Cambiare metodo

Da quasi un anno mi sono rivolta a una psicoterapeuta con indirizzo relazionale/famigliare in quanto non sono indipendente e faccio fatica a relazionarmi. mi sono sempre trovata bene ma negli ultimi mesi sono in una situazione di stallo. gli ho chiesto espressamente se poteva supportarmi in quanto ho problemi con la sessualità, ho paura a provare nuove esperienze(sono senza un'occupazione dalla fine della scuola)e mi sto chiudendo in me stessa perchè non mi sento capita, richiedendo degli esercizi per gestire l'ansia che mi assale in ogni momento e qualche accorgimento che mi possa aiutare a spronarmi a buttarmi nelle nuove esperienze(stare a casa dopo 4 anni inizia a pesarmi ma non ho il coraggio e non ho i mezzi per iniziare a fare qualcosa). ogni volta che richiedo ciò mi viene risposto che non può darmi consigli perchè sennò sarebbe inutile e che non farei le cose da sola. continua a ripetermi le cause dei miei atteggiamenti(la famiglia, come sono cresciuta, ma non mi da mai degli stimoli per risolvere le cose. capisco che devo risolvere le cose da sola, ma mi sono rivolta a questa persona per essere aiutata, non so se mi spiego.non chiedo la soluzione ma dei mezzi che mi aiutino nella vita quotidiana e che mi aiuti a superare le mie paure. a malincuore mi sa che dovrò interrompere la terapia per provare un indirizzo cognitivo-comportamentale dove almeno mi vengono dati dei compiti da svolgere, così da sentire concretamente che sto migliorando. sbaglio oppure potrei aver ragione?
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Dr. Francesco Mori Psicologo, Psicoterapeuta 1.2k 33 31
Gentile ragazza,
difficile poter comprendere da qui, certamente lei ha diritto di cambiare terapeuta se il tipo di intervento non le offre ciò di cui ha bisogno. Allo stesso tempo non è detto che cambiando ottenga i risultati sperati.
Se ho capito bene il suo terapeuta evita di essere direttivo in quanto sostiene che il suo problema sia legato alla "dipendenza emotiva" da aspetti familiari. Probabilmente c'è il timore che un'eccessiva direttività la faccia dipendere dal terapeuta, non cambiando quindi la dinamica di fondo...
In ogni scelta c'è sempre una perdita.

Restiamo in ascolto

Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/

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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara Utente,

per quale motivo ha scelto una terapia di quel tipo?
Quali problemi sta affrontando?
Ha ricevuto una diagnosi?

Se è in trattamento da una anno e le cose non vanno da alcuni mesi immagino che ne abbia parlato a chi la segue: che risposta ha ricevuto? Ha espresso chiaramente il desiderio di cambiare terapia?

Forse il tipo di approccio che ha scelto non fa per lei, o forse non "funzionate" come diade terapeuta-paziente, o forse ancora eravate arrivate ad un punto particolarmente "sensibile" nel suo cammino, ma quanto la mia Collega le dice non è errato nel senso che a volte il paziente desidererebbe delle risposte concrete che lo psicologo può solo aiutarlo a raggiungere e non gli può dare sostituendosi a lui.
A volte il desiderio di "concretezza" è parte del problema e serve a negarne in tutto o in parte la natura psicologica, scivolando verso la fantasia che una qualche sorta di "riabilitazione" da sola possa risolvere difficoltà di livello più "profondo".
Prima di cambiare quindi la invito a parlarne o riparlarne con la dottoressa.

Consideri anche che non è necessario che cambi terapia, ma che può o sospenderla per un periodo o affiancarla all'apprendimento di una tecnica di rilassamento come il Training Autogeno: queste tecniche sono sempre integrabili a qualsiasi tipo di psicoterapia e il loro impiego consente di lavorare contemporaneamente sul piano psicofisico e su quello psicologico agevolando il cambiamento.
Se le interessa saperne di più può leggere questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/652-il-training-autogeno-nel-trattamento-dei-sintomi-psicologici-e-psicosomatici.html

