Affrontare una relazione con partner depresso

Buongiorno,
Da circa un anno ho una relazione con il mio compagno.
Abbiamo entrambi trent'anni circa e abbiamo affrontato una convivenza di qualche mese, poi terminata non per nostra volontà.

Pian piano che la nostra storia andava avanti ho avuto modo di conoscere e "Riconoscere" la sua malattia: la depressione.
Già in famiglia ho avuto esperienza con questa malattia... ovviamente sono consapevole, anche in virtù della mia esperienza familiare, delle difficoltà a cui sarei andata incontro, ma non mi sono scoraggiata.
È depresso da oltre 10 anni e dipendente da tranquillanti...in passato ha anche fatto un percorso terapeutico, poi abbandonato.
Ora, per l'ennesima volta mi trovo ad essere allontana e "messa" in pausa per riflettere sulla sua vita e sul futuro.
Non voglio peccare di egoismo e abbandonarlo, perché immagino le sue sofferenze e quanto a volte quell'amore che dice di sentire per me possa causargli dolore, ma sta diventando troppo difficile per me vivere una relazione di continui "stop" e ripartenze.
Non riesco più ad approcciarmi a lui... lui si apre con me sulla sua depressione anche se con difficoltà e dice di non dover riflettere sul suo amore per me ma sulla sua vita.
Questi continui stop sento che stanno mettendo una grande distanza tra noi e generando confusione persino in me...
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 67
Gentile utente,

stare vicino ad una persona depressa è oltremodo difficile.
Tanto più quando la depressione non interviene in un rapporto consolidato dal tempo e dalle tante vicende affrontate positivamente insieme, bensì rappresenta un elemento costitutivo della relazione fin dal'inizio.

Mi chiedo se il Suo compagno si stia curando adeguatamente. Il dubbio mi è sorto a fronte della Sua frase: "..È depresso da oltre 10 anni e dipendente da tranquillanti..".
Tranquillanti? Antidepressivi piuttosto, forse? ... E' uno Psichiatra lo specialista che lo cura?
Come mai ha abbandonato il percorso di psicoterapia?
Le evidenze sottolineano che l'abbinamento di psicoterapia e terapia farmacologica risulti il più efficace nelle depressioni di lunga durata:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6285-depressione-psicoterapia-efficace-farmaci-periodo.html .

Dico questo perchè si è portati ad essere più comprensivi se la persona fa tutto il possibile per guarire, mentre a fronte di chi tralascia le possibilità si diventa meno tolleranti; più insofferenti.

Quando vi siete messi assieme Lei conosceva già la depressione; la conosceva attraverso la storia della propria famiglia d'origine e dunque riteneva di saperla accettare e gestire.
Ma poi si è accorta come sia del tutto differente quando a soffrirne sia la persona
. con cui ci si è *reciprocamente scelti* (e dunque non c'è l'irrimediabilità del legame di sangue),
. con il quale la scelta è reversibile (è possibile lasciarsi, mentre con i famigliari no)
. che potrebbe diventare il padre dei propri figli (sempre che la depressione permetta lo spazio alla sessualità, ed inoltre la progettualità..),
. che a scadenze regolari chiede di essere lasciato solo a riflettere, e dove questa modalità potrebbe continuare per sempre.

La domanda allora diventa: che ruolo ha la malattia nella vita della coppia? Alcune riflessioni le troverà qui, https://www.medicitalia.it/news/psicologia/4800-la-malattia-fa-divorziare-la-coppia.html ;
anche, se come dicevo, è assai meno distruttiva la malattia che interviene ad una certa età della coppia "con consolidata storia da sani", dove il clclo di vita contiene l'energia per affrontare un presente pesante.

Si chieda se non sia forse il Suo timore di essere egoista a trattenerLa a forza in una relazione impossibile,
la paura di far soffrire una persona che già soffre. Ma si chieda anche se sia rispettosa di sè, in questo modo.

Se fosse lui a scrivere qui gli chiederei se ritiene che la patologia di cui soffre, e nella modalità in cui lui ne soffre, sia compatibile - non con l'amore, certo quello è possibile - ma con la vita di coppia. Di una coppia giovane, con un altro mezzo secolo di *questa* vita davanti; con progetti, desideri e responsabilità di ciascuno dei due.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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dopo
Utente
Utente
Gentile dottoressa,
la ringrazio della sua risposta dettagliata.
Mi sono resa conto di dover iniziare un percorso di psicoterapia che spero mi aiuti anche a trovare risposte relative alla mia relazione.
Si, mi perdoni, intendevo dire che assume regolarmente ansiolitici e antidepressivi. Ha abbandonato il percorso con lo psichiatra diverso tempo fa perchè convinto di aver acquisito degli strumenti necessari a "tenere sotto controllo" questa malattia.
Purtroppo è così, pur conoscendo da vicino la depressione, mi sono scontrata con tutti quei punti che ha elencato. LA ringrazio per i link che mi ha inviato..
Da canto suo, lui ripete di essere innamorato ( e che forse sarebbe più semplice se non lo facesse), ma che ha bisogno anche di "disintossicarsi" da nostri momenti di litigi e battibecchi, non riuscendoli lui a gestire e affrontare per problemi relazionali, legati anche al suo contesto familiare.
Se provo ad accennargli di voler continuare sola, lui ripete che vede me nel suo futuro. Temo che tra di noi si sia instaurato un rapporto/equilibrio non sano.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 67
Gentile utente,

comprendo che lui si aggrappi a Lei, è un comportamento umano.
Mi sembra di percepire però che Lei non soffra di *altruismo patologico* o di *sindrome da salvazione*. Oppure che ne sia consapevole e abbia deciso per un percorso di psicoterapia al fine di una maggiore chiarezza per sè, e di conseguenza nella relazione.
Glielo auguro di cuore.

Se ritiene, ci tenga informati qui sul sito. Ci siamo.

Saluti carissimi.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/