Dolore immenso senza alcun motivo

Gentili dottori,
Ho 25 anni e scrivo qui pur sapendo che non riuscirò a trovare le risposte che cerco, ma spero di riuscire ad avere un chiarimento circa la mia condizione.

Fin da bambina sono sempre stata una persona ansiosa, sofferente di doc, con momenti di profonda angoscia immotivata, e isolamento e ritiro sociale.
In prima elementare ho sofferto di mutismo selettivo.
Mi sono sempre sentita diversa dagli altri bambini, ero sempre con un umore altalenante: è vero, se vedevo un' altalena ci salivo su e mi dondolavo, ma in quei momenti la depressione era lo sfondo della mia giornata, come se non fossi mai riuscita fin da piccola a vivere quel momento con serenità perche tormentata dal dolore e dall angoscia.
Un altalena rossa e un paesaggio tutto grigio e deformato.
Ma all'epoca non riuscivo a capire cosa fosse il dolore e neppure sapevo pronunciarlo.
La mia e' stata una famiglia "normale"la classica famiglia priva di problemi, che siano economici e di salute.
Un padre infermiere, presente, una sorella piu grande e anche un fratello entrambe di 12 e di 10 anni in piu, io la piu piccola detta sempre "la piu coccolata" e viziata
e una madre piuttosto assillante ma anche anaffettiva, manipolatrice, che continuamente aveva parole di disprezzo e umiliazione nei miei confronti.

Passano gli anni e mi tiro dietro questo "fardello pesante" come se avessi dentro una palla di piombo che non va via.
Alle scuole medie cercavo a modo mio di comuncare questo dolore inspiegabile: ci provavo attraverso il silenzio, ma nessuno era in grado di capirmi, tutto era riduttivo a un " è una ragazza timida".
Alle scuole superiori crolla tutto, non ne potevo più di vivere, non ne potevo piu del dolore e del peso, e cosi mi ritornò il mutismo selettivo per altri 8 anni.
Durante quegli anni non fui mai capita, del resto ero " solo timida".
Ho accumulato cosi tanta rabbia dentro, cosi tanta incomprensione da parte di chi mi circondava, dentro che caddi poi nell ennesima soluzione o tentavivo di soluzione:l anoressia che dal 2014 al 2019, alternata al binge eating è stata per me il modo di sopravvivere e comunicare.

Ho fatto dei ricoveri, e la psicoterapia l'ho iniziata solo nel 2018 durante il ricovero in residenza.
La domanda che tutti mi hanno posto in questi anni è stata...sei stata abusata?
hai avuto qualche trauma?
TUTTI GLI SPECIALISTI MI HANNO TORMENTATA CON QUESTA DOMANDA, domanda alla quale ho sempre risposto di NO.
Di fatti non è mai successo una cosa simile, altrimenti me lo sarei di certo ricordata!
Eppure non capisco perché quando guardo film o leggo su internet distrattamente storie di abusi io mi sento cosi simile a loro, è come se quella bambina che vivesse dentro di me si sentisse indifesa e sofferente come quei personaggi.

Forse è illusione?
Credo proprio di si.
In tal caso vorrei tanto capire meglio e trovare una risposta alla mia sofferenza.
So che bisogna fare una terapia psicanalitica ma vorrei che almeno voi potesse darmi una prima impressione di me.
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Dr.ssa Valeria Mazzilli Psicologo 285 13
Gentile Utente,
è una storia di grande sofferenza la sua, mi colpisce molto la consapevolezza che ha del suo dolore, che traspare attraverso il suo racconto.
Ci scrive "all'epoca non riuscivo a capire cosa fosse il dolore e neppure sapevo pronunciarlo". Eppure il mutismo selettivo di quando era bambina, il suo silenzio scambiato per timidezza negli anni delle medie e la sua anoressia sembrerebbero essere grida di aiuto, di chi non trova altro modo per esprimersi.

Ha fatto psicoterapia e nel consulto richiesto qualche settimana fa nell'area di medicina interna dice di essere seguita a livello psicologico.
E' davvero sicura di dover cercare un trauma? Trovarlo potrebbe servirle a qualcosa?
Io la invito a non cercare risposte, ma a farsi domande.
La sofferenza non ha bisogno di trovare risposte, ma di uno spazio in cui essere accolta, guardata e lenita.
Delle ferite occorre prendersene cura.

"So che bisogna fare una terapia psicanalitica ma vorrei che almeno voi potesse darmi una prima impressione di me"
Ci sono diversi orientamenti terapeutici a cui potrebbe rivolgersi, attualmente che tipo di percorso segue?
Quello che però mi colpisce è la sua richiesta di avere una restituzione da parte nostra di chi è lei e di come appare.
Da come si è raccontata, sembrerebbe che abbia molta familiarità con terminologie cliniche specifiche e sicuramente conosce sé stessa e la sua storia meglio di chiunque altro. Quindi come mai questa richiesta?
Provi a riflettere su questo e a condividere qui i suoi pensieri a riguardo, se vorrà

Spero di averle dato qualche utile spunto di riflessione
Resto a disposizione se ne avesse ancora bisogno
Cordialmente

Dr.ssa Valeria Mazzilli
Psicologa Clinica
Via San Giacomo, 15 Napoli
cel. 3895404108