Un caro saluto,

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
la ringrazio per la risposta.
vorrei capire più che altro se le mie richieste sono lecite o meno, nel senso è giustop che uno psicoterapeuta possa dare delle direttive(oggettive? non ho chiesto una soluzione rapida e indolore al problema, ma degli esercizi di rilassamento che non credo possano creare dipendenza dal terapeuta, con il quale in reltà sono molto distaccata.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Penso che non abbia letto la mia risposta perchè stavamo scrivendo nello stesso momento.
Come le dicevo, apprendere una tecnica di rilassamento non è nulla di infattibile mentre si è in terapia e anzi agevola il cambiamento.
Immagino però che chi la segue non ne utilizzi e quindi credo che si dovrà rivolgere ad un altro psicologo per impararne correttamente l'impiego.
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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
però mi chiedo la sua collega perchè non me lo dice? questo periodo è molto critico per me avrei bisogno anche di un sessuologo però purtroppo al momento non posso permettermelo economicamente in quanto già è difficile chiedere ai miei genitori i soldi per questo tipo di terapia psicologica( credono che mi basta un'occupazione per risolvere miei problemi), inoltre sto affrontando un sacco di visite per una sospetta vestibolite vulvare, che richiederà non pochi sacrifici a livello economico se verrà accertata.
inoltre è scritto chiaramente sulla scheda di presentazione sul sito dell'ordine degli psicologi che questa terapeuta affronta anche problemi di autostima con esercizi di rilassamento e training autogeno, e non capisco come mai non voglia suggerirmeli.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Ci possono essere punti di vista diversi anche in base all'orientamento teorico di riferimento ed è possibile che la nostra Collega, che chiaramente la conosce (al contrario di noi), stia ravvedendo nella sua richiesta un tentativo di ottenere risposte che alimentino la sua tendenza alla dipendenza.

Gliene ha parlato chiaramente, dicendole anche che sa che utilizza queste tecniche?

Riguardo alla necessità di rivolgersi anche a un sessuologo penso che possa essere superflua, dal momento che il sessuologo non è un professionista a sè ma è semplicemente uno psicologo (o un medico) che ha approfondito in particolare un certo tipo di trattamento dei disturbi della sfera sessuale dei quali comunque tutti gli psicologi si occupano.

Se il suo principale problema è costituito da importanti difficoltà di relazione si può pensare inoltre che i sintomi della zona genitale dipendano sempre da questo stesso motivo.
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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
del problema sessuale ne ho già discusso con la sua collega e mi ha detto di aspettare l'esito degli analisi fisici. io non nego la componente psicologica anzi credo che al di la della componente fisica(il possibile problema a livello nervoso),è palese che ho comunque anche un problema a livello psicologico(credo vaginismo lieve ma naturalmente non ricevo diagnosi su nulla, è sempre tutto vago) però allora dovrebbe cercare di darmi una mano da quel punto di vista prettamente psicologico. abbiamo appurato le cause del disagio, però al di la di quello non siamo andate oltre per capire come superare il problema, nonostante io ho sempre cercato di parlarne o comunque di cercare una soluziona.

io non cerco una soluzione definitiva, ma l'ansia e il sesso si affrontano anche dal punto di vista concreto e non solo prettamente psicologico. se un laureato in psicologia non è in grado di aiutarmi non so neanche io dove sbattere la testa.

sono costretta a fare ultimatum per far valere le mie copioni e non mi sembra giusto.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Di preciso quali sono le difficoltà di relazione che riscontra?
Di solito perchè falliscono (o non iniziano nemmeno) i suoi rapporti con gli altri?
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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
il mio problem in generale nasce dal fatto che ho avuto dei grossi problemi di salute durante l'infanzia e i miei genitori preoccupati che io possa avere problemi con il mondo mi hanno sempre protetto da ogni cosa eio naturalmente ho sempre pensato che fosse una cosa normale. ho sempre avuto problemi di relazione con le persone, perché ho molte aspettative e sono sempre stata abituata a stare al centro dell'attenzione quindi ogni rifiuto, difficoltà che mi si presenta(non solo con gli altri ma anche in ambito scolastico-lavorativo)viene vista come un'ostacolo insormontabile, vengo assalita dall'ansia arrivando persino a piangere. quindi sono arrivata allo stato di non voler più affrontare le cose o comunque alla prima difficoltà mi arrendo, perhcè se non ho un risultato certo o sarà il massimo per me non andrà mai bene. ho appurato con la collega che i miei hanno riversato su di me parte delle aspettative di successo che loro non hanno potuto avere in adolescenza, ma dall'altro fanno fatica a trovare il modo di staccarsi.
per quanto riguarda il sesso ho avuto estreme difficoltà ad avere un rapporto completo(4 anni di relazione stabile)un pò per paura di deludere qualcuno, un pò perchè ho ricevuto prese in giro e ho avuto momenti imbarazzanti e un pò perchè vedo l'altra persona come un possibile "invasore" del mio spazio privato, cosa che accade normalmente nella dinamica familiare.

