Veloce deterioramento cognitivo in grande anziano

Salve.


Chiedo questo consulto per conto di mio nonno, 89 anni.

Per correttezza volevo dirvi che sono un "collega", ho la qualifica di tecnico dei servizi sanitari quindi diciamo che bazzico nell'ambiente ahah.


Mio nonno ha 89 anni, ha sempre goduto di buona salute e all'anamnesi patologica remota ha solo un intervento di parotidectomia dovuta a un adenoma benigno asportato decenni fa e un ictus ischemico nel 2019 (grande fumatore) risolto brillantemente; qualche problema di ipertensione arteriosa normale per l'età, ben controllata tramite i farmaci.

A livello cognitivo è sempre stato nella norma, anzi, è una grande mente matematica...fa calcoli anche complessi senza l'utilizzo della calcolatrice.

A dicembre scorso, è venuta a mancare mia nonna...sua moglie...a causa della Malattia di Alzheimer (che accudiva lui).

Ha trascorso un mese dal decesso di mia nonna in relativa tranquillità vivendo da solo.

Successivamente, dopo un mese dal decesso di mia nonna, mio nonno ha iniziato a stare male sia a livello fisico che cognitivo.

Ha avuto uno scompenso cardiaco acuto, è stato ricoverato in medicina interna, durante il ricovero ha iniziato a essere molto agitato tentando ripetutamente l'autorimozione dei presidi medici (CVP, e CV) e continuando a suonare il campanello o urlando "INFERMIERAAAA" senza nessun motivo.

Successivamente, a causa di alcuni episodi di ematuria, ha eseguito una cistoscopia che ha rivelato una neoplasia vescicale che poi è stata rimossa con TURV; esito istologico: neoplasia vescicale ad alto grado non infiltrante.

Data l'età si decide in accordo con l'urologo di attuare una vigile attesa.

Durante il ricovero, per mancanza di personale, è stato tenuto allettato e per tanto ha perso tono muscolare e gli è stata prescritta della fisioterapia che ha svolto a livello domiciliare.

Dato l'aggravamento delle condizioni cliniche, io e i miei genitori abbiamo preso la decisione di portarlo a vivere a casa nostra.

Fino a giugno, tutto nella norma.

A fine giugno, ha avuto durante la notte una caduta incidentale scendendo dal letto con conseguente frattura del femore.

Viene ricoverato in ortopedia e viene applicata una endoprotesi.

Durante la degenza, sfortunatamente viene infettato dal COVID-19 che lo costringe in una camera di isolamento e viene sospesa la fisioterapia riabilitativa.

Dopo più di 10 giorni, torna negativo e si decide per un trasferimento in un centro riabilitativo intensivo dove si trova tutt'ora.

Il personale medico del centro riabilitativo intensivo ritiene che mio nonno non sia collaborante con i fisioterapisti e che debba rimanere in carrozzina a vita.

Il personale infermieristico ci dicono che il nonno è costantemente agitato e dice continuamente di voler morire per raggiungere sua moglie.

Attualmente, a livello psicofarmacologico, in terapia ha solo bromazepam 10 gocce prima di andare a dormire.


Cosa ne pensate?

Attendo una vostra risposta, cordiali saluti.
[#1]
Dr. Gabriele Tripi Neuropsichiatra infantile, Psichiatra, Geriatra 25
beh, che voglia morire mi sembra il minimo considerate le disavventure cui è andato incontro in breve tempo. E' già un miracolo che sia vivo, penso abbia avuto un Delirium durante uno o più ricoveri. E' fondamentale correggere i parametri ematochimici ed urinari attuali, somministrare citicolina i.m. per 10-15 gg e un antidepressivo che possa migliorare la compliance e l'umore.

Dr. Gabriele Tripi

[#2]
Dr.ssa Lucrezia Maggioni Geriatra 25
Buongiorno, purtroppo gli anziani sono fragili, e spesso per far capire meglio l'idea ai familiari che chiedono informazioni consiglio di immaginarli come "un castello di carte": se si sposta una carta sul lato il castello riesce a rimanere in piedi, se viene tolta una centrale il castello cade... Consideri dunque che purtroppo il cervello di una persona anziana, come suo nonno, è di base sicuramente più delicato rispetto ai giovani (barriera ematoencefalica più permissiva a sostanze infiammatorie soprattutto) e dunque ogni evento stressante per il corpo può provocare una perdita neuronale che di norma non si avrebbe nelle persone più giovani.
Nel caso specifico di suo nonno, ci sono state ben 4 condizioni destabilizzanti in un breve lasso di tempo (lo scompenso cardiaco, il tumore, il covid e la frattura)...quindi è compatibile che si possa verificare un rapido peggioramento cognitivo con il ripresentarsi degli eventi.
Va comunque specificato che esiste una grossa differenza tra delirium e demenza: nei quadri di delirum (causa prettamente organica, acuta, come nel momento del ricovero) i sintomi regrediscono dopo aver corretto la causa che li ha scatenati, in genere nell'arco di alcune settimane/mesi. Se invece il delirum era 'la punta dell'iceerg' di un quadro di decadimento cognitivo, i sintomi regrediscono solo parzialmente, lasciando poi spazio ai quadri neurologici e psichici del decadimento cognitivo, che è cronico e lentamente progressivo [esistono a proposito molti articoli in ambito geriatrico di come il delirium abbia una relazione bidirezionale con la demenza: chi è demente è più probabile che sviluppi delirium, e chi manifesta un delirium ha maggiori probabilità di sviluppare poi una demenza nel lungo termine]
Spero di esser stata chiara nella spiegazione, è un argomento molto complesso e ancora oggi non del tutto chiarito nemmeno in medicina.
Per quanto riguarda la terapia, direi che il Bromazepam (benzodiazepina) è uno dei farmaci più sconsigliati nell'anziano ... specie se c'è un delirium e anche se dovesse essere una demenza (anche di questo ci sono numerosi e numerosi articoli scientifici). Spesso c'è un effetto paradosso (agitazione) oppure comparsa di confusione mentale; esistono farmaci molto più indicati: spesso si parte dal Trittico o dalla Quetiapina a bassissimo dosaggio, oppure anche un po' di Lyrica che ha effetto ansiolitico (oltre che antidolorifico)
Distinti saluti

Dott.ssa Lucrezia Maggioni
Specialista in Geriatria

[#3]
dopo
Utente
Utente
Salve.
Innanzitutto grazie a entrambe i medici per la risposta.

Volevo aggiornarvi sulla situazione clinica di mio nonno.
L'altro ieri ha avuto un rapido peggioramento clinico con comparsa di brividi, febbre resistente al trattamento con paracetamolo per via orale, agitazione, tachicardia, dispnea e soprattutto afasia.
In struttura riabilitativa viene somministrato Rocefin alla cieca sospettando una sepsi, tuttavia non rispondendo sia al paracetamolo che all'antibiotico il medico preferisce inviarlo in PS.
In PS, viene confermata la diagnosi di sepsi a partenza da un infezione delle vie urinarie e viene avviata terapia antibiotica mirata (non ci hanno detto quale).
E' stato stabilizzato e ora i parametri vitali sono stabili, pertanto è stato trasferito in medicina interna.
Quello che ci preoccupa è questa afasia improvvisa, può dipendere veramente dalla sepsi?
Gli internisti ritengono che la sua afasia sia correlata alla sepsi però non escludono cause neurologiche che però non ritengono urgente indagare immediatamente (dicono che attualmente bisogna pensare esclusivamente alla sepsi).
Mio nonno a livello cognitivo è pienamente cosciente, è turbato dal fatto che vuole parlare ma non riesce e cerca di farsi capire a gesti.
[#4]
Dr.ssa Lucrezia Maggioni Geriatra 25
Buongiorno,
la sepsi può causare un delirium ipocinetico per cui il paziente può presentarsi soporoso o difficilmente risvegliabile; tuttavia il quadro che lei descrive non appare di questo tipo, perchè dice che il nonno è vigile e cerca di parlare, ma non riesce ad articolare la parole ed è consapevole di ciò: sembra un'afasia espressiva e può essere un sintomo neurologico.
E' probabile che una volta risolta la criticità prioritaria (la sepsi) faranno un TC encefalo di controllo; ovviamente non avendo tutti i dati clinici questa rimane un'ipotesi basata sulla sua descrizione. Saranno sicuramente i medici di reparto a valutarne effettivamente l'indicazione clinica.
Distinti saluti

Dott.ssa Lucrezia Maggioni
Specialista in Geriatria

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