Insoddisfazione e difficoltà nei rapporti

Buongiorno, ho 30 anni e sono diventato avvocato da poco. L'impegno è stato grande e la soddisfazione massima. Dopo qualche settimana però, la consapevolezza del dover ancora crearmi tutto (un lavoro che mi dia una retribuzione dignitosa per poter essere indipendente) mi sta un po' buttando giù. Convivo da 2 anni con la mia ragazza (che ha il suo lavoro) e ho messo come priorità il trovare un lavoro che mi appaghi e mi permetta di continuare ad essere autonomo: ovviamente la situazione non è facile poiché se resto nel mio settore (quello dello studio legale) posso scordarmi guadagni per qualche anno, se cambio settore (come ho fatto) mi sento meno appagato. L'altra opzione è quella di spostarmi di centinaia di km, buttando all'aria tutto e con retribuzioni comunque basse che mi permetterebbero a malapena di mantenermi. Mi rendo conto che questi problemi siano il quotidiano di molti giovani in tutto il mondo, e infatti non è di questo che voglio parlare, ma la cosa che mi preoccupa è che fino a poco tempo fa la carriera lavorativa non rappresentava un obiettivo fondamentale della mia vita, già piena e stimolante così com'era. Poi improvvisamente mi sono scoperto ambizioso e con mezzi economici ridotti e questo ha creato in me invidia, frustrazione, insoddisfazione e l'incapacità di stare bene con gli altri. Non passa cena con gli amici senza la quale non mi ritrovi a parlare di argomenti seriosi, ci resto male se vengo anche leggermente "criticato" o "messo in discussione", mi sveglio la notte col dubbio di aver espresso un parere negativo (alias parlato male) su qualcuno non presente, e noto di aver perso attrattiva nei confronti degli altri. Sono sempre stato abbastanza critico (sia nei confronti degli altri sia verso me stesso) ma sempre molto positivo e allegro, la mia insoddisfazione (non mi sono mai sentito "arrivato" ma ho sempre avuto voglia di guardare avanti/altrove) occasionale era in realtà "fame di vita" che fungeva in me da motore permanente, la mia mente mi faceva sognare futuri scenari qua e là nel mondo. Oggi invece ho una buona cultura, un titolo professionale interessante e tante porte potenzialmente apribili, ma un presente di incertezze che mi rende peggiore di quello che sono. Mi lego al dito qualunque screzio, un mancato saluto, un qualunque atteggiamento vada contro i miei valori pur riconoscendo che ci sono vari livelli di azioni negative ed è così che il numero di amici si riduce soltanto ai pochi di una vita, le nuove conoscenze sono sempre più rare (mi sono un po' chiuso, mi è rivenuto fuori l'imbarazzo di quando ero piccolo).
Insomma il trovarmi di fronte alla vita vera ha riportato fuori antichi difetti e creatomene di nuovi che sicuramente non mi aiutano.
Mi sono sempre sentito una via di mezzo, da un lato avrei voluto studiare all'estero, avere amicizie internazionali ed essere cittadino del mondo, dall'altro però ho sempre avuto relazioni stabili (3 una di seguito all'altra) e un legame forte con la famiglia.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buon pomeriggio,

dopo la soddisfazione di un grande impegno che ha sentito ben ripagato, si è trovato a fare i conti con la realtà professionale, e mi sembra stia facendo alcune riflessioni per capire come proseguire. Una prima ipotesi è restare nel suo settore con guadagni bassi o nulli; una seconda è cambiarlo al prezzo del suo appagamento; una terza è trasferirsi "buttando all'aria tutto" - immagino si riferisca alla sua storia sentimentale.

Non è facile, purtroppo a volte ci sono scelte da prendere, sacrifici da fare. Qualora decidesse di proseguire nel suo settore, deve capire se può stringere la cinghia e resistere, sapendo che lo sta facendo progettualmente, e purtroppo è necessario ancora tempo per costruire un futuro vivibile e più gratificante.

Un aspetto cruciale potrebbe riguardare il suo essere ipercritico, da come dice, e forse anche perfezionista? E in questo momento, a causa della difficoltà lavorativa, potrebbe essere troppo severo con se stesso?
Come dicevo, se decidesse di proseguire la sua professione e, restando in città, anche la sua storia, deve mettere in conto che l'obiettivo è ancora da costruire. Questo non vuol dire essere meno degli altri, vissuto che potrebbe provocare o contribuire a quella chiusura che sente magari un po' ingiusta e mortifera per sé.

Non so se è d'accordo nel dire che forse una parte di sé sente di essere troppo critica e severa. Possiamo infatti notare il passaggio che propone a un certo punto del suo racconto. Mi sembra molto importante. Ridimensiona le sue riflessioni sui suoi progetti lavorativi e pone l'attenzione sul fatto di trovarsi a essere più ambizioso di quanto non pensasse e, a causa della situazione attuale, frustrato per il fatto di non sentirsi ancora realizzato. Sembra emergere un antico senso di insicurezza, che condiziona la sua vita e le sue relazioni. Sul finale del consulto, oltretutto, parla di un'ambizione molto grande quasi in conflitto con una dimensione familiare. Tutto questo a me sembra parlare di sé in modo specifico, portandoci dritti al suo mondo interiore.

Mi sento di fermarmi qui con le mie suggestioni. I vissuti che comunica sono complessi e meritano la massima attenzione. Proseguirei quindi nella sua ricerca interiore per capire meglio se stesso e quello che le sta capitando in questa nuova fase della sua vita, che le dà una preziosa occasione per potersi guardare dentro, che mi sembra desideri cogliere.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Utente,
dal suo racconto pare che, tutto sommato, fino ad ora il percorso da seguire -più o meno inevitabile- le è stato chiaro, ma ora che l'obiettivo è stato raggiunto con soddisfazione, sia più confusa la direzione verso quale andare, forse perché si tratta davvero di compiere scelte di responsabilità per la propria vita e per quella di chi le sta accanto.

Da un lato l'indipendenza nelle scelte, negli spostamenti, nel seguire un sogno... e al polo opposto la dipendenza dagli affetti, dalle radici, da un percorso già prestabilito.
L'indipendenza può essere libertà, ma può avere come contraltare la solitudine; la dipendenza può essere sicurezza e protezione, ma può scivolare in senso di costrizione e impossibilità di poter essere se stessi.

A questo punto della sua vita quale può essere per Lei un modo di conciliare questi estremi?
A cosa nella sua vita non vorrebbe per niente al mondo rinunciare?
Per quale progetto di vita è disposto a rimboccarsi nuovamente le maniche?

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i

[#3]
dopo
Utente
Utente
Gentili dottori vi ringrazio per la cortese attenzione. In risposta vi dico che non so se sono perfezionista: sicuramente ho aspettative molto alte da me stesso e credo anche che le stesse ce le abbiano gli altri nei miei confronti. Talvolta ho ancora qualche rimpianto su scelte personali di dieci anni fa.
Forse il punto è anche che non mi conosco quanto vorrei, in modo tale da intraprendere una strada definita. Invece mi sento un po' un multipotenziale (ho letto questa definizione recentemente), un giorno faccio una cosa, un altro ne faccio una diversa e questo mi ha portato oggi ad avere molte strade davanti ma nessuna veramente convincente né da un punto di vista attrattivo né da un punto di vista di sicurezza. Un po' di meditazione potrebbe aiutarmi ad essere più rilassato? Sono troppo sul piede di guerra.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buon pomeriggio,

gli aspetti di cui sta parlando arricchiscono il suo racconto e la sua storia: il fatto di sentire aspettative molto alte, qualche rimpianto, la sensazione di non avere investito in un progetto che sentisse convincente, di cui sentirsi autore.

Mettendo insieme questi aspetti, mi sono chiesto se può esserci dentro di lei il desiderio di conoscersi, che equivale al desiderio di essere se stesso e di esprimersi, cercando di non farsi condizionare dalle aspettative troppo alte che gli altri hanno nei suoi confronti. A volte può succedere che facciamo nostre le aspettative degli altri, sacrificando la propria autenticità (quei rimpianti?) e non riuscendo più a capire chi siamo né dove vogliamo dirigerci. Questa distinzione tra noi e gli altri è centrale.

Sotto questo punto di vista non sarebbe opportuno rilassare semplicemente la sua rabbia, se posso così definire il fatto che sente di essere sul piede di guerra - questo al di là della meditazione, che è una pratica millenaria, che può sempre scegliere di fare. La rabbia potrebbe essere emblematica e darle preziose indicazioni su di sé, magari ad esempio sul fatto che vuole sentire meno il peso della voce degli altri su di lei, vuole avanzare in un mondo sentendo di esserne un protagonista, con passione e sicurezza.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
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