nel caso non si capisca qualcosa mi chieda pure delucidazioni.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Le faccio presente che queste dinamiche potrebbero essere le stesse che sta vivendo nei confronti della psicologa e della terapia:

"ho molte aspettative e sono sempre stata abituata a stare al centro dell'attenzione quindi ogni rifiuto, difficoltà che mi si presenta viene vista come un'ostacolo insormontabile"
"sono arrivata allo stato di non voler più affrontare le cose o comunque alla prima difficoltà mi arrendo".

E' perfettamente normale che con lo psicologo emergano le stesse modalità di relazione che si creano al di fuori del contesto della terapia, nella vita quotidiana, e che ad esempio una persona abituata a chiudere i rapporti e a "mettere una croce" sopra chi la delude anche una sola volta lo faccia anche con lo psicologo: l'importante è rendersene conto e utilizzare questa consapevolezza come utile strumento di cambiamento in terapia.

Rifletta su quanto le sue modalità abilità di relazione stanno influenzando la percezione che ha della dottoressa e del lavoro che state facendo assieme.

Riguardo al sentirsi "invasa" e a temere per i suoi confini penso che un sentimento di questo tipo possa giustificare perfettamente i sintomi ginecologici che lei riferisce.
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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
i sintomi ginecologici sono al di al della sessualità, infatti mi è stato diagnosticato un problema nervoso che devo approfondire tramite analisi da medici specializzati.

per quanto riguarda il percorso psicologico può anche aver ragione però mi rendo conto che purtroppo in questi mesi non ho ottenuto nessun risultato significativo anzi, ho reazioni sempre più spropositate a ogni situazione. per questo chiedevo dei semplici esercizi di training autogeno, per imparare a gestire le situazioni di panico e ansia tentando di arginarle momentaneamente, anche perchè se i miei scoprono che sto piangendo scatta la lite e la situazione peggiora.
io sono anche disposta a continuare, ma a patto che mi si diano anche gli strumenti per affrontare le situazioni di difficoltà.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Molti disturbi fisici hanno una componente psicosomatica importante, che non va trascurata.

Riguarda al discorso più generale ne parli nella maniera più esplicita ed esaustiva possibile con la sua psicologa: è importante che chiariate ogni punto prima che lei prenda un'eventuale decisione.
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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
una curiosità. quanto ci vuole in media a superare queste problematiche? io e la la terapeuta ci siamo date un anno di tempo. mancano meno di 4 mesi(agosto non lo conto il termine provvisorio per fare il conto di quest'anno è ottobre anche se è da luglio dell'anno scorso che vado), qualche progresso l'ho fatto, ma non mi sembra essere arrivata a una svolta più o meno soddisfacente, ho avuto alti e bassi notevole a che a causa di miei che han sempre ostacolato la terapia. il mio timore è arrivare tra 4 mesi e restare ancora al punto di partenza, essenzialmente senza un'occupazione(il mio obiettivo oltre alla serenità).
premetto che da una parte solo ora ho smesso di volere tutto e subito ma il mio timore è che avendo una scadenza(forse è per questo che non so tutto precisamente dalla diagnosi all'aiuto che può veramente darmi il terapeuta, perchè sono molto suscettibile)vada in panico, non riesca a raggiungere l'obiettivo o comunque forzi le cose.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
In genere non è possibile darsi un termine perchè non si può sapere in anticipo come procederà il percorso.

