrontarsi con la sua unione, con un marito inasprito dalla vita.

Ma ognuno di noi possiede risorse e potenzialità, a volte anche insospettate. Dovrebbe guardarsi dentro e capire se davvero non è rimasto nulla tra lei e suo marito, cercare le occasioni che brama in modo attivo, la sua età le permette ancora di poter riscrivere la sua vita in modo più appagante.
Le chiavi di quella che ritiene una prigione, anche se non le sembra, le ha in mano lei. E solo lei può aprire quella porta.
Coraggio!


Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#2]
Dr.ssa Patrizia Pezzella Psicologo, Psicoterapeuta 263 13 1


gent.me signora, provi a parlare con suo marito di ciò che sta provando ed

insieme provate a fare una consulenza di coppia con un/a collega

(eventualmente perfezionato/a in sessuologia clinica), per valutare se ci sono

le premesse e/o la

giusta motivazione sua e di suo marito a togliere la "ruggine" del vostro

rapporto e a "lucidare" la relazione oppure che tale intervento terapeutico

possa essere funzionale ad "aprire" il cancello della sua/vs prigione.

Molti auguri

Dr.ssa Patrizia Pezzella
psicologa, psicoterapeuta
perfezionata in sessuologia clinica

[#3]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le Sig,ra,
sembrerebbe che Lei si senta già "svincolata" da una relazione affettiva che negli anni si è svuotata di significati, progettualità e coinvolgimento reciproco, lasciando spazio solo al risentimento e alla conflittualità.
E' vero, l'indipendenza economica è una risorsa che agevola certe scelte, tuttavia credo le sarebbe utile sviluppare la consapevolezza del percorso fatto finora, per individuare gli aspetti del suo modo di essere che l'hanno indotta a sacrificare le sue priorità, in tutto questo l'importanza di suo figlio avrà senz'altro giocato un ruolo, ma forse non riassume tutta la complessità dello scenario.
Un colloquio con uno Psicologo Le consentirebbe di fare chiarezza dentro di sé e valutare la possibilità di avviare un percorso di crescita personale finalizzato a riconquistare il suo potere personale.
Può rivolgersi direttamente al Consultorio familiare della sua ASL per fissare il primo appuntamento, nell'intento di offrirle un ulteriore spunto di riflessione le consiglio di leggere questo articolo:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#4]
dopo
Utente
Utente
Ringrazio tutti voi per la vostra attenzione.
In effetti non riesco a spiegarmi neanche io il perche'mi sia messa cosi da parte in questi anni, finendo in un vicolo cieco...la mancanza di indipendenza economica e, di questi tempi di prospettive di trovare alla mia eta' un lavoro, non mi rende libera di decidere. Dove potrei andare? Dovrei lasciare mio figlio?
Il tentare una terapia di coppia non l'ho mai preso in considerazione: questo perche' ritengo il mio rapporto ormai una scatola vuota, alimentato solo da tanto rancore che ho scoperto essere un sentimento potente, forse molto piu' dell'odio, perche' si nutre giorno dopo giorno di assenza, silenzi e lontananza. Come si fa a ignorare una moglie che giorno dopo giorno ti si spegne vicino? Certo, far finta di non vedere e' piu' facile e ogni richiesta di colloquio e' una complicazione che non sopporta!

Diverso e' il discorso che riguarda me personalmente: forse, un percorso individuale mi potrebbe aiutare a fare chiarezza dentro di me, darmi la forza di sostenere questo vuoto di alternative che vedo...
Perche' io che mi sono laureata brillantemente, che ho un carattere vivace, curioso sono sempre orientata a dare, come madre, come figlia ( i miei sono entrambi in pessime condizioni di salute e non ho mai voluto dar loro preoccupazioni) a non chiedere niente per me come persona e donna.?
Penso di essere vittima di una profonda violenza psicologica : la violenza non e' solo fisica, forse paradossalmente e' quella dalla quale ci si puo' difendere meglio. La peggiore e' quella che ti toglie la liberta' in modo subdolo, sottile.
Non e' che sono depressa e non so di esserlo?
Sono straconvinta che se avessi un lavoro saprei cosa fare perche' mi sentirei libera.

[#5]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le Sig.ra,
pensarsi come una vittima non fa altro che alimentare la frustrazione e il senso d'impotenza e non l'aiuta ad individuare le risorse presenti dentro di Lei per affrontare questaa fase delicata della sua vita.
Avere un lavoro non le consentirebbe di sviluppare "automaticamente" quella consapevolezza che oggi le è necessaria per fare chiarezza dentro di sé e, solo successivamente, le consentirà di fare delle scelte.
Il cambiamento non può iniziare da una "fuga", ma dal confronto con sé stessi attraverso l'instaurarsi di una relazione d'aiuto, che non rappresenti solo un "sostegno" ma crei le condizioni favorevoli alla possibilità di riappropriarsi della capacità di scegliere e assumersi le proprie responsabilità.
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