Mancanza di autostima difficoltà al lavoro

Egregi dottori,
Sto affrontando un periodo nero al lavoro.
Da circa sei mesi sono stata spostata da un reparto ad un altro, senza esser formata adeguatamente.
Mi viene richiesto in questa altra attività di lavorare in un 'equipe (sono un tecnico di radiologia e lavoro in sala operatoria) per fare assistenza radiologica durante gli interventi.
Purtroppo per la mia grande timidezza mi innervosisco quando gli altri mi osservano, per insicurezza sono lenta e non lavoro bene e si è creato un circolo vizioso, più sento la sfiducia che gli altri operatori hanno su di me più sbaglio.
Ho cercato di entrare nell'equipe aiutando, facendo anche cose che non mi competevano, ma il risultato è che mi hanno nominato Chernobyl per via delle radiazioni e mi prendono anche in giro per la mia gentilezza.
Io mi rendo conto che non vivo più, ripenso sempre agli errori fatti, ai loro sguardi e parole di disprezzo, al fatto che non so lavorare e mi sento un'incompetente.
Io cerco, mi impegno ma non ci arrivo.
Poi ho notato che sono arrivata quasi ad autosabotarmi, inconsciamente, esempio.
Ho messo i freni all'apparecchio per bloccarlo e poi sono entrata in panico sbagliando perché non riuscivo a muoverlo.
Sono entrata in un "circolo vizioso" e non so come uscirne, se ho qualche possibilità di fare qualcosa di buono, poi non mi blocco da sola, il lavoro è diventato un'ossessione
.
Cosa posso fare?
Aiutatemi.
[#1]
Attivo dal 2021 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Cara Utente,

prima di tutto ci tengo a rimandarle un dato di realtà a mio avviso degno di nota: 6 mesi sono veramente pochi per padroneggiare con relativa competenza un nuovo incarico.

Premesso ciò, la prospettiva da cui la inviterei a guardare la sua difficoltà è: perché non riesce a perdonarsi eventuali e, in parte, prevedibili "errori"?

Lei parla di sentirsi osservata, e questi sguardi mi hanno richiamato immediatamente un sentimento molto sgradevole: la vergogna.

La vergogna, a differenza dei sensi di colpa che è legata al comportamento "sbagliato", si lega direttamente al proprio valore personale, minandolo più profondamente e, soprattutto, non lasciando scampo. Perché al comportamento sbagliato (e i sensi di colpa) si può rimediare, ma quando proviamo vergogna è molto difficile lasciarsi scampo.

Magari sbaglio nella mia lettura, ma le suggerirei la possibilità di "sfruttare" questo momento di difficoltà per approfondire con un professionista la sua consapevolezza personale e, per questa via, provare a dirsi qualcosa meno invalidante e svalutante sul suo conto.

Cordialmente!
[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie Dottore per aver preso in considerazione il mio problema . Purtroppo mi sento di dirle che dovrei esser già preparata e pronta nell'eseguire il mio lavoro, ma evidentemente non fa per me.
Effettivamente ha ragione, ho notato che soprattutto all'inizio, quando devo iniziare l intervento e tutti mi guardano che sento proprio battere il cuore arrossire e sudare.
Mi rendo conto che la maggior parte degli errori che commetto derivano dall'aspetto emotivo che mi blocca sul lato cognitivo.
La vergogna che provo può derivare dal fatto che non ho mai accettato di esistere perché i miei non mi volevano e non l hanno mai nascosto? Cordialmente
[#3]
Attivo dal 2021 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Utente,
Certo che potrebbe essere partita dalla non accettazione genitoriale.
Ma qui il punto non è (sol-)tanto da dove è partita, ma anche dove vuole andare adesso, nonostante tutto.
Si affidi ad un professionista che, appunto, accettandola profondamente per quello che è lei oggi, possa garantirle uno spazio in cui imparare gradualmente a fare altrettanto.
Di cuore.