Le segnalo questo articolo sull'argomento:
http://www.serviziodipsicologia.it/quanto-dura-una-psicoterapia-la-sua-durata-e-prevedibile/
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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
la ringrazio per l'articolo è molto interessante. una cosa del genere andrebbe fatta leggere PRIMA di iniziare la terapia a ogni paziente, risparmierebbe ansie e mesi passati senza concludere nulla.

un dubbio ancor ami sorge tra i tanti. la terapista ha accennato a una dipendenza ma non ha voluto dirmi veramente che cos'ho. so che non è un disturbo grave ne necessita di cure farmacologiche. si può affermare quindi che soffro(che alla fine soffrire è una brutta parola diciamo che sto affrontando ) di dipendenza emotiva?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Si tratta comunque di informazioni di carattere generale: nel suo caso specifico se la dottoressa ha stabilito un orizzonte temporale di un anno come termine per realizzare/valutare i risultati ha avuto sicuramente i suoi buoni motivi.

Riguardo alla dipendenza alla quale accenna francamente non conoscendola non so di cosa si tratti, ma se non è dipendente da sostanze o da altro in particolare (gioco, shopping, sesso, ...) immagino che si possa trattare di dipendenza emotiva.

Noto che ci sono delle difficoltà di comunicazione fra voi e le suggerisco di farglielo presente perchè possiate risolverle.
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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
io ho cercato di essere chiara e ho insistito più volte sulla diagnosi e come detto ha accennato a dipendenza(a questo punto credo emotiva)è da considerarsi un disturbo?

poi io da sola mi autodiagnostico l'ansia visto che mi è appena stata diagnosticata la vestibolite e vulvondinia ed è sicuramente uno sfogo dovuto a uno stato d'ansia estremo.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
La dipendenza emotiva in genere rappresenta o un "sintomo" nel quadro di una diagnosi sovraordinata (ad es. Disturbo Dipendente di Personalità) o una modalità di relazione disfunzionale che non soddisfa però i criteri per una diagnosi psicopatologica.

Anche l'ansia non è altro che un sintomo che può comparire in presenza di una diagnosi sovraordinata o anche da sola, come stato di malessere (reattivo o meno a un evento esterno) con minore significato psicopatologico.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

Lei scrive della terapeuta: " continua a ripetermi le cause dei miei atteggiamenti(la famiglia, come sono cresciuta, ma non mi da mai degli stimoli per risolvere le cose. capisco che devo risolvere le cose da sola, ma mi sono rivolta a questa persona per essere aiutata, non so se mi spiego.non chiedo la soluzione ma dei mezzi che mi aiutino nella vita quotidiana e che mi aiuti a superare le mie paure."

Dal punto della psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale è meno importante (o a volte non lo è affatto) intercettare le cause del problema, perché operativamente non ci servono a nulla. Mi spiego meglio. Se anche Lei conoscesse tutte le ragioni che L'hanno portata a sviluppare un disagio oggi, come potrebbe poi cambiare con la sola consapevolezza?

La consapevolezza può essere utile, ad esempio se un pz. è consapevole del proprio modo di funzionare, ma se non FA qualcosa per modificare questo modo (disfunzionale) di stare al mondo, e nessuno gli dice come fare, continuerà a mettere in pratica le stesse modalità.

Per questa ragione nella terapia cognitivo-comportamentale prescriviamo dei compiti da eseguire tra una seduta e l'altra, cioè per fare in modo che il pz. possa sperimentare e vivere un modo diverso di stare nella vita.

Nel momento in cui il pz. comincia a prendere dimestichezza con queste nuove e mai sperimentate prima sensazioni e comportamenti, allora si modificano anche le credenze riguardo se stesso (autostima) e agli altri (relazioni), ecc...

Legga qui: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html

Inoltre, mi chiedo se con la terapeuta avete messo a fuoco operativamente quali possono essere le Sue difficoltà. Ad esempio Lei dice di avere difficoltà a relazionarsi: che cosa significa? In che modo? In quali occasioni?
(legga qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html ).

La stessa cosa vale anche per gli altri problemi: sono stati messi a fuoco e sono stati definiti gli obiettivi terapeutici? Se sì, quali sono?

Lei scrive: "qualche progresso l'ho fatto". Di che cosa si tratta? E di quanto, rispetto al passato?

Le dinamiche che Lei descrive a livello parentale e col partner (disturbo sessuale) sono verosimili, ma una volta intercettate e descritte (es la conseguenza di quando scrive: " i miei genitori preoccupati che io possa avere problemi con il mondo mi hanno sempre protetto da ogni cosa eio naturalmente ho sempre pensato che fosse una cosa normale" potrebbe essere la convinzione che il mondo sia pericoloso e "giustificare" un disturbo d'ansia e sessuale) ancora una volta Le chiedo: operativamente come lo supera?

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
quella delle relazioni è un argomento che stiamo trattando proprio ora con la terapeuta. faccio fatica a avere una relazione con il mondo esterno in quanto ho sempre paura dei pregiudizi e non ho avuto modo in passato per vari fattori di aprirmi veramente con le persone. poi c'è sempre il fattore dell'unicità e di stare al centro dell'attenzione, che mi ha portato a stare da sola da piccola e per adeguarmi alla società ho messo da parte in una sorta di annullamento dei miei desideri e opinioni, basando ogni aspetto della vita sul compiacere le altre persone.

l'obiettivo della terapia è essenzialmente arrivare all'indipendenza spezzando la catena che mi lega ai miei genitori(che poi questo comportamento di dipendenza l'ho riversato anche sul ragazzo e gli amici).

i progressi ottenuti: piano piano inizio a contestare le idee e le imposizioni dei miei genitori; sto provando a portare delle mie idee avanti nonostante gli ostacoli dei miei(prima avevo persino paura di chiamare un dottore ora dopo tanti esami(che ho deciso io di fare)ho scoperto di avere la vulvonidia, nonostante i miei mi dicessero che non avevo nulla.avevo paura persino di uscire di casa perché avrei potuto incontrare qualcuno che mi chiedesse "come va il lavoro"visto che da quando ho finito la scuola che sono ferma e non c'è nulla che mi piaccia. ora non so cosa potrei fare nella vita, ma almeno ho scelto di fare uno sport che mi piace(dopo 7 anni di pigrizia). ora dopo tanti anni sto rivalutando le amicizie, uscendo di meno piuttosto che uscire per forza perché "è sabato sera bisogna uscire! ma senza divertirmi, e sto imparando a divertirmi nel vero senza della parola senza a pensare agli altri quelle poche volte che esco. per il lato sessuale, dopo 4 anni di tentavi, sono finalmente riuscita a avere un rapporto completo.
sembrerebbe quasi che mi manca il passaggio dell'adolescenza, del lasciarsi alle spalle la vita comoda del "decidono gli altri per me" e iniziare a prendere le decisioni da sola, assecondando quello che va bene per me.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"sembrerebbe quasi che mi manca il passaggio dell'adolescenza, del lasciarsi alle spalle la vita comoda del "decidono gli altri per me" e iniziare a prendere le decisioni da sola, assecondando quello che va bene per me"

Questo è possibile e mi sembra una buona osservazione.
Penso che il lavoro che sta facendo le stia servendo anche ad incrementare la capacità di riflettere su di sè, capacità fondamentale non sono in terapia ma anche nella vita.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

da quanto dice nella Sua ultima replica, mi pare abbia fatto un buon lavoro: come mai non chiede alla terapeuta di fare il punto della situazione insieme?
Il dubbio che mi viene in mente è che Lei abbia fretta, oppure abbia delle aspettative troppo alte o diverse rispetto agli obiettivi, o comunque un po' di confusione.

"l'obiettivo della terapia è essenzialmente arrivare all'indipendenza spezzando la catena che mi lega ai miei genitori": questo potrebbe essere la finalità della terapia, ma gli obiettivi sono piccoli passi -raggiungibili e sensati- che deve fare per raggiungere la finalità dell'intervento riabilitativo.

Per concludere: ne parli con la terapeuta al prossimo colloquio e poi ci faccia sapere come è andata.

Cordiali saluti,