Disturbo ossessivo compulsivo e aggressività

Buongiorno,
vi scrivo perché vorrei un consiglio.

Mio marito ha 42 anni e da circa una decina d'anni soffre di disturbo ossessivo compulsivo, tale disturbo, inizialmente gestibile e legato a poche situazioni, è andato via via peggiorando diventando elemento di scontro soprattutto negli ultimi 3 anni.

Mio marito è consapevole di essere affetto da DOC, ma non vuole assolutamente affrontare una terapia, ritenendo che nessun dottore possa aiutarlo e che le sue compulsioni e le sue richieste in realtà non siano poi così male, lui ci convive e non gli creano grande sconforto o limitazione.

La realtà è diversa.
Laureato, con una buona cultura.
E' un pubblicitario che da circa 8 anni lavora in proprio (per sua scelta), in realtà non fa quasi nulla, si limita a qualche lavoretto.
Sono io con il mio stipendio che mantengo lui e i nostri due figli di 10 e 16 anni.

E' ossessionato dall'idea del contatto con qualcosa di sporco, lui in casa non pulisce nulla, non getta la spazzatura, non riordina.

Fa docce di quasi due ore, basta uscire sul balcone condominiale per sentirsi sporco.
Quando si lava le mani deve stare attento a tutto: goccioline, schizzi di sapone, eventuale sapone sotto le unghie.

Se cade un oggetto a terra è sporco, se alza polvere deve cambiarsi i vestiti.
Se un moscerino lo tocca deve farsi una doccia.

Anche andare in bagno è diventato motivo di stress e spesso richiede che io gli cambi salviette, carta igienica o passi con l'alcool alcune superfici.
Mi sento una colf.

Anche noi familiari dobbiamo stare alle sue regole, quando i ragazzi tornano da scuola, dall'oratorio, devono fare tassativamente la doccia, possono invitare amichetti, ma solo in taverna.

Tutto ciò che arriva dall'esterno è contaminante: la pizza da asporto, il cellulare, i libri di scuola.

Se vado dalla parrucchiera devo farmi una doccia al rientro, è stato anche capace di versarmi addosso del sapone per obbligarmi a lavarmi.

Spesso è colto da ansie, fatica a dormire, pensieri intrusivi su persone che lo hanno infastidito.
Non lo sopporto più.

Su consiglio di uno specialista ho provato a parlargli circa la necessità di un aiuto psicologico, anche di coppia, ma non vuole.
Non so come "obbligarlo".

Gli parlo con calma del suo disturbo, cerco di fargli capire quanto questo stia rovinando il nostro matrimonio.

Dice tantissime parolacce, quando cerco gentilmente di oppormi alle sue richieste (doccia extra, cambiare un letto ecc...) oppure gli faccio notare come alcune sue paure o pensieri siano irragionevoli, lui diventa aggressivo verbalmente, mi umilia, non ragiona, dice che sono una cattiva moglie, perché dovrei assecondarlo.

Ci ho provato, per anni, l'ho solo visto peggiorare.

Nei momenti in cui è più sereno è l'uomo meraviglioso che ho sposato.
Vedo la sua grande sofferenza, ma non so come aiutarlo.
Io sto lavorando su me stessa.
Porta dentro di sé tanta rabbia e frustrazione ma si rifiuta di parlarne e si infastidisce se tocco l'argomento o cerco di farlo riflettere.

Consigli?
[#1]
Dr. Igor Graziato Psicologo, Psicoterapeuta 3
La situazione è complessa e delicata. Questo tipo di disturbo tende a cristallizzarsi e a peggiorare con il tempo. Senza un trattamento adeguato, ovvero un supporto psicofarmacologico e un percorso di psicoterapia, è impossibile che possa essere superato spontaneamente. Le compulsioni sono una modalità di gestione della componente emozionale e si esprimono attraverso dei rituali che non possono essere interrotti altrimenti la persona si vede costretta a ripetere tutta la sequenza di gesti (da qui spesso le reazioni di tipo aggressivo). Le ossessioni minano il dialogo interno e tendono anch'esse a peggiorare dato che il rimuginio costante inibisce l'azione. Sicuramente la pandemia ha peggiorato la condizione di chi soffre di questa tipologia di disturbi. E' sempre opportuno un inquadramento diagnostico per approfondire meglio i sintomi. In generale la paura della contaminazione può anche celare delle difficoltà emozionali più profonde che non devono essere sottovalutate. Purtroppo, come spesso accade, il disturbo sta minando la dinamica familiare e rischia di produrre un livello di stress ingestibile per lei e per i suoi figli. Valuti con il suo terapeuta come procedere dato che lei si sta facendo carico non solo del problema psicologico, ma anche del sostentamento della sua famiglia. Eviti di andare direttamente contro le sue convinzioni, provi a richiedere un aiuto all'esterno, non tema di farsi aiutare e cerchi di coinvolgere qualche altra persona a lui vicina.

Dr. Igor Graziato
Psicologo del lavoro
Psicoterapeuta
Esperto in Ipnosi Evidence Based
Esperto in VRT (Virtual Reality Therapy)

[#2]
dopo
Attivo dal 2022 al 2022
Ex utente
Grazie Dottore per la risposta. Mi rendo conto che il problema più grande è far capire a mio marito che DEVE farsi aiutare. Ho provato con le buone, ho provato arrabbiandomi, ho provato buttandola sull'amore per la famiglia. Non ottengo nulla. Forse si smuoverebbe solo se chiedessi la separazione e lui fosse obbligato a cercarsi un vero lavoro con le dinamiche relazionali ad esso connesse. Lui non crede che la terapia possa aiutarlo, nè tantomeno comprende quale profondo pesa scarica sulle mie spalle e su quelle dei nostri figli. Non è colpa sua se si è ammalato, però dovrebbe capire che questa non è una bella vita. Non posso passare il tempo a cambiare letti, pulire, sostituire vestiti, farmi docce, stare attenta a moschini e ragnatele ecc... Anche perchè sono una donna ordinata e perbene, vorrei solo un po' di normalità (come all'inizio del nostro matrimonio).Mio figlio di 16 anni si lamenta perché quando studia deve stare attento a non "sporcarsi" con i libri di scuola, se usa il PC in dotazione dalla scuola deve poi pulire la scrivania, se usa il cellulare deve lavarsi le mani. Guai a rifiutarsi, mio marito inizia a urlare con tutti, e minaccia di rompere cose. Dovrebbe lavorare su se stesso anche per la gestione della rabbia. Avere la testa impegnata in 1000 pensieri o rituali non lo aiuta ad affrontare i normali problemi della vita con serenità, quindi basta un niente (paura dello sporco, aver visto una persona che lo infastidisce, tono di voce sbagliato....) per perdere la pazienza. I suoi genitori ne sono a conoscenza ma hanno liquidato il problema dicendo "è fatto così", sua sorella maggiore non vuole immischiarsi e non lo chiama quasi mai per paura di dover fare qualche cosa in suo aiuto. Sono sola. Quando è fuori casa, in particolare con altre persone, è molto più normale, forse per timore di essere giudicato, si siede anche in terra, mangia da chiunque, viaggia, usa i mezzi pubblici, è anche simpatico è solare. E' come se casa nostra, il nostro nido, l'avesse assunto a santuario da mantenere immacolato e puro da ogni contaminazione, sia materiale che morale. Suggerimenti?