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile dottoressa,
La ringrazio innanzitutto per la risposta celere. Vi racconto che le persone che mi sono trovata nel mio contesto di vita, non hanno mai dato "peso" a questo dolore. C'è stata sempre una sorta di attribuzione del dolore a una motivazione. Perché soffri? Cosa ti manca? Hai una famiglia, hai la salute, non ti manca nulla! Ma trovati qualcosa da fare e vedi come ti passa! Infondo sei solo timida!
Tutto cio con gli anni ha fatto nascere in me una svalutazione del mio dolore scindendo due parti, da un lato ci sono io che soffro da sola,conscia di quanto questa sofferenza mi tappa la vita e mi rende impossibile tutto, e dall'altro ci sono sempre io che reputo "non vero" quel dolore, "non importante" come quello di cui soffrono gli altri e dunque non degno di essere accolto. Se non ci sono motivi per essere triste allora la mia tristezza non ha valore, forse me la sono inventata. Forse dovrei trovare davvero qualcosa da fare. O forse sono pazza, pazza dalla nascita, con un destino immodificabile.
Ed è cosi che forse nasce l'incessante ricerca di quella cosa che mi consenta finalmente di poter capire me stessa e dire "ecco che anche io adesso posso stare male perché ho una vera motivazione". Non nego che spesso neppure io ho creduto a me. Quando durante l'anoressia mi sono vista pelle e ossa,( anzi forse nemmeno), quando mi sono vista con le flebo e il sondino, ho visto delle cose concrete,materiali e toccabili che erano testimonianza del fatto che non ero poi cosi falsa e che forse c'era davvero quel mio star male. Il mutismo viene spesso frainteso, è timidezza. La sofferenza fisica forse un po....un po...meno.
Infondo sono convinta che ciascuno di noi sa per davvero cosa nella sua storia gli ha fatto tanto male,e io sicuramente lo so, ma quelle cose secondo me non hanno un peso cosi rilevante da avermi portata ad avere tutto questo dolore. Sono sempre confusa su me stessa e cerco conferma negli altri, cerco risposte continue. La psicoterpia che sto facendo non so che tipo di indirizzo ha. Si basa piu che altro sulla correzione di comportamenti attuali e di come devo reagire di fronte alle cose che mi trovo davanti.
[#3]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Gentile utente,
la sua testimonianza del dolore, attraverso tutte le email che ci ha mandato, è intensa e toccante.
Potrei dirle tante cose, a partire dal fatto che lei, come molti, non riconosce l'abuso perché equivoca sul significato esteso di questa parola (forse confondendola con l'abuso sessuale?).
In ogni caso le ha risposto estesamente la dott.ssa Mazzilli e inoltre non vorrei sovrappormi alla sua curante, che dalle sue parole immagino stia facendo un buon lavoro. Si affidi di più, chieda alla sua curante, se ha dei dubbi, non perda questa occasione di guarigione!
Le suggerisco di leggere il libro della psicologa Antonella Lia che si intitola "Abitare la menzogna". Ha illuminato molti sul doppio danneggiamento che subiscono, non solo patendo maltrattamenti, ma sentendosi anche dire che non hanno motivo di soffrire, che i loro parenti sono i migliori del mondo, e così via.
Le faccio tanti auguri.
[#4]
Dr.ssa Valeria Mazzilli Psicologo 285 13
Gentile Utente,
la ringrazio innanzitutto per la generosità con cui si è aperta a noi e per averci raccontato con tanta delicatezza pezzi della sua storia e della sua sofferenza.

Nell'ambiente in cui è cresciuta e di cui ci racconta sembrerebbe che il dolore per essere riconosciuto debba essere legittimato. Ci deve essere una causa ed anche giusta e importante per poter permettersi di star male.
Comprendo bene quanto può essere importante per lei questa ricerca del trauma o dell'abuso, del fatto o dell'evento che le ha portato poi così tanta sofferenza.
Guardare ciò che è successo, rinarrare la storia, far emergere nuovi significati, nuovi punti di osservazione da cui riguardare gli eventi e comprendere il suo dolore e la sua sofferenza alla luce di ciò che di nuovo appare, questo può esserle di aiuto, forse anche di più.
Probabilmente è quello che nel suo lavoro terapeutico già sta facendo. Ci ha scritto a Maggio dello scorso anno per un consulto, dalle sue parole, dal modo in cui ci ha presentato e raccontato la sua storia sembrerebbe che qualcosa ad oggi è cambiato o sta cambiando. E' una cosa molto bella e importante. Sono i frutti del lavoro su di sé

Come le ha già scritto la dott.ssa Potenza, è importante che si affidi alla sua terapeuta, esprima e condivida con lei i suoi pensieri, i suoi dubbi e se ne sente il bisogno richieda anche eventuali chiarimenti. E' sulla strada giusta, si prenda cura delle sue ferite e abbia fiducia.
Si ricordi che noi qui ci siamo e non esiti a scriverci se ne sentisse la necessità

Le mando un caro saluto
Cordialmente
[#5]
dopo
Utente
Utente
Vi ringrazio immensamente per le vostre risposte. Anche se attraverso un semplice mezzo telematico, mi sono sentita compresa ed accolta. Seguirò i vostri consigli e vi terrò sempre presente.
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Dr.ssa Valeria Mazzilli Psicologo 285 13
Grazie a lei per averci scritto.

A risentirla con piacere

Un caro saluto
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