Patofobia

Gentili dottori, sono cosciente che in questo periodo sarete certamente sommersi dalle richieste di persone spaventate per la situazione attuale, ma nel mio caso temo si vada oltre il semplice disagio.
Una breve premessa.
Ho sofferto per tutta l’infanzia di DOC.
Allora non sapevo di chiamassero così, ma ricordo bene la sensazione di essere imprigionata dentro circuiti che non riuscivo a spezzare nonostante, lucidamente, mi rendessi conto dell’assurdità dei mei gesti.
A momenti mi viene pure da sorridere a ripensare a quanto fossero fantasiosi certi rituali (spegnere compulsivamente interruttori, contare le stelle, recitare preghiere, ordinare i libri in modo maniacale, ripetere uno stesso gesto 10, 100, 1000 volte fino a cadere stremata).
I miei genitori si disperavano, ma all’esterno non trapelava nulla.
All’età di 17 anni ho iniziato a liberarmi in parte da queste ossessioni, ma ne è subentrata una che mi accompagna ancora oggi: la paura continua e fortissima delle malattie e di tutto ciò che le può provocare.
Ergo per me virus, batteri, tossine sono personaggi ben noti che condizionano la mia vita da più di vent’anni.
Oggi é strano udire continui appelli al lavaggio delle mani o al distanziamento fisico.
Io che sono finita più volte da psichiatri e psicologi perché c’erano periodi in cui non mi alzavo dal letto perché certa di essere affetta da questa o quella patologia o perché arrivavo a lavarmi le mani 100 volte al giorno senza sosta, io che non vado al cinema, adoro la musica ma non ho mai trovato la forza di andare ad un concerto, non prendo l’aereo.
Io che non stringo mai le mani, e se costretta isolo immediatamente l’arto fino a che non posso lavarmi, io che conosco i periodi di incubazione di miriadi di malattie infettive.
Io che non mi tocco mai il viso, non viaggio, non entro nei centri commerciali.
Che se faccio una doccia in hotel penso che nella condotta potrebbe annidarsi il batterio della legionella.
Io che non mangio conserve per timore del botulino, che conosco i nomi ed i sintomi di centinaia malattie, che non tocco maniglie o corrimano come se scottassero...Vi chiedo, come farò adesso?
Non esco di casa da due mesi.
Lavoro in un ufficio pubblico dove ho contatti con tantissime persone, ma attualmente sono in S.
W. L’unica attività che non mi spaventa ed anzi mi aiuta è passeggiare in aperta campagna o al mare, sempre in luoghi isolati, ma è assurdamente vietato pure questo.
Passo il tempo a lavorare, pulire e piangere.
Ma finché sono qui sono protetta.
Come troverò la forza di uscire?
Se il timore di contrarre un raffreddore mi paralizzava come affronterò il rischio connesso ad un patogeno potenzialmente più pericoloso?
Sarò circondata da ipocondriaci o le persone usciranno dal trauma ed io vedrò peggiorare la mia ansia ed i miei tormenti?
Sono molto preoccupata.
Scusate per la lunghezza dello sfogo.
Grazie per l’attenzione.
[#1]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

comprendo le Sue difficoltà, ma ciò su cui è importante focalizzarsi adesso è la patologia pregressa, perchè per quanto sia difficile trattare il DOC, mi domando in tanti anni quali trattamenti specifici Lei abbia fatto.

Oltre al trattamento farmacologico che probabilmente Le avrà prescritto il medico psichiatra, lo psicologo psicoterapeuta che tipo di strategie Le ha suggerito per poter affrontare il DOC?

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
Dr. Stefano Maranto Psicologo 214 7
Gent.le signora,

la situazione sanitaria in atto rappresenta un fattore di rischio in soggetti con pregressi o in atto disturbi d’ansia, per il ripresentarsi o l’esacerbarsi della sintomatologia ansiosa.
Dal suo racconto, ci riferisce che ha sofferto di disturbi d’ansia di tipo ossessivo-compulsivo (DOC), fin dall’infanzia e in questo momento, tale disagio ha preso la forma di una patofobia, cioè la paura di contrarre una malattia.
La paura è una delle emozioni primarie comune a tutti gli essere umani, che ha come obiettivo di prepararci a reagire a pericoli reali. Ciò che trasforma la paura in disturbi di natura psicologica (ansie, fobie, ossessioni, panico, ecc...) avviene in seguito a traumi, apprendimento di modelli sociali e culturali disfunzionali, ecc...,pertanto le chiedo se ha preso in considerazione ciò presso gli psicologici a cui si è rivolta?

Cordiali Saluti
Dr. Stefano Maranto - Psicologo
Consulenze e formazione on-line

[#3]
dopo
Utente
Utente
Grazie per le risposte. Purtroppo nel paese in cui risiedo non vi sono figure qualificate in grado di seguirmi in un percorso che non può essere brevissimo. Pertanto nel corso degli anni mi sono affidata a vari specialisti al di fuori del mio comune, ma ciò è ormai inconciliabile con la mia professione. Sono libera solo nei fine settimana ma nessuno mi riceve e così vado avanti tra mille difficoltà. Non riesco neppure a considerare l’ipotesi, propostami, di consulenze via Skype e similari. È già molto difficile esplicitare i miei pensieri e questo mezzo mi crea ulteriore inibizione. Forse dovrebbe essere il contrario, ma non per me evidentemente.
I vari psichiatri cui mi sono rivolta hanno concordato tutti sulla necessità di una sinergia tra farmaci e psicoterapia, ma ho sempre rifiutato di assumerli. Vedere una pasticca mi provoca terrore. Non riesco ad esimermi dal leggere il foglietto illustrativo e mandarla giù è una violenza che non riesco a compiere. Quando, costretta, ho assunto qualche farmaco ( ad esempio un antibiotico) ho passato il tempo a sobbalzare per ogni minimo segnale del mio corpo avvertendo come incombente una reazione allergica. La terapia comportamentale invece mi ha dato sollievo, ma una volta interrotta, basta nulla per riportarmi nel vortice. Un pensiero può trasformarsi in ossessione, ad esempio: vengo punta da una zanzara. Magari un giorno non vi faccio caso, quello seguente inizio a tormentarmi per il timore di aver contratto la febbre del
Nilo e questo si tramuta in angoscia. Mi estraneo, avverti extrasistole continue, ho un sonno frammentato da incubi. Poi passa ed il giorno dopo subentra un altro timore. A volte mi chiedo da dove derivi tutto ciò. Mia madre mi racconta che mio nonno paterno era ossessionato dalle malattie. Io non ricordo questo particolare, ma ho uno zio ( sempre paterno) che ha atteggiamenti non dissimili dai miei ( ad esempio si rifiutava di mangiare un dolce senza prima accertarsi delle condizioni igieniche di chi lo aveva preparato). Tuttavia io non sono cresciuta con loro e difatti questi dettagli mi vengono raccontati.
[#4]
Dr. Stefano Maranto Psicologo 214 7
Gen.le signora,

non bisogna perdere la speranza, nonostante i vari tentativi, di risolvere il suo disagio psicologico.
Secondo l’approccio della psicologia fenomenologica, che offre importanti spunti per la comprensione del disagio psicologico, ogni sintomo può avere un valore simbolico, seppur in modo ambiguo e impreciso, che attraverso un percorso psicologico, può essere compreso, per arrivare alla conoscenza di aspetti importanti della personalità.
Pertanto, a mio avviso, dovrebbe rivalutare la possibilità di intraprendere un nuovo percorso psicologico, considerando anche la modalità on-line. Infatti le sedute on-line, sono particolarmente indicate per quei pazienti, che per diverse ragioni è difficile recarsi settimanalmente in uno studio professionale e in quei casi in cui il primo contatto paziente-psicologo, crea delle inibizioni ad esplicitare pensieri, emozioni e vissuti personali.
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