Emozioni

Salve,
Ho 22 anni e quando ne avevo 14 la mia più cara amica di allora si è tolta la vita. All'epoca dopo aver ricevuto la notizia dai carabinieri, aver saputo che aveva lasciato un biglietto in cui chiedeva di lasciare a me le sue cose, aver visto il suo cadavere, dopo essere stata al suo funerale, la mia intenzione era quella di ripartire. Il giorno dopo il funerale ero a scuola con il suo banco vuoto accanto. Ho pianto quando ho ricevuto la notizia, ho pianto al funerale. Poi ho deciso che non volevo che la sua morte diventasse argomento di conversazione con altri. Non ne ho mai parlato con nessuno, ho pianto ma da sola. Con gli altri ho sempre finto che non fosse successo niente. Ho condotto una vita normale, piena di soddisfazioni in ambito scolastico e ho costruito amicizie sincere e stabili che durano ancora oggi. Il mio problema è che ho da allora un problema enorme nell'esprimere le mie emozioni. Non voglio che gli altri mi vedano triste, arrabbiata, felice, innamorata. Mi sentirei debole e vulnerabile. Questo mi ha creato non pochi problemi per quanto riguarda la vita sentimentale che mi sono praticamente negata. Ultimamente sono sottoposta allo stress da esami universitari e sto frequentando un ragazzo (a cui mi forzo lucidamente di dimostrare affetto) ed è comparsa l'ansia. Un'ansia che a volte mi paralizza e di cui fino ad ora non avevo avuto esperienza. Immagino sia dovuta al modo con cui decisi di affrontare il lutto. Potrebbe essere così? Come uscirne?
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile utente,
I lutti devono essere affrontati, altrimenti preparano il terreno per altre problematiche psico/somatiche.
Le emozioni sembrano spaventarla e destabilizzarla, online non si può effettuare una cura e soprattutto una diagnosi della sua personalità, per capire quali strategie adottare per un' adeguata ed indispensabile elaborazione del lutto

Un nostro collega potrà aiutarla in questo processo

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Utente
Utente
Grazie mille per la sua risposta dottoressa. Capisco che online non si possa fare di più. Magari questo può essere un primo passo per me per decidere finalmente di consultare uno psicologo "dal vivo", cosa che mi sono sempre rifiutata di fare. Grazie ancora.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Online è solitamente il primo passo verso il problema.....

È arrivato il momento di ascoltarsi....vedrà che ne guadagnerà in qualità di vita.
Cari auguri
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Dr.ssa Mirella Caruso Psicologo, Psicoterapeuta 52 1
Gentile ragazza mi ha colpito la sua frase tra parentesi. …"mi forzo lucidamente di mostrare affetto", riferita al suo ragazzo. Perché c'è una costante in ciò che scrive: lo sforzo di rimanere lucidi e nascondere le emozioni. Si è obbligata, da molti anni oramai, a piangere in silenzio, per proteggere se stessa e il suo dolore. Ed essere forte. E' stata brava a raggiungere traguardi importanti. Credo sia arrivato il momento di cercare di recuperare e ri-costruire ciò che si è bloccato, riprendere in mano la propria vita emotiva e sentimentale. La sua amica ha lasciato per lei un messaggio e le sue cose, credo che proprio da là debba ricominciare.

Dr.ssa Mirella Caruso www.mirellacaruso.it
Milano: via A. Stradivari, 6.
Bologna: via Malvolta, 3.

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Utente
Utente
Grazie dottoressa Caruso per la sua risposta. Si, è stata una strategia più o meno consapevole di una quattordicenne per andare avanti quella di dimostrarsi forti e nascondere il pianto. La cosa che più mi spaventa è che io a 14 anni , come tutti, iniziavo a costruire me stessa. Mi sembra quasi di aver iniziato a costruire l'edificio della mia personalità su una voragine, su quell'evento terribile. È come se non avessi gli strumenti per uscirne dato che quando ho affrontato la cosa non ero ancora "strutturata". Vi ringrazio per le vostre risposte, penso comunque di star iniziando un percorso anche se ancora non accetto di aver bisogno di un aiuto esterno per percorrerlo.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile ragazza,

potrebbe anche non essere così come ipotizza, nel senso che l'ansia (e qui bisognerebbe capire meglio di che cosa si tratta... c'è anche l'ansia sana, soprattutto in vista dell'esame) potrebbe comparire anche indipendentemente dal lutto che hai affrontato anni fa.

La morte è un evento di cui tutti facciamo fatica a parlare, perchè vorremmo scaraventarla il più lontano possibile da noi, così come la sofferenza. Quindi è anche possibile che quella sorta di "censura" che tu ti sei in qualche modo imposta, in realtà ti abbia protetta e permesso di costruire tante cose nella tua vita: studiare, avere amicizie, un ragazzo, ecc...
Non credo che queste cose siano accadute per caso: mi riferisco alla tua reazione. Probabilmente ti ha protetta di più questa chiusura ai tempi, perchè forse non avevi i giusti mezzi per affrontare tutto ciò.
Inoltre la tua amica è morta in un modo che spiazza chiunque e che lascia tantissimi interrogativi. Magari per te solo ora è giunto il momento (nel senso che ti senti pronta) per dare un senso e un significato all'accaduto.

Io distinguerei però i due aspetti: uno è quello legato all'ansia e l'altro è quello relativo al suicidio della tua amica del passato.

E' anche probabile che ora sia proprio l'ansia a farti amplificare ciò che senti per il tuo ragazzo in modo negativo ("a cui mi forzo lucidamente di dimostrare affetto"), perchè l'ansia si esprime non solo con sintomi fisici (es tachicardia, ecc...) ma anche cognitivi, facendo ad esempio dubitare e controllare delle cose.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Utente
Utente
La sua risposta, dottoressa Pileci, mi fa riflettere su alcune cose che in realtà penso da un po'. Potrei in effetti aver utilizzato questo evento per me così importante anche un po' come una scusa, un'arma di difesa (e questo mi ha fatto sentire profondamente in colpa) non con gli altri ma spesso con me stessa. Nel senso che ho spesso ricondotto i miei problemi e le mie difficoltà, quando ne ho incontrate, a quell'evento come per giustificarmi, come se fosse la causa di tutto quello che sono. Come se il mio essere forte e razionale ma allo stesso tempo a volte distaccata e incapace di esprimere emozioni, come se i miei pregi e i miei difetti fossero tutti da imputare a quel fatto. Non è più l'evento in se che mi fa soffrire (purtroppo mi sono ormai rimasti più ricordi di lei da morta che di lei da viva) ma il fatto che abbia comportato così tanto nella mia formazione. Potrebbe essere quindi, come dice lei, che l'ansia di questo periodo non sia da imputare a quell'evento, ma mi accorgo che per me tutto quello che mi succede deriva in qualche modo da lí. E questa è la cosa che mi spaventa di più. La ringrazio molto per la sua risposta.
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