Incapacità di perdonare

Buongiorno,

parecchi anni fa, mentre uscivo da un intenso periodo di depressione ed esaurimento, ho conosciuto la mia attuale compagna.

Sia perché già da me stesso e con grande volontà mi stavo riprendendo, sia grazie alla sua presenza, ho cominciato a rinascere.

Per me è iniziato un periodo durante il quale sono riuscito ad allontanare molti dei brutti pensieri che mi opprimevano da anni.

Ho cominciato a voler vivere.
Certo non stavo del tutto bene, ma avevo molta voglia di vivere, dopo quello che avevo visto.

Volevo viaggiare, fare l'amore, divertirmi.
Le volevo bene e volevo vivere tanti momenti intensi, divertirmi con lei.

Una serie di elementi, fra i quali la sua subordinazione alla famiglia, la sua superficialità nel non comprendere le mie esigenze, i suoi impegni di studio, non mi hanno permesso di vivere serenamente quegli anni con lei.
Io volevo vivere, stare con lei, divertirmi, ma ricevevo sempre una condivisione ansiosa, limitata e piena di inutili problemi.
Ogni volta che la mia voglia di gioire veniva limitata, per me era uno strazio, una sofferenza immensa.
Ho resistito per molti anni, poi, ad un certo punto, non ce l'ho fatta più.
Mi è diminuita di molto la voglia di vivere, mi sono esaurito nuovamente, non ho più stimoli.
Nel frattempo mi sono ammalato di alcuni problemi, ho perso tante persone care, sono più vecchio ed ho maggiori problemi economici.
Il mio rapporto con lei è cambiato, non ho più lo slancio di fare le cose come prima.
Lei ha visto questo cambiamento e, in maniera veramente banale, solo dopo il danno, ha capito il dramma, ed ha cominciato a mettersi a disposizione per risolvere.
Io vorrei perdonarla, vorrei ricominciare, ma non è per nulla facile.
Non me lo impedisce il rancore, non me lo impedisce il desiderio di risarcimento emotivo, non vorrei farla soffrire, non vorrei soffrire, non vorrei vedere che la relazione si rovina, non vorrei nulla.
Vorrei solo che mi venisse ridato ciò che avevo, che era tutto per me.
Ma l'età, i problemi economici, la malattia, la perdita dei cari ed altro, rendono ormai impossibile vivere come prima.
Io glie lo dicevo: facciamo le cose adesso, non durerà per sempre, arriveranno problemi, cresceremo, divertiamoci.
Non mi ha mai ascoltato veramente.
Adesso non voglio vendetta, non voglio vederla soffrire, non voglio nulla di male, vorrei solo che io potessi non aver perso la mia vita.
Se potessi ritornare indietro la perdonerei, ma giorno dopo giorno, vedendomi ridotto così, non potendo riavere mai più quello che mi è stato tolto, non riesco a vivere serenamente con lei, a volerla bene come prima.


Accetto consigli.


Grazie.
Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Buongiorno,

Le sue parole formano un racconto profondo e toccante, che trasmette con grande intensità il dolore di una vita sentita come trattenuta, rimandata, inascoltata nei suoi bisogni più vitali. Leggerla significa entrare in contatto con un dolore autentico, che non cerca colpe ma comprensione. Ed è proprio da qui che si può iniziare a riflettere insieme.

In una prospettiva sistemico-relazionale, ciò che lei descrive non riguarda solo la relazione di coppia in senso stretto, ma anche il modo in cui questa relazione ha fatto da specchio, o da ostacolo, alla sua spinta alla rinascita, al desiderio profondo di tornare a vivere dopo un periodo buio. Quando dice volevo vivere , parla di una forza di vita che stava cercando spazio, possibilità, condivisione, slancio. E quando questa spinta ha incontrato incomprensioni, ansie e chiusure, si è trasformata in frustrazione, in silenziosa rinuncia, forse anche in un lutto mai elaborato.

Il punto centrale sembra proprio questo: lei non desidera vendetta né giustizia, ma possibilità. Una possibilità che però ora percepisce come perduta. Non solo per ciò che è successo nella relazione, ma anche per il tempo passato, per le circostanze mutate, per il corpo affaticato, per il mondo attorno che è cambiato.

Eppure, ciò che emerge dalle sue parole è che il dolore che prova oggi non è mosso dal rancore, ma dalla delusione di un sogno disatteso. E in terapia, lavorare sul lutto di ciò che non è stato o non è stato nel momento in cui serviva può essere un passaggio fondamentale per trasformare quella perdita in qualcosa che possa essere portato con sé, senza che diventi un peso paralizzante.

Forse oggi non è più il tempo della spensieratezza giovanile, ma potrebbe essere il tempo di una relazione nuova (anche con la stessa persona) se c’è spazio per una narrazione diversa, per una comunicazione più profonda, per una comprensione reciproca che prima non c’era.

Oppure può essere il tempo di mettere un punto, e ascoltare davvero di cosa ha bisogno oggi, come uomo, non come quello che ha perso ma come colui che ancora sente .

Le consiglio caldamente di intraprendere un percorso individuale, che le permetta di esplorare questi significati, dare un nome a ciò che è stato, restituire senso e valore al suo dolore, e se lo vorrà ridefinire il suo rapporto di coppia con uno sguardo più consapevole e libero.

Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

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