Uscire dalla morsa dell'ansia sociale

Salve a tutti,sono un giovane di 24 anni e vi scrivo dal nord Italia. Scrivo perché vorrei avere qualche riscontro da parte di professionisti che hanno avuto a che fare con pazienti affetti da questa "brutta bestia" .Premesso che l'ansia sociale non me la sono autodiagnosticata ma mi è stata diagnosticata da diversi psichiatri,assieme a depressione e agorafobia (?),faccio un sunto cronologico cercando di essere il più ordinato possibile.Dai primi ricordi-18 anni-> nulla di strano,introverso e timido,ma nulla che mi impedisse di vivere una vita normale,tra l'altro in quel periodo non mi sono mai trovato in soggezione davanti a sconosciuti,e la timidezza veniva superata dopo i primi minuti di dialogo.
18-19 qualcosa inizia a non andare,non mi sentivo più in me,mi sentivo in imbarazzo e in ansia al pensiero di andare in un ristorante,centro commerciale etc. la cosa scemava se ero in compagnìa,e la sentivo di più se ero da solo.Questo mi ha portato a isolarmi e a non condurre una vita normale. Col senno di poi,posso dire di essermi avvolto da solo in una spirale pericolosa di isolamento e annichilimento.19-20 non sopportando più la situazione mi sono rivolto a uno psichiatra,il quale dopo avermi sottoposto a una decina di domande mirate mi ha dignosticato depressione e ansia sociale,mi ha messo in cura con paroxetina,a 1 anno di distanza mi sono rivolto a un collega perché quel farmaco mi faceva stare peggio di prima,mi sentivo ovattato,in una bolla tutta mia,assieme all'ansia erano scomparse anche tutte le altre emozioni,diciamo che più che vivere come essere umano "funzionavo" come essere vivente,in questa fase il mio ego era scomparso e non avevo più un briciolo di autostima. Il collega non ha fatto altro che rifarmi qualche domanda e mi ha aumentato la dose di paroxetina,3/4 mesi dopo mi sono rivolto al terzo e ultimo psichiatra,il quale ha aggiunto l'agorafobia,mi ha fatto scalare la dose e a nuovo dosaggio raggiunto mi avrebbe dovuto aggiungere altri farmaci di cui sinceramente non ricordo il nome,sentitomi frustrato per la situazione ho deciso di mia spontanea volontà di scalare il farmaco sino a sospenderlo,definitivamente. Ultimi anni: sto vivendo con alti e bassi,i contatti sociali mi fanno piacere,e anzi,li sto cercando sempre di più,mi sto sentendo in colpa con me stesso per essermi condizionato inutilmente a tal punto da perdere gli anni migliori,che non potranno più tornare.Da inizio anno ho sentito il bisogno di cambiare,ho perso un 12/13 Kg e ne ho nel mirino altri 10,ho regolarizzato il mio sonno,mi sto impegnando su ogni fronte,e adesso voglio risolvere questi problemi che non mi hanno fatto vivere per troppo tempo.Arrivando al consulto,ho letto che ci sono vari tipi di approccio,dalla psicanalisi al cognitivo-comportamentale,vorrei capire innanzitutto se per esperienza avete avuto modo di assistere persone che siano effettivamente riuscite a uscite da situazioni del genere,e nel caso quale approccio può essere più indicato
[#1]
Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Ragazzo,
ha descritto in modo particolareggiato la terapia farmacologica assunta, ma non ha fatto cenno ad una psicoterapia ad essa intersecata: significa che fino ad ora non ha mai effettuato tale tipo di percorso per cercare di affrontare i suoi problemi? Non le è stato suggerito dai vari psichiatri che ha avuto modo di incontrare?

Per ulteriori approfondimenti e riflessioni sul quesito che pone, le indico le seguenti letture:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/205-caro-psicologo-mi-sento-ansioso-i-disturbi-d-ansia-e-la-terapia-cognitivo-comportamentale.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/2312-disturbo-d-ansia-sociale-le-situazioni-sociali-temute.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/977-quando-gli-altri-diventano-un-problema-capire-e-vincere-la-fobia-sociale.html
Cosa ne pensa? Ci si ritrova?

Si può tornare a stare meglio. Ma tenga presente che la sua motivazione a voler affrontare il problema e la qualità della relazione e dell'alleanza terapeutica con il professionista possono essere più determinanti che non l'approccio seguito.

Cordialità.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i

[#2]
dopo
Attivo dal 2019 al 2019
Ex utente
La ringrazio per la risposta e per i link,in alcuni punti mi ci ritrovo,in altri fortunatamemte no. Come ha giá potuto intuire non ho mai intrapreso alcuna terapia psicologica per 2 motivi
1) mi é stata sconsigliata in quel momento dal primo psichiatra. A suo dire avrei "pasticciato" troppo la situazione,situazione che andava in un primo momento stabilizzata farmacologicamente sino alla scomparsa dei sintomi e a benessere ritrovato mi sarei dovuto rivolgere a uno psicologo.
2) volevo tutto e subito,sono da sempre stato portato a prendere i problemi di petto,analizzandoli razionalmente,smontandoli e a risolvendoli nel modo piú efficace possibile,ho ragionato sul fatto che il mio malessere nascesse da sintomi precisi,tolti i sintomi sarei uscito da quella spirale desensibilizzandomi dalle situazioni che mi generano questo stato. Teoria che mi sembrava talmente di buonsenso e lineare da dar piena fiducia al consiglio del primo specialista a cui mi sono rivolto. Gli altri 2 non mi hanno mai proposto questa sinergia e io non ho mai chiesto.
Mi rendo conto quanto sia importante la fiducia riposta nello specialista,motivo per il quale ho intenzione di rivolgermi alla figura dello psicologo anziché provare a risolvere questo stato per via esogena da un quarto psichiatra,se non vi é differenza sostanziale tra un approccio e l'altro in termini di risultati mi rivolgeró a un cognitivo-comportamentale che mi ispiri fiducia,se ho ben capito é l'approccio piú veloce per risolvere i propri problemi
Ansia

Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.

Leggi